Nicolai Lilin* per “Il Messaggero”
*scrittore e autore del libro dedicato a Putin "L'ultimo Zar"
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Vladimir Putin prefigurava da mesi l'attacco all'Ucraina. Non possiamo definire la decisione finale come una sorpresa. Servono mesi per preparare un'operazione, che ha lo scopo di smilitarizzare il Paese, scegliere le unità militari e disporre gli schieramenti.
In Occidente esiste un grave deficit culturale d'interpretazione di ciò che arriva dall'Est. Nell'ultimo anno le dichiarazioni programmatiche del presidente russo sull'Ucraina erano esplicite.
Nella logica dei blocchi contrapposti emerge dunque la persistenza dell'incapacità di dialogo tra la Russia e l'Occidente. L'intervento militare è sempre un fallimento. Nulla è più terribile di una guerra, piombata sulla soglia delle case dei civili, che la diplomazia non è stata in grado di arginare.
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La guerra non produce alcuna soluzione. E il conflitto nelle città sarebbe devastante, perché i civili sarebbero le principali vittime. In entrambi i fronti l'impegno diplomatico è stato carente.
Da otto anni non si affrontano le questioni di fondo della vita delle persone schiacciate nel Donbass. Il conflitto dimostra l'incapacità russa di produrre una soluzione pacifica.
IL LIBRO DI LILIN SU PUTIN
Come d'altra parte non si può dimenticare la volontà degli Stati Uniti d'imporre, espandendo la Nato sempre più prossima ai confini russi, al mondo la propria egemonia economica e militare che ha percepito minacciata in quel territorio.
I russi non vogliono trovarsi i missili della Nato puntati addosso davanti alla frontiera. La Russia ha aggredito l'Ucraina, ma ognuna delle parti in causa non ha scongiurato l'escalation, pensando ai relativi interessi. Le mancanze del governo ucraino appaiono evidenti.
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Dopo l'indipendenza non c'è stato un rinnovamento della classe politica. La nomenclatura ha cambiato semplicemente abito. Si è trasformata dall'essere comunisti a neo oligarchi che hanno approfittato delle ricchezze ucraine senza preoccuparsi del benessere del Paese. In prospettiva gli obiettivi del presidente russo mi sembrano abbastanza individuabili.
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Nei prossimi due o tre anni, organizzando la propria successione, vorrà uscire dalla scena politica come colui che ha ricucito le ferite della fine dell'Unione Sovietica. Questa è la sua ambizione.
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Ha la dipendenza patologica di voler essere una grande figura storica. Intende essere ricordato come il leader che ha riparato il danno causato dal crollo sovietico. Negli anni, a modo suo, ha voluto ricostruire la sfera d'influenza russa, di cui l'Ucraina è l'ultimo tassello fondamentale, dando nuove forme all'idea d'impero sovietico.
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Questo è l'atto finale della sua politica. Sul fronte interno negli ultimi cinque anni Putin, i suoi burocrati, hanno perso il rapporto con i giovani, nati dopo la fine dell'URSS, che non accettano la propaganda del regime, non capiscono la retorica patriottica e non hanno vissuto il contesto storico del socialismo reale.
Non comprendono le ragioni dell'attacco dell'Ucraina. Nel paese esistono voci contrastanti, pacifisti convinti che hanno manifestato, quando ormai era evidente il conto alla rovescia dell'intervento, ma sono minoranza. Putin ha visto crescere sempre i propri consensi affrontando le crisi, trovando un nemico e questa è una delle ragioni della guerra.
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