giulia minola morta nella ressa della love parade di duisburg nel 2010

“DEVO ARRENDERMI. NESSUNO PAGHERÀ PER LA MORTE DI MIA FIGLIA” – LO STRAZIO DI NADIA ZANACCHI, LA MADRE DI GIULIA MINOLA, L’UNICA ITALIANA DECEDUTA NELLA CALCA ALLA LOVEPARADE DI DUISBURG NEL 2010: DOPO CHE LA GIUSTIZIA TEDESCA HA ARCHIVIATO IL CASO SENZA COLPEVOLI, LA MADRE SI ERA RIVOLTA ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO DOVE, PERÒ, IL RICORSO È STATO RESPINTO – IL DOLORE DI ZANACCHI: “NON HO MAI SMESSO DI LOTTARE, MA NON HO PIÙ ALTERNATIVE. IN GERMANIA LE INDAGINI SONO PARTITE TARDI E…”

Estratto dell’articolo di Pierpaolo Prati per www.repubblica.it

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Ha smesso di lottare. Del resto non ha alternative. A maggio la Corte europea dei diritti dell’uomo, ultima spiaggia prima del naufragio delle sue speranze, ha respinto il ricorso contro l’archiviazione delle accuse nei confronti degli imputati che la giustizia tedesca aveva portato a processo per la morte di sua figlia e degli altri venti giovani uccisi dalla calca nel corso della LoveParade di Duisburg del 24 luglio del 2010. Dopo il “no” di Bruxelles le strade della giustizia per lei sono finite.

 

ressa alla love parade di duisburg nel 2010

“Ci ho messo sei mesi a metabolizzare il verdetto – dice Nadia Zanacchi, la madre di Giulia Minola, l’unica italiana deceduta in quel pomeriggio da dimenticare -: non è stato facile accettare che nessuno paghi e mai pagherà per quello che è stato fatto a mia figlia e a tutti quegli altri ragazzi. Avrei potuto rivolgermi all’Onu. I miei legali me l’hanno sconsigliato e credo che abbiano ragione. Devo fermarmi qui e cercare di ricordare la mia Giulia attraverso le sue passioni: la musica, l’arte, la moda. E non pensarla sempre come una vittima della LoveParade”.

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La madre della studentessa bresciana morta a Duisburg è molto critica con la giustizia tedesca. “Le indagini sono partite tardi. Il processo – spiega Nadia Zanacchi – è iniziato solo su pressioni dall’Italia […] I giudici di Duisburg alla fine hanno concluso sostenendo che la colpa andava spartita tra numerosi soggetti e che individualmente nessuno poteva essere chiamato a rispondere”.

ressa alla love parade di duisburg nel 2010 4

 

Di qui l’archiviazione arrivata nel maggio del 2020, pochi mesi prima della prescrizione, dopo dieci anni di battaglia. Un colpo durissimo davanti al quale la madre di Giulia aveva reagito giocandosi l’ultima carta, il ricorso alla Cedu. Erano tre i motivi per i quali i legali della famiglia della giovane studentessa bresciana avevano chiesto di annullare l’archiviazione: la mancata tutela della vita di Giulia; l’inadeguatezza e l’inefficacia dell’inchiesta sui fatti di Duisburg; e il mancato rispetto delle garanzie dell’equo processo.

 

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“Il ricorso – conclude Nadia Zanacchi – ed era stato preliminarmente ammesso da un collegio di tre giudici, che evidentemente contano meno dell’unico giudice che a maggio ha fatto marcia indietro e l’ha respinto. C’era da aspettarselo: nessuno ha mai voluto rendere giustizia alla mia Giulia, era premura di tutti che quei fatti restassero impuniti. L’ho capito sin dall’inizio, ma nonostante questo non ho mai smesso di lottare. Oggi però non ho più alternative: devo alzare bandiera bianca”.

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