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    “DIBBA”, TORNA! A ROMA LA PIAZZA SEMIVUOTA DEL M5S (CON GRILLO ORMAI EVAPORATO) INVOCA DI BATTISTA CHE RISERVA UNA STILETTATA A DI MAIO: "NON VEDO PERCHÉ CAMBIARE LA REGOLA DEI DUE MANDATI" (LO STESSO CONCETTO DETTO DA DAVIDE CASALEGGIO A ‘LE MONDE’) – BATTUTE SUL GOVERNO, SUL PD, SULLA LAZIO E SU BERLUSCONI: "SE ANDASSE AD ANTIGUA LO PORTEREI IO A CAVACECIO…” – SEGNATEVI LA DICHIARAZIONE DI DI MAIO: “ORA SCHIAFFI NON NE PRENDEREMO PIU’” - VIDEO


     
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    Luca De Carolis per il Fatto Quotidiano

     

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    Tra i sampietrini sotto un sole finalmente estivo il fondatore non c' è, perché non ha proprio più voglia di esserci. E questa volta non ha neanche mandato una cartolina, cioè un video. Ma alla signora che guarda il suo smartphone basta e avanza lui, il trascinatore riapparso con tanta voglia di restare: "La foto è venuta così e così, però ad Alessandro almeno un bacetto gliel' ho dato". E Alessandro è ovviamente Di Battista, camicia viola e jeans, con compagna e bimbo al seguito.

     

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    La naturale star nel comizio conclusivo dei Cinque Stelle a Roma, un migliaio e qualcosa di persone riunite in piazza della Bocca della Verità, a pochi metri dal Campidoglio di Virginia Raggi. Poca gente, in una piccola piazza.

     

    Così l' ultima tappa della campagna elettorale è un appuntamento per quelli di sempre, militanti con la bandiera e gli anni che in molti casi sono più di 50. Dentro il M5S ci saranno finiti più o meno tutti per l' assente che quasi non si nota più, il Beppe Grillo evaporato tra i ringraziamenti dal palco. Ora il M5S è di governo, con tanti parlamentari che anche in piazza girano in giacca e cravatta e candidati che distribuiscono santini. Però la nostalgia da qualche parte deve posarsi, e Di Battista è perfetto per ricordare le vecchie adunate colme e l' assalto ai Palazzi. "Torna" gli urlano. Ma è già tornato, l' ex deputato romano "Facciamo un selfie solo se comprate qualcosa" ordina ridendo da dietro il banchetto dei gadget.

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    Attorno, eletti che lo osservano senza apparente invidia.

    Pensano ad altro, ai sondaggi "e a quel 24-25 per cento che possiamo prendere, e comunque dobbiamo stare sopra il Pd". Ma una sottile, diffusa ansia è palpabile. Il vicecapogruppo in Senato Gianluca Perilli, romano, è in nero totale. E cerca le parole: "Negli ultimi mesi abbiamo rimarcato la nostra differenza con la Lega, e questo ci ha ridato la fiducia di tanti elettori". Ma dopo il voto? "Non dobbiamo farci intrappolare nella dicotomia destra-sinistra, farebbe il gioco di Matteo Salvini". Intanto Di Battista bacia e risponde a domande: "Ho parlato proprio oggi con Grillo,

    Beppe ha sempre detto che il Movimento va avanti con le proprie gambe".

     

    CONTE E DI MAIO CONTE E DI MAIO

    Il milionesimo selfie, una battuta sulla Lazio (è tifosissimo, Dibba). Di Battista, ma la Lega è di destra? Lui dribbla: "La vera, becera destra è il Pd, mentre con la Lega abbiamo fatto tante leggi. E poi i parlamentari dem e di Forza Italia vengono sempre a raccomandarsi: "Non litigate, il governo deve durerà". E vedrete, durerà altri 4 anni". Sottotesto, io non ho fretta. Mentre un signore si lamenta: "Ale, è mezz' ora che aspetto per la foto". Invece Di Battista prova la freddura: "Se Berlusconi andasse ad Antigua lo porterei io a cavacecio così potremmo finalmente superare il problema del conflitto di interessi".

     

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    E la butta lì: "Non vedo perché cambiare la regola dei due mandati". Lo stesso concetto detto da Davide Casaleggio a Le Monde: "Il limite massimo dei due mandati non è modificabile, abbiamo sempre detto che la politica non è un mestiere". Ed è una puntura di spillo per Di Maio, che almeno per i consiglieri comunali vorrebbe toccarlo. Ma a Otto e mezzo abiura, almeno per ora: "Non toccheremo la regola". Nel frattempo il palco si anima, con il veterano Max Bugani che presenta e Raggi che fa la padrona di casa: "Possiamo arrivare dove vogliamo". Poi arrivano le cinque capolista imposte da Di Maio, e i candidati uscenti non gradiscono affatto, tanto da rifiutarsi di salire sul palco.

     

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    "Non facciamo mica le belle statuine" sibila uno. Invece sale e parla Casaleggio. "C' è chi si riposa un po' dopo aver fatto la lepre" dice, alludendo a Grillo e Di Battista. E proprio l' artista e Casaleggio senior vengono evocati in un video.

     

    Alle 22, con la piazza più piena, Di Maio. Inizia cantando l' inno nazionale, e di note ne becca poche. Ha la voce piena di rabbia, e le promette, sempre a lui, a Salvini: "Abbiamo preso uno, due, tre schiaffi, poi abbiamo iniziato ad alzare la voce. Forse all' inizio siamo stati troppo puri, è stato un errore, ma ora di schiaffi non ne prenderemo più, risponderemo ogni volta che serve". Ma ce n' è anche per il Pd, "quelli dell' omertà, che non hanno a che vedere nulla con la storia della sinistra" e Calenda, "quello che vuole privatizzare tutto". Chiude leggendo una lettera, evocando un "Paese normale", immemore di D' Alema. E quasi urla. La sua domenica sarà lunghissima.

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