Daniele Castellani Perelli per www.repubblica.it
mette frederiksen
Un governo che cade per i visoni, in piena crisi internazionale e con i tubi sabotati del Nord Stream che, a pochi chilometri di distanza da Copenhagen, ancora gettano nel Baltico la loro inquietante scia di gas e polemiche.
“Neanche gli autori di Borgen avrebbero potuto inventarsi una trama migliore”, scrive il sito Politico. Succede infatti proprio in Danimarca, nella patria della serie tv sugli intrighi di potere, dove la premier socialdemocratica Mette Frederiksen è costretta a indire elezioni anticipate per il primo novembre, sette mesi prima della scadenza naturale della legislatura, dopo che i social-liberali, una delle quattro forze che sostenevano il suo governo di minoranza, l’hanno messa alle strette: voto di sfiducia o elezioni anticipate.
mette frederiksen prima ministra danese
La strage dei visoni durante la pandemia
La ragione non è legata alla grande crisi mondiale del momento, l’invasione russa dell’Ucraina e la conseguente guerra dell’energia, ma a quella precedente, la pandemia da Covid-19. In carica dal giugno 2019, nel novembre del 2020 la premier fece infatti abbattere quasi 17 milioni di visoni - sani - dopo che alcuni di questi animali avevano contagiato 11 persone con una nuova variante di coronavirus. Una decisione sofferta, che fece infuriare gli allevatori. La Danimarca era uno dei principali esportatori al mondo, con la cooperativa Kopenhagen Fur che dominava il 40% della produzione globale. Gli allevatori piangevano in tv mentre dalle gigantesche fosse comuni ogni tanto riemergeva qualche cadavere di visone non ben sepolto.
mette frederiksen
A luglio una commissione parlamentare ha duramente criticato quella decisione - che al tempo non aveva base legale - e anche i commenti “fortemente ingannevoli” con cui Frederiksen si giustificò. Così da allora il cosiddetto Minkgate ha eroso la popolarità della premier, ora costretta ad elezioni anticipate che reputa “singolari, nel bel mezzo di una crisi internazionale”.
Frederiksen punta apertamente a una grande coalizione con il centrodestra, che possa condurre il Paese in questi “tempi incerti”: “È tempo che la Danimarca provi una nuova forma di governo – ha detto – Affrontiamo una crisi internazionale nel campo della sicurezza, dell’energia e dell’economia”. Sarebbe la prima volta in più di 40 anni, per una Grosse Koalition danese, ma il centrodestra ha già respinto le avances.
I sondaggi per le elezioni danesi
INGER STOJBERG MINISTRO DANIMARCA
Nei sondaggi la coalizione di centrosinistra – da cui i Social-liberali non usciranno – è testa a testa con quella delle destre. Lunedì l’ultima rivelazione la dava intorno al 50%, contro il 47,8% dell’opposizione, con i Moderati del conservatore Lars Løkke Rasmussen al 3% e ancora non schierati con nessun blocco.
Ma oggi tutti gli occhi sono puntati sui Democratici danesi, il nome che si è dato a giugno il nuovo partito di estrema destra guidato da Inger Stojberg, ex ministra dell’immigrazione che quest’anno è stata anche costretta al braccialetto elettronico per un ordine illegale di separare coppie di rifugiati, da lei dato nel 2016. Sono intorno al 10% e stanno sottraendo voti sia alle altre due formazioni di estrema destra – la Nuova Destra e quel Partito Popolare Danese che a Strasburgo è alleato della Lega e nel 2015 raggiunse il 21 per cento – sia alla sinistra.
Si chiamano Democratici in onore dei loro “cugini” svedesi, che meno di un mese fa si sono rivelati la grande sorpresa delle elezioni e hanno riportato le destre al governo. Inger Stojberg spera che il primo novembre il copione si ripeta a Copenhagen.
Mette Frederiksen mette frederiksen
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