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    “SE IL M5S AVESSE RAGIONATO CON LA LOGICA DEL “MENO PEGGIO” AL GOVERNO NON CI SAREBBE ARRIVATO MAI E OGGI CONTE FAREBBE ANCORA L'AVVOCATO” - ALESSANDRO DI BATTISTA, SCOMUNICATO DA TRAVAGLIO E ISOLATO DAI BIG GRILLINI, E’ L’ULTIMO GIAPPONESE CHE S’OPPONE ALL’ALLEANZA PD-M5S - "IL GIORNALE" GODE: "L'ELOGIO DEL MENO PEGGIO E DELLA POLITICA ARRIVA DA CHI, COME TRAVAGLIO, HA SEMPRE BOLLATO OGNI ALTRUI ALLEANZA COME INCIUCIO, OGNI COMPROMESSO COME TRADIMENTO"


     
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    Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”

     

    Di Battista Travaglio Di Battista Travaglio

    Mai lo scontro era stato più aspro. Da una parte Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano che apprezza il governo, i 5 Stelle e il dialogo con il Pd. Dall'altro, Alessandro Di Battista, simbolo dei 5 Stelle prima maniera, barricaderi e intransigenti. Ma lo scontro vero è tra due modelli di Movimento, con Di Battista isolato e avversato dagli altri big, a cominciare da Luigi Di Maio. Una sfida che si riproporrà agli Stati generali, quando verranno convocati. L'occasione è il voto in Puglia.

     

    ALESSANDRO DI BATTISTA CONTESTATO ALESSANDRO DI BATTISTA CONTESTATO

    A fronte di una candidata 5 Stelle debole, Antonella Laricchia, Travaglio chiede agli elettori M5S di «turarsi il naso» e votare disgiunto: mettere la croce sulla lista, ma scegliere il governatore dem, Michele Emiliano. La risposta di Di Battista, a Bari, è poco diplomatica: «Turarsi il naso? Che cos' è la cabina elettorale, un cesso pubblico?». Sembrava finita lì, ma Travaglio non apprezza. E ieri pubblica un editoriale nel quale dice che Di Battista «mette tristezza» e ricorda «il compagno Antonio, il comunista di Avanzi che, nel 1993, si risvegliava dal coma e non ritrovava nulla del suo piccolo mondo antico, tranne i Pooh».

     

    ANTONELLA LARICCHIA ANTONELLA LARICCHIA

    Ma è sul piano identitario che la critica si fa più interessante. Perché, scrive Travaglio, Di Battista scomunica le alleanze «che distruggono i progetti», «dimenticando che i risultati ottenuti dal M5S sono dovuti alle alleanze». Dell'armamentario ideologico di un tempo poco è rimasto. Ma da allora, spiega Travaglio, tutto è cambiato, «anche il Pd». Non si possono, dice, equiparare Emiliano-Fitto. E «senza alleanze e compromessi» il Movimento «sarebbe ancora in piazza a strillare, senza ottenere nulla».

     

    Chi continua in questa logica, spiega, «condanna il Movimento all'irrilevanza. E lavora per Salvini e/o Draghi. Magari a sua insaputa, che è pure peggio». La risposta di Di Battista è esemplare per coerenza. Ribadisce che per lui Fitto ed Emiliano pari sono, «entrambi campioni di politica clientelare». Fa una lunga lista di personaggi di centrodestra, «impresentabili», scelti da Emiliano. Spiega che anche il governatore attuale è finito «in un'inchiesta sulle nomine nella sanità pugliese».

     

    travaglio conte travaglio conte

    E poi ribadisce il no alla scelta del «meno peggio»: «Se il M5S avesse ragionato con tale logica al governo non ci sarebbe arrivato mai e oggi Conte farebbe ancora l'avvocato. Se domani Emiliano, Fitto, Giani, Tizio, Caio, Sempronio dovessero perdere le elezioni la colpa sarà loro e dei loro fallimenti». Il finale è agrodolce. Perché con Travaglio c'è una lunga frequentazione. La madre, ha raccontato, la mattina gli diceva: «Leggi subito Travaglio». Il rapporto si era incrinato nel 2019, quando Travaglio scrisse: «Chi sta "fuori " continua a sognare un monocolore 5 Stelle, ma si sveglierà con un bel tricolore Salvini-Meloni-Berlusconi».

     

    ALESSANDRO DI BATTISTA E LUIGI DI MAIO ALESSANDRO DI BATTISTA E LUIGI DI MAIO

    Di Battista alla fine del post scrive: «Come sapete collaboro con il Fatto . Scrivo reportage. Il fatto che il direttore del giornale che pubblica i miei pezzi mi attacchi è comunque un bel segnale. Travaglio è persona perbene e decine di volte sono stato d'accordo con lui. Oggi no. Lui ha le sue idee, io le mie e le idee sono idee, non dogmi, così come i giornali sono giornali, non il Vangelo».

     

    2 - RISSA TRAVAGLIO-DIBBA, IL REGOLAMENTI DI CONTI TRA I RE DELL’ANTIPOLITICA CHE RIVALUTANO LA POLITICA

    Giuseppe Marino per “il Giornale”

     

    alessandro di battista in iran 8 alessandro di battista in iran 8

    Le ultime ore di sfida elettorale regalano il gustoso spettacolo del regolamento di conti tra due campioni di giustizialismo e antipolitica che hanno contribuito l'uno alla popolarità dell'altro e ora si scornano per le questioni più politiche: alleanze, voti trasversali, conquistare il potere. Travaglio dalla sua colonna infame, nel senso di spazio fisso in prima pagina sul Fatto quotidiano da cui ogni giorno infama qualcuno, ieri ha preso di mira Alessandro Di Battista reo, in sostanza, di non essere abbastanza a favore di Giuseppe Conte. Reo, soprattutto, di non seguirlo sulla sua linea di realpolitik: «Alessandro Di Battista che non fa un solo comizio per il Sì al referendum ma arringa la folla pentastellata di Bari contro il mio consiglio agli elettori di turarsi il naso e votare disgiunto mette tristezza».

     

    Tutta colpa di un comizio a favore della candidata cinque stelle in Puglia Antonella Laricchia in cui Dibba ha bollato come roba da Prima repubblica il voto disgiunto: «Voto utile...ma che frasi sono? - ha detto - Mi sembra di tornare agli anni peggiori della Dc. Che significa votare turandosi il naso? Che la cabina elettorale è una latrina? Il voto è sacro». Per chi vede nel populismo e nell'antipolitica una degenerazione della democrazia è roba da sedersi in poltrona con i pop corn.

     

    ALESSANDRO DI BATTISTA DAVIDE CASALEGGIO ALESSANDRO DI BATTISTA DAVIDE CASALEGGIO

    Ma nello scontro tra i due ayatollah della condanna morale c'è qualcosa di più. Gli argomenti con cui Travaglio rintuzza le critiche di Dibba hanno una coerenza logica: per noi Michele Emiliano è meno peggio di Raffaele Fitto, ragiona Travaglio e aggiunge che si tratta di fare quei compromessi che sono serviti ai 5 Stelle a realizzare gli obiettivi raggiunti fin qui.

     

    Certo, Travaglio sorvola sul fatto che sono più gli obiettivi abbandonati per strada che quelli raggiunti, ma ammette che per fare le cose bisogna piegarsi a compromessi con partiti che fino al giorno prima si è disprezzato e sottoposto alla ghigliottina morale. Arriva addirittura a rimproverare a Di Battista «l'ineleganza» (ma dov' era durante i Vaffa di Grillo?) e «la disinformazione», cioè le classiche critiche mosse ai grillini da cui Travaglio li ha sempre difesi dicendo che gli eleganti e i competenti erano peggio.

     

    Il direttore del Fatto pare dunque disposto a ignorare la campagna elettorale a colpi di assunzioni di Emiliano, il fatto che nelle liste a suo sostegno compaiano quei cosiddetti «impresentabili» su cui il suo giornale ha sempre espresso accorate condanne morali, la vaghezza delle posizioni del governatore sul Tap (prima era contro, ora a favore). Travaglio è disposto a perdonare e dimenticare perché tutto scompare a fronte di un pregio principale: Emiliano «predica da sempre l'alleanza con i 5s» mentre Fitto «li ha sempre schifati». E nell'ottica di chi fa politica non sarebbe così strano.

    alessandro di battista alessandro di battista

     

    Lo è di più se arriva da chi ha sempre bollato ogni altrui alleanza come inciucio, ogni compromesso come tradimento, ogni incarico come poltronismo, ogni indagato come già condannato. E infatti ieri Di Battista ha replicato su Facebook più con smarrimento che con rabbia, bollando gli argomenti di Travaglio come «voli pindarici». In fondo lui è rimasto dov' era, prigioniero di un populismo che non fa, perché non fa compromessi. È il resto del M5s che si ostina a non riconoscere di aver fatto carriera rinnegando ciò che predicava.

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