Roberta Polese e Rashad Jaber per www.corriere.it
ana mena
Licenziato dalla Snam per frasi sessiste, viene reintegrato sul posto di lavoro dal giudice, ma l’azienda annuncia di volersi opporre al provvedimento. È ben lungi dal potersi dire conclusa la vicenda che ha riguardato il portinaio della Snam di Padova, azienda specializzata nelle forniture energetiche.
L’uomo, cinquantaseienne, è stato licenziato a marzo per aver tenuto - secondo l’azienda - dei comportamenti sessisti: parlando con una collega della cantante Ana Mena, esibitasi la sera prima al festival di Sanremo, l’ha invitata «a mettersi nei panni di un uomo quando si trova davanti a una donna con un décolleté così e che l’uomo si eccita di sicuro... se nasceva uomo avrebbe potuto capire questo pensiero».
ana mena
Destinataria di queste parole la dipendente di una coop in servizio alla Snam. «La diretta interessata non ha mai percepito quella frase come una molestia sessuale - precisa l’avvocata che ha rappresentato l’uomo, Laura Ferrara, dello studio De Salvo, Ferrara e Finocchiaro - il giorno seguente ha solo precisato al mio cliente come non avesse gradito quei commenti, anche in virtù di una sua spiccata sensibilità su queste tematiche, ma la questione finì lì.
In un secondo momento, una terza persona - che deve aver ascoltato la conversazione fra i due - ha riferito dell’episodio alla direzione dell’azienda, che a partire da questo ha dapprima inoltrato un richiamo e infine licenziato il mio cliente».
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A dire il vero, prima di questa conversazione, l’uomo aveva già detto alla collega qualche parola di troppo: «Quanto sei bella quando indossi il top», una frase non gradita dalla giovane donna che aveva chiesto all’uomo di non rivolgersi a lei in questi termini.
Quando ai vertici di Snam è arrivata la segnalazione della frase su Ana Mena, il dipendente è stato subito licenziato. Ne è seguito un ricorso in tribunale davanti al giudice del lavoro, che ha stabilito che quel ricorso era illegittimo, ne ha ordinato il reimpiego immediato e il pagamento degli arretrati.
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Scrive il magistrato Maurizio Pascali: «Le frasi non erano riferite alla lavoratrice anche se hanno urtato la sua spiccata sensibilità e non integrano una molestia sessuale in senso penalistico». «Tutto ciò è stato confermato dalla stessa diretta interessata, che è stata chiamata in causa come teste nel processo - aggiunge l’avvocata Ferrara - la quale, pur specificando che certe frasi l’avevano infastidita, non ha mai percepito tali espressioni come una molestia sessuale».
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«Per quanto ci riguarda non è importante se la diretta interessata si sia sentita offesa - spiega l’avvocato Manlio Abati che difende Snam - il comportamento di quel dipendente è inqualificabile, la nostra etica aziendale non consente di esprimersi in questo modo, il giudice di Padova ha espresso un parere di tipo ‘penalista’ sulla questione, qui la ‘persona offesa’ non è la destinataria di quelle frasi, che può elaborare quelle parole come ritiene, ma la Snam che non tollera questo comportamento, noi andremo avanti perché crediamo in questo principio».
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Per l’associazione femminista Non Una di Meno Padova «il licenziamento si delimita nella responsabilità individuale e non è una risposta che risponde al vero problema. Essendo infatti il problema strutturale, anche la risposta lo deve essere. È per questo che, in primis dalle scuole e dai luoghi di lavoro, fino agli spazi culturali, sportivi e relazionali serve agire sulla responsabilità collettiva e soprattutto sulla formazione delle persone in tutti gli spazi. Anche nel luogo di lavoro».
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