Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
luigi di maio commenta la sconfitta del m5s alle europee 3
Prima la mozione degli affetti: «Sono felice che siate tutti qui. Siamo una famiglia». E partono gli applausi. Poi l' incipit a effetto: «Mi presento come dimissionario, mi hanno detto di tutto ma ho una dignità. Non me ne frega niente della poltrona. Quando va tutto bene e vinciamo, il merito è di tutti, il problema è che se si perde prendo schiaffi solo io». Luigi Di Maio si presenta quasi da imputato nell' Aula che decide il suo futuro e quello del Movimento.
luigi di maio roberto fico napoli
Una mossa programmata, un processo depotenziato dal ricorso al voto previsto per oggi su Rousseau. Di Maio arriva in un' assemblea infuocata, arrabbiata, incupita. Una quindicina di parlamentari chiede di allontanare collaboratori parlamentari e staff della Comunicazione, sotto accusa. Altri si oppongono, ma Emanuela Corda accompagna tutti fuori. È il caos.
di maio di battista
Per preparare la serata, Di Maio si è fatto precedere dagli endorsement di Beppe Grillo e di Davide Casaleggio e da decine di altri, sollecitati dalla Comunicazione. In serata arrivano quelli di Roberto Fico e Alessandro Di Battista. Di Maio è in guerra fredda con l' ex deputato reduce dal Sudamerica, che da più parti viene accusato di tramare contro di lui. Ma Di Battista fa un intervento in totale difesa del capo: «Se non fosse per Luigi molti di voi che lo attaccano non sarebbero qui oggi».
Di Maio gioca la carta più alta, quella del «simul stabunt vel simul cadent»: o stiamo su tutti o cadiamo giù insieme. Per questo sposta l' accento dal suo ruolo alla sorte di tutti e chiede se proseguire o meno del governo. Se devo andare a casa, è il senso, ci andiamo tutti. Dunque si decide sulla prosecuzione del governo, «anche perché il premier Conte ce lo chiede».
Grillo Di Maio Di Battista
Di Maio dà per scontato il risultato del voto di questa sera su Rousseau, ma assicura che anche in caso di conferma nulla resterà come prima: «Se vengo riconfermato non restiamo fermi, dobbiamo cambiare e avviare una nuova organizzazione. Il M5S non perde mai, o vince o impara». E chi deciderà il nuovo direttorio? «Un gruppo di lavoro formato dai quattro nostri leader storici, Beppe, Davide, Roberto e Alessandro».
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Ovvero Grillo, Casaleggio, Fico e Di Battista: «Saranno loro a ridare identità al Movimento. Loro a scegliere nomi e modi». Un gruppo «che si scioglierà il giorno dopo la riorganizzazione». Di Maio parla della lettera della Commissione Ue: «È assurda, vogliono aprire una procedura di infrazione sul debito del 2018 fatto dal Pd. Ma l' Italia non si piega».
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Poi comincia l' assemblea, una quarantina di iscritti a parlare. Luciano Cantone, che dice di parlare a nome di 60, chiede a Di Maio di ritirare il voto su Rousseau, di non mettersi in discussione. Sulla stessa linea la Corda. C' è anche Davide Tripiedi, che nel pomeriggio difendeva il leader con una metafora calcistica: «È come se Piatek sbagliasse un rigore alla fine di una bellissima partita. È colpa sua?». Tripiedi è infuriato: «Non voglio sentirli questi fetenti. Quell' opportunista di Paragone, e quell' altro Carelli». E attacca: «Troppo comodo criticare stando seduti in poltrona, come Luigi Gallo e Giuseppe Brescia. Lasciate la guida delle commissioni e discutiamo a viso aperto».
Fico e di maio
Gallo, tra i più vicini a Fico contesta il voto su Rousseau: «È stato un errore, perché personalizza su Di Maio». Ma una parte del processo è per lo staff. La Comunicazione, ma non solo. Sono sotto accusa i fedelissimi di Di Maio, come Alessio Festa, Dario De Falco e Max Bugani: «Hanno scelto loro De Vito come tutor dei candidati uninominali del Lazio - spiega un deputato -. Di Maio delega troppo a loro». In Aula parla Raffaele Trano, che chiede di «ridare centralità al Parlamento e alle Commissioni».
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Di Maio e Il PD -50
Fico premette: «Se parlate di governo, esco, per rispetto istituzionale». Interviene Gianluigi Paragone che precisa: «Luigi io non ti ho attaccato, ma se non c' è più rapporto di fiducia mi dimetto. Del resto mi sono dimesso da un contratto indeterminato in Rai, posso farlo pure ora». Riccardo Ricciardi, tra i più critici: «Io ti ho sempre votato contro, ma ora non ha senso attaccarti così». Primo Di Nicola: «Totale fiducia in te». Ma Emilio Carelli avverte: «Valutare un cambio della squadra di ministri».
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