Mattia Marzi per “il Messaggero”
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Ma come, proprio lui che travestendosi e cantando Mi vendo sconvolgeva l'Italia cattolica degli Anni 70, ora pubblica un oratorio per accarezzare Dio da vicino? Già. È Renato Zero, bellezza. L'ultimo bizzarro progetto del 71enne cantautore romano è Atto di fede, doppio cd accompagnato da un libro che lo vede celebrare la sua fede cattolica.
Esce domani e comprende un totale di 37 tracce per 2 ore di durata, tra brani inediti di musica sacra incisi con la Budapest Art Orchestra e un coro di voci bianche, oltre a testi scritti da Alessandro Baricco, Sergio Castellitto («Quando mi ha chiamato per spiegarmi il progetto ho capito poco», confessa l'attore e regista), Don Antonio Mazzi e Clemente J. Mimun, recitati da Pino Insegno, Giuliana Lojodice e Luca Ward.
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Molti dei pezzi che compongono il disco erano stati fatti ascoltare ad Andrea Bocelli, che però non figura tra gli ospiti (c'è invece il tenore Lorenzo Licitra, vincitore di X Factor nel 2017 poi sparito dai radar).
Seduto sotto la statua del Marco Aurelio in Campidoglio, ieri Zero ha annunciato anche il suo ritorno sui palchi dopo più di due anni: il 23, 24, 25 e 30 settembre si esibirà per la prima volta al Circo Massimo (biglietti in vendita dall'11 aprile). «Mi faccio gladiatore per conquistarmi ancora una volta l'applauso», dice il Re dei Sorcini.
Posti in piedi come i Rolling Stones (71.521 spettatori nel 2014) e Bruce Springsteen (57.730 biglietti venduti nel 2016) o a sedere come Laura Pausini (15 mila spettatori a sera per le due date del 2018)?
«Noi faremo una cosa ancora diversa. Di Renato ce n'è uno, tutti gli altri so' nessuno».
Cioè?
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«Vorrei evitare commenti del tipo: Quella cosa l'ha fatta già Springsteen. Beato lui».
Però non ha risposto.
«Sarò originale come i miei costumi: porterò con me un'orchestra nutrita di musicisti in carne ed ossa, non macchine».
I Maneskin hanno annunciato di aver venduto 70 mila biglietti per il loro concerto del 9 luglio: nel suo caso saranno attesi 280 mila spettatori?
«Che c'entra? L'ultimo problema per me è il botteghino. Non sono come certi impresari che hanno lasciato per due anni le persone con il biglietto in mano. Il Circo Massimo rappresenta un premio alla mia romanità».
A cosa si riferisce?
loredana berte' renato zero
«Ci sono stati giorni in cui mi sono sentito straniero nella mia città. Quello che manca a Roma è la voce dei romani: a Trastevere ormai si parla inglese. Perché non spostiamo il governo a Torino? Anche perdendo il titolo di Capitale d'Italia. Che ce frega, Roma è già capitale del mondo. Liberiamo la città e riconsegniamola ai romani».
Quanto ha sofferto la lontananza dai palchi?
«Meno di altri colleghi, perché io ho la capacità di andare a domicilio: non aspetto che le persone vengano da me. Giro per la Garbatella, Monte Sacro, Borgata Gordiani. Al mercato quando i fan mi chiedono i selfie rispondo: Ma che ce fate co' ste foto? Portatemi nel cuore, piuttosto. Non ho il dono dell'ubiquità ma ci sto lavorando».
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A proposito di divino. Questo disco come nasce?
«Volevo fare i complimenti a Dio per aver mantenuto la mia fede intatta in tutti questi anni». Che rapporto ha con la fede? «Strettissimo. Papà aveva due fratelli di cui uno, Pietro, faceva il prete: lo mandarono al confino, a Brondoleto di Castelraimondo, provincia di Macerata, accusandolo di aver nascosto dei partigiani.
Nel tendone di Zerolandia facevo concerti anche il giorno di Natale e interrompevo lo show a mezzanotte per far salire sul palco un sacerdote per la messa. Ancora oggi prima di cantare mi faccio il segno della croce: cerco protezione».
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A cosa si è ispirato per i brani?
«Ai dolori del mondo. Quello che manca oggi è la regia. Nessuno si prende le proprie responsabilità: è la causa della puzza di polvere da sparo che c'è in tutto il mondo e c'era anche prima della guerra in Ucraina».
Nel disco ci sono quindici tra scrittori, filosofi, giornalisti: non avrà messo troppa carne al fuoco?
«No. Non volevo affrontare un progetto del genere in solitudine: avevo bisogno di apostoli della comunicazione. E poi basta con la settarietà: tutto collima e può essere applicabile».
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