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    DIAMO UNA REGOLATA A QUESTI IM-PRENDITORI - MEGLIO USARE LE BUONE O LE CATTIVE PER NON FAR SCAPPARE DALL'ITALIA LE AZIENDE CHE MOLLANO PER STRADA I DIPENDENTI DALL'OGGI AL DOMANI (VEDI GKN DI FIRENZE)? - IL MINISTRO ORLANDO INSISTE PER LA STRETTA: "CHI SE NE VA PAGHI IL CONTRO DI QUELLO CHE LASCIA" - GIORGETTI E' PIÙ MORBIDO - LA LINEA DI DRAGHI: RESPONSABILITÀ SOCIALE MA NIENTE PUNIZIONI, SCONTI A CHI INVESTE...


     
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    Ilario Lombardo e Paolo Baroni per "La Stampa"

     

    gkn di firenze gkn di firenze

    Più incentivi e finanziamenti a chi resta e a chi investe nelle aree di crisi anziché multe e penalità per chi decide di chiudere o lasciare l'Italia. La sentenza di ieri del Tribunale di Firenze che ha annullato i licenziamenti alla Gkn porta inevitabilmente acqua al mulino di quanti sostengono che anziché spaventare le multinazionali sarebbe meglio convincerle a investire di più da noi come propone il ministro, leghista, dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti, decisamente contrario a provvedimenti straordinari e punitivi perché, «come dimostra le sentenza di ieri, da noi non c'è il Far West».

     

    la gkn a firenze la gkn a firenze

    Di tutt'altro parere il ministro del Lavoro Andrea Orlando, Pd, e il viceministro allo Sviluppo Alessandra Todde (5 Stelle) che da mesi lavorano ad un pacchetto di misure che ha allarmato Confindustria che da subito lo ha bollato come «anti-imprese».

     

    andrea orlando a Cernobbio andrea orlando a Cernobbio

    Dopo ieri il clamore suscitato dal caso-Gkn ha reso ancora più urgente una risposta del governo. A Palazzo Chigi c'è stata una riunione tra i tecnici dei ministeri presieduta dal consigliere economico del premier Francesco Giavazzi per decidere anche se sia meglio, come sembra, velocizzare il contenuto del decreto trasformandolo in un paio di emendamenti al decreto sulle "Crisi d'impresa" che è già all'esame del Senato.

     

    matteo salvini e giancarlo giorgetti 8 matteo salvini e giancarlo giorgetti 8

    Per Mario Draghi non si tratta di sposare il modello di Giorgetti o quello di Orlando. Certamente, la convinzione del premier parte dalla stessa preoccupazione del titolare del Mise: non può passare il messaggio che le aziende vanno punite se decidono di trasferire altrove la produzione.

     

    «Vanno messe nelle condizioni di lavorare e di lavorare bene», è il ragionamento del capo del governo. Sì agli incentivi, a una logica di premialità, dunque, perché l'Italia, non si stanca di ripetere Draghi, deve diventare più attrattiva per gli investimenti, tanto più in una fase del genere, dopo il disastro della pandemia e l'occasione offerta dalla ripartenza.

     

    giancarlo giorgetti a cernobbio giancarlo giorgetti a cernobbio

    Detto questo, Draghi è anche convinto che le imprese non possano sfuggire alla loro «responsabilità sociale», quella che la Costituzione fissa come un dovere, nei confronti del territorio, dei lavoratori, dei cittadini in generale.

     

    Di questo equilibrio, tra la libertà del mercato e una certa etica delle aziende, Draghi parlerà dopodomani rivolto alla platea degli industriali, nel suo primo discorso da premier all'assemblea generale di Confindustria.

     

    MARIO DRAGHI ANDREA ORLANDO MARIO DRAGHI ANDREA ORLANDO

    Un discorso che suonerà come programmatico per le sfide del lavoro e l'impegno a far fiorire un tessuto imprenditoriale rivolto al futuro. Sul tavolo ieri i tecnici hanno messo l'intero ventaglio di ipotesi rimaste dopo le scremature fatte alla prima bozza messa a punto ad agosto.

     

    Per il Mise, come ha anticipato lo stesso Giorgetti a Cernobbio, servono innanzitutto misure premiali a favore delle aziende che decidono di investire in Italia nelle aree di crisi e bonus per chi decide di restare in Italia un determinato numero di anni.

     

    DANIELE FRANCO MARIO DRAGHI ANDREA ORLANDO DANIELE FRANCO MARIO DRAGHI ANDREA ORLANDO

    Il ministero del Lavoro ha invece proposto essenzialmente tre misure, decisamente addolcite rispetto a multe e «black list» prospettate in un primo momento. Si va dall'introduzione di un preavviso obbligatorio di 90 giorni prima di avviare le procedure di licenziamento per le imprese con più di 250 dipendenti al raddoppio o quanto meno un aumento significativo del «ticket licenziamenti» che serve a finanziare la disoccupazione (Naspi) sino alla possibilità di mettere in conto alle imprese che chiudono e lasciano l'Italia (magari dopo aver percepito contributi pubblici) tutti i costi di reindustrializzazione delle aree dismesse, i sostegni all'indotto e le politiche attive.

     

    ANTONIO MISIANI ANTONIO MISIANI

    Se arriverà il via libera del Mef, che come sempre deve individuare le risorse, non si esclude che già in settimana il Consiglio dei ministri possa decidere qualcosa. Né Orlando né la Todde sembrano tanto facilmente intenzionati a mollare. Ieri il ministro Pd è tornato a proporre «nuove regole per difendere il tessuto produttivo e industriale del nostro paese da operazioni di tipo speculativo».

     

    Ed ovviamente anche la Todde insiste per sfornare subito un decreto, che tra l'altro a questo punto potrebbe riguardare direttamente anche la Gkn, «in modo che tutte le grandi aziende, non in crisi, che hanno preso soldi pubblici e che intendono licenziare o decentrare le produzioni, seguano percorsi normati e ordinati nel segno della responsabilità sociale».

     

    stefano patuanelli stefano patuanelli

    Tutto il Movimento a partire da Conte e dal ministro dell'Agricoltura (ed ex titolare del Mise) Stefano Patuanelli la appoggiano. Dal fronte Pd «ok» al decreto sia il segretario Enrico Letta che il responsabile economico Antonio Misiani. Ma il rischio di cortocircuito Pd-5Stelle/Lega è altissimo, per questo Draghi non si sbilancia e cerca di mediare.

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