Gianni Riotta per la Stampa
ERIN MORAN
Nella Dichiarazione di Indipendenza americana de 4 luglio 1776, il futuro presidente Thomas Jefferson ideò la formula «Le seguenti verità sono di per sé evidenti: tutti gli uomini sono stati creati uguali, dotati dal Creatore di Diritti inalienabili, Vita, Libertà e la ricerca della Felicità». Da allora gli studiosi si affannano a spiegare cosa i padri fondatori, ispirati dall' illuminista John Locke, intendessero per «felicità» e, malgrado il giovane, e futuro nemico, Ho Chi Minh volesse riprodurne il concetto a Hanoi, quell' utopia resta il vero, magnifico e profondo, brand Usa. «I giorni felici tornano» era colonna sonora dei comizi di F.D. Roosevelt, eletto presidente quattro volte.
ERIN MORAN
Bambina prodigio Forse per questo Happy Days , serie tv popolare tra il 1974 e il 1984, è icona di un sogno, con il ragazzo Richie Cunningham, l' attore dai capelli rossi Ron Howard ricco di virtù e appassionato di giornalismo, l' indimenticabile italo-americano Arthur «Fonzie» Fonzarelli, duro dal cuore d' oro interpretato da Henry Winkler, il capofamiglia, «Mr.C» Cunningham (l' attore Tom Bosley) e sua figlia Joanie, tenera teenager che Fonzie protegge dai bulli. Joanie Cunningham era Erin Moran, bambina prodigio di Hollywood, e generazioni di telespettatori adolescenti invidiarono il suo, innocentissimo, primo, flirt con «Chachi» Arcola, l' attore Scott Baio.
Erin Moran è morta, a 56 anni, ma nell' angoscia da sceneggiatura di uno dei violenti serial di oggi, la telefonata affannosa al numero d' emergenza, 911, l' ambulanza che corre invano a sirena spiegata, il cadavere stravolto, l' autopsia, l' inchiesta della polizia, i reporter di cronaca nera a cercar pettegolezzi. Fonzie le dedica un commosso tweet «Che tu possa trovare la pace che cercavi», Erin-Joanie ripeteva «Il cast di Happy Days era la mia famiglia».
ERIN MORAN
Ma la vita disdegna il lieto fine di Hollywood, malgrado il successo, una causa vinta con il network Cbs sul merchandising della serie (ogni protagonista ricevette nel 2012 65 mila dollari), Erin è morta senza che l' America sia riuscita a rispettare il «diritto alla felicità», che con l' aria lentigginosa da ragazzina incarnava. La rivista Variety scrive di un matrimonio, un divorzio, un secondo marito, il mutuo della casa finito in fallimento, la banca che la sfratta senza cerimonie, la vita in un «trailer park», i villaggi dei poveri bianchi di periferia.
Case che sono roulotte senza ruote, baracche prefabbricate gelide in inverno, torride d' estate, niente privacy, una sull' altra, il «white trash», la spazzatura bianca cantata dal rapper Eminem. Caduta preda della depressione clinica, Erin Moran viveva con la suocera in baracca, e neppure là, lontano dalla bonaria Burbank californiana dove era cresciuta, ha trovato la pace che le augura Fonzie. Il condominio l' ha cacciata, «rumori, party, escandescenze», si mormora di droghe, alcol, solitudine, infelicità.
È sempre ingiusto ridurre un artista a metafora dell' opera, ma la caduta della leggiadra e sfortunata Erin Moran, dalla gioia di vivere televisiva all' obitorio gelato, ha aperto un esame di coscienza collettivo. Molti lamentano la fine dell' innocenza, prima del Vietnam, del Watergate, della mattanza dei leader, John e Bob Kennedy, il reverendo King, gli attentati falliti al governatore Wallace e al presidente Kennedy, le stragi nelle università, a Kent, nelle carceri, ad Attica.
Altri rileggono la sceneggiatura di Happy Days , tempi in cui papà Cunningham da cuoco dell' esercito poteva aprire un negozio di ferramenta e vivere da borghese, prima che le grandi catene, Walmart, Ikea, mandassero in rovina i negozietti «pops and moms», a conduzione familiare.
FONZIE DI HAPPY DAYS
Fonzie non s' era diplomato, ma campava lavorando, il fratello di Joanie va sotto le armi e trova un posto subito in redazione.
American Graffiti È diffusa la leggenda che Happy Days tv fosse uno spin off, ispirato dal leggendario film American Graffiti di George Lucas, del 1973: condividono, è vero il protagonista aspirante scrittore - Richard Dreyfus per Lucas -, il bravo ragazzo, in entrambi Ron Howard, la sorella a far da spalla, come Joanie. Ma in realtà capostipite, con un episodio pilota, fu proprio Happy Days . Lucas lo vide, se ne innamorò e scritturò Howard. Il successo della pellicola rilanciò la serie tv, Cbs investì con entusiasmo.
Anche le date son diverse, Anni 50 contro 60, ma l' aura è comune, l' allegra nostalgia per l' America ingenua, felice, prospera che il presidente Trump, con efficacia, ripropone come agenda dai suoi tweet, contraddetto dagli economisti.
La Storia è altra cosa, lo sappiamo, quella «felicità» era screziata di razzismo, omofobia, povertà, violenza ma chi se ne frega della Storia quando ricordiamo commossi, e rock and roll, cheeseburger, gita al mare innamorati sembrano tutto.
Erin-Joanie era soprannominata da Fonzie «Shortcake», Pan di Spagna, babà, negli orrori del doppiaggio diventava l' improbabile Sottiletta, ma poco importa. Neppure la nostalgia resiste al freddo robotico del XXI secolo.
ERIN MORAN