LA STRETTA DI MANO TRA ENRICO LETTA E MATTEO RENZI
Maria Teresa Meli per il "Corriere della Sera"
Non si vede nessuno del Pd. Quando la votazione è finita, il centrodestra ha riempito di applausi l'emiciclo di Palazzo Madama e i senatori hanno cominciato ad abbandonare l'aula, davanti alla buvette compare soltanto Roberta Pinotti che con lo sguardo torvo allunga il passo lungo il corridoio lasciando vuoti tutti i taccuini dei cronisti. Non si vede nessuno del Pd. Sono corsi tutti al Nazareno.
Dopo il voto del Senato nella sede nazionale dem si è riunito una sorta di gabinetto di guerra ed è Enrico Letta, che ha fatto filtrare la linea decisa dal partito. Se ne prende la responsabilità: la linea su quel provvedimento è la sua. Il segretario, non si tira indietro e davanti ai suoi ci mette la faccia.
RENZI LETTA
Precisazione inevitabile, del resto, quella di Letta, per arginare il bailamme che dietro le quinte del Senato è scoppiato nel partito. Davanti, dopo la Pinotti, si erano viste del resto le lacrime di Valeria Fedeli. Andrea Marcucci si era sfogato su Twitter: «È stata una gestione fallimentare. Il partito dovrà interrogarsi a fondo su quanto è avvenuto».
E a lui aveva fatto eco Dario Stefano, presidente della Commissione Politiche dell'Unione europea: «Sì, ci vuole una riflessione profonda». Chi non riflette è invece Ignazio La Russa. Il presidente dei senatori di Fratelli d'Italia non fa altro se non camminare avanti e indietro davanti alla buvette gongolando e godendo di tutti quei microfoni che lo inseguono, mentre il leghista Andrea Ostellari allunga le labbra stiracchiando addirittura un sorriso. A ridere di gusto ci penserà il pomeriggio il suo compagno di partito Simone Pillon, ineffabile con il suo cravattino nero. Incontra Gaetano Quagliariello e lo stringe in un abbraccio: «Ci hai regalato un sogno».
matteo renzi enrico letta
L'esponente di «Cambiamo» è riuscito a portare i suoi sette voti al mulino del centrodestra. «Non è stato facile, ci sono diversi libertini tra i miei», dice mentre abbracciato a Pillon intona, parafrasando Massimo Ranieri: «Perdere la Zan, quando si fa seraaa...».
E Tommaso Cerno, che non ha votato, osserva: «Era ovvio che finisse così, il Pd non ha voluto dare retta a me, unico gay dichiarato in Senato, ed è andato avanti sulla linea "o tutto o niente" con questo bel risultato». Ma Letta è convinto che «non vi fosse alternativa possibile, perché il centrodestra ai più alti livelli ci aveva già fatto sapere di non voler mediare». E ai suoi spiega: «Italia viva ci aveva promesso di essere compatta, così non è stato».
tommaso cerno alessandro zan foto di bacco
Una versione che però non convince tutti, soprattutto i diretti interessati. Secondo Matteo Renzi i franchi tiratori «in realtà erano 40». Il leader di Iv ribalta l'accusa su Pd e M5S: «Non solo non conoscono la politica, ma nemmeno l'aritmetica». Già, anche il numero dei franchi tiratori in questa giornata caotica cambia a seconda di chi parla. Per i dem sono 16, per i giornalisti che nel pomeriggio impazziscono sui tabulati delle votazioni sono 23 e per Renzi addirittura 40.
Al Nazareno comunque la parola d'ordine è: niente rimorsi. «Se avessimo accettato il rinvio la legge non sarebbe andata avanti e dopo un mese avrebbero accusato noi per questo ritardo». Letta non si pente nemmeno della linea dura di prima della pausa estiva. Gli alleati dei Cinque Stelle sono sospettati (non dai dem, o, almeno, non ufficialmente) di aver avuto più di un franco tiratore. Giuseppe Conte approda al Senato e dice ai suoi parlamentari: «Dobbiamo attaccare quelli di Iv».
letta conte
Qualche esponente del Pd, però, scuote la testa e ricorda: «L'ex premier non ha mai detto una parola per difendere il ddl Zan in tutto questo periodo...». Questo voto di ieri, però, racconta anche un'altra storia ed è un campanello d'allarme per Letta e Conte. È Pier Luigi Bersani a indicare il punto dolente: «Temo che sia stata una prova generale di quando si arriverà al quarto scrutinio per il Quirinale...».
letta conte