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Il governo thailandese ha dichiarato lo stato di emergenza vietando raduni di più di quattro persone e vietando i post online ritenuti una minaccia alla sicurezza nazionale, con l’obiettivo di porre fine alle proteste a favore della democrazia. L’ordine aveva lo scopo di soffocare le proteste «incostituzionali» ed è arrivato dopo che i manifestanti che chiedono le dimissioni del primo ministro si sono radunati fuori dal suo ufficio a Bangkok durante la notte e si sono scontrati con i sostenitori del re, contrari alle richieste di riforme al sistema monarchico.
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Gli attivisti hanno organizzato grandi manifestazioni da luglio per chiedere al premier Prayut Chan-o-cha, un ex capo dell’esercito che ha preso il potere con un colpo di stato sei anni fa, di dimettersi. Lo stato di emergenza consente il sequestro di «apparecchiature di comunicazione elettronica, dati e armi sospettate di causare la situazione di emergenza», ha detto un portavoce del governo.
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Le tensioni sono scoppiate mercoledì mentre migliaia di manifestanti si sono radunati intorno al Monumento alla Democrazia a Bangkok prima di un giro pomeridiano di un corteo reale che trasportava il re Maha Vajiralongkorn e la sua famiglia. Mentre la polizia aveva isolato la maggior parte dei manifestanti lontano dal percorso reale, in parecchi erano ancora presenti al passaggio del corteo. La regina Suthida è stata vista al finestrino di una limousine mentre osservava i manifestanti che salutavano con tre dita della mano, un gesto di sfida che il movimento pro-democrazia ha preso in prestito dai libri e film di «Hunger Games».
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La protesta di ieri è l’ultima di una serie iniziata tre mesi fa per chiedere un nuovo governo, una nuova Costituzione e lo stop alla persecuzione dei dissidenti politici: richieste che alcuni leader più radicali hanno esteso domandando una vera e propria riforma del sistema monarchico. Finora le manifestazioni sono state tollerate e contenute dalle autorità. Ma il governo di Prayuth Chan-ocha non appare intenzionato ad aprire. In una Thailandia dove i militari e le grandi famiglie che controllano l’economia del Paese si fanno scudo della riverenza verso la monarchia per cementare la loro influenza, gli interessi economici in ballo pesano.
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E più le proteste vanno avanti, più cresce il rischio di violenze: se i giovani pro-democrazia sono galvanizzati dai video della macchina del re circondata da una folla ostile, i fedeli alla monarchia vedono le stesse immagini e si irrigidiscono ancora di più, pensando che i manifestanti siano cattivi thailandesi che hanno smarrito la ragione. A lungo termine, però, la tendenza appare chiara. Sempre più thailandesi non credono più al mito del re semi-divino che è impossibile criticare.
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