Ma quel grosso coglione di nome Capezzone era quello di cui si era innamorato Rocca cr7 meno meno per sostituire Pannella? O sbaglio?
— giuliano ferrara (@ferrarailgrasso) March 3, 2021
Daniele Capezzone per "la Verità"
DOMENICO ARCURI
Si dirà che non c'è da stupirsi. E tuttavia la spettacolare mobilitazione di quelli che potremmo definire i «partigiani del 26 aprile», i combattenti del giorno dopo, ha una forza tragicomica insuperabile.
DOMENICO ARCURI GIUSEPPE CONTE
Per lunghissimi mesi, abbiamo assistito (con eccezioni che si possono contare su poche dita di una sola mano: questo giornale, che ha aperto la campagna e l'ha condotta quotidianamente, più le trasmissioni televisive di Nicola Porro e Mario Giordano, e rarissime altre voci isolate) a una celebrazione costante di Domenico Arcuri, a cui veniva ogni giorno lucidata la statua in bronzo.
Restano indimenticabili le ospitate tv del supercommissario in maglioncino, in luoghi dove non ci fosse il rischio di domande urticanti; oppure le minacce, a volte orali e a volte scritte, di querele e azioni legali verso chi chiedeva conto del modo in cui venivano usati i denari dei contribuenti e gli immensi poteri conferiti alla struttura commissariale;
BARBARA DURSO E DOMENICO ARCURI
o ancora i servizi celebrativi sui telegiornali, fino al memorabile viaggio del furgone con le prime dosi di vaccino, con l'infaticabile Arcuri pronto ad accogliere a Roma camion-flaconi-scaricatori.
DOMENICO ARCURI E LA MASCHERINA CONSUMATA
Solo le rigidità invernali hanno impedito che la sequenza prevedesse un Arcuri mussolinianamente a torso nudo, stile trebbiatura del grano, per un'operazione da Istituto Luce 2.0.
Ma, miracolo dei cambi di regime, ieri quel gigantesco apparato mediatico si è improvvisamente rivoltato contro l'eroe caduto, trovando - a guerra finita - un'energia e uno zelo che forse sarebbero stati più apprezzabili nell'epoca in cui Arcuri era triumphans.
GIULIANO FERRARA CHRISTIAN ROCCA
Ancora un paio di settimane fa, sul Foglio del 16 febbraio, un fiammeggiante Giuliano Ferrara invocava «più poteri ad Arcuri». Incipit memorabile: «Il commissario Arcuri deve essere riconfermato tassativamente». E ancora: «Cambiare in corsa il responsabile del piano vaccinale sarebbe un atto criminale».
Fino (non senza aver lasciato cadere l'interrogativo minaccioso: «è abbastanza chiaro per i dementi della polemica spicciola?») a definire «stucchevole» il «tiro all'Arcuri», «stronzi quelli all'attacco», e le critiche «semina di sfiducia e intolleranza preventiva». E ieri? Sullo stesso giornale il direttore Claudio Cerasa ha improvvisamente scelto il violino.
CLAUDIO CERASA E GIULIANO FERRARA
Per un verso confermando le richieste di chiusura preventiva, ormai un marchio di fabbrica per Il Foglio, e attaccando Matteo Salvini che osa chiedere qualche riapertura (il leader leghista è addirittura definito «l'Infiltrato»: quindi sono i tifosi del BisConte e dell'ipotetico TrisConte a stabilire chi possa e chi non possa sostenere Mario Draghi), ma per altro verso sottolineando la scelta anti Arcuri del premier: «decisionismo», «nel giro di pochi giorni, Draghi ha marcato una discontinuità netta con il governo precedente e ha fatto saltare i due nomi che gestivano la macchina dell'emergenza pandemica». Notevole per chi evocava continuità tra il possibile Conte tre e il Draghi uno («Un TrisConte con Drago!», aveva esultato Cerasa il 13 febbraio).
Non da meno la performance del Corriere della Sera. Fiorenza Sarzanini ha salutato «la nuova stagione» e ha messo in fila «le inefficienze del governo Conte». Ancora più duro, quasi implacabile, contro i «troppi incarichi» e gli «errori da ribalta» di Arcuri, Federico Fubini, che improvvisamente non ha risparmiato nulla al duo Conte-Arcuri: il rapporto fra loro «finirà nei manuali di politica come esempio di ciò a cui porta la scaltrezza e l'accecamento del potere sullo sfondo di istituzioni deboli».
FEDERICO FUBINI
E ancora: Arcuri «accetta da Conte qualunque incarico e lo fa con un piglio che non denota mai umiltà».
Non mancano nemmeno curiose sottolineature sulla provenienza geografica dei due personaggi: «un rapporto ambivalente», dice il fustigatore Fubini, «tra il capo (pugliese) nel suo bunker e il fedelissimo (calabrese) in battaglia».
DOMENICO ARCURI
Seguono notazioni psicologiche (Arcuri «scopre che le luci della ribalta non gli sono sgradite») e critiche postume a Conte (che fa del commissario «uno scudo umano per Palazzo Chigi»). Gran finale: «È Arcuri che ha scelto di danzare al ritmo di Conte. E con Conte, alla fine, è inciampato». Dev' essere un altro quotidiano rispetto a quello che, per lunghissimi mesi, pubblicava paginoni celebrativi su Conte e la sua squadra.In battaglia anche La Stampa, che pure, sotto la direzione di Massimo Giannini, era stata a lungo ossequiosa e allineata verso Conte e i suoi.
MAURO BONARETTI DOMENICO ARCURi
Eppure ieri è scattato il «contrordine, compagni». La sequenza dei titoli è martellante. Prima pagina: «Draghi chiude l'era Conte-Arcuri». Una liberazione, par di capire. Pagina 3: «Il premier smantella il metodo Conte», con tanto di accenni nel pezzo a un Draghi che «ha appreso preoccupato le rivelazioni in arrivo dalle inchieste sui raggiri delle mascherine».
Pagina 4: «Dal flop di Immuni alle inchieste sulle spese». In versione combat anche il solitamente compassato Marcello Sorgi, che firma un editoriale significativamente intitolato «Il colpo d'ala che serviva».Povero Arcuri e povero Conte: improvvisamente scaricati da tanti in un repentino «26 aprile».
domenico arcuri