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    DIETRO IL SUICIDIO DEL 15ENNE DI SENIGALLIA C'È UNA BRUTTA STORIA DI BULLISMO - L'ADOLESCENTE CHE SI È TOLTO LA VITA CON LA PISTOLA DEL PADRE VENIVA PRESO DI MIRA DAI PROPRI COMPAGNI DI CLASSE DELL'ISTITUTO ALBERGHIERO - PER QUESTO LA PROCURA HA APERTO UN FASCICOLO PER ISTIGAZIONE AL SUICIDIO - DOMENICA SERA IL PAPA', VIGILE URBANO, SI È ACCORTO CHE IL FIGLIO AVEVA APERTO L'ARMADIETTO DOVE TENEVA LA PISTOLA E CHE L'ARMA ERA SCOMPARSA...


     
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    Estratto dell’articolo di Giuseppe Baldessarro per "La Repubblica"

    https://bologna.repubblica.it/cronaca/2024/10/15/news/senigallia_suicidio_ragazzo_15_anni_bullismo-423555220/

     

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    Non li sopportava più quegli insulti pesantissimi e gli sfottò irripetibili che subiva a scuola. E poi quelle mani addosso, i pizzichi ai capezzoli e i colpi alle parti basse a mo’ di scherzo. Lui che era sempre educato e gentile con tutti, ha deciso di dire basta con un gesto estremo, disperato.

     

    Domenica sera, dopo cena, ha preso la pistola d’ordinanza del padre vigile urbano, si è nascosto in un casolare vicino a casa e si è sparato un colpo alla tempia. Aveva solo 15 anni, ed era finito nel mirino dei bulli dell’istituto alberghiero Panzini di Senigallia, che aveva iniziato a frequentare a settembre.

     

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    Prepotenti che aveva anche affrontato. Alla madre aveva raccontato: «Oggi sono andato da loro, mi sono comportato da uomo, gli ho stretto la mano e ho detto: “Dai ragazzi chiudiamola qui, diventiamo amici”». Ma il giorno dopo tutto era ricominciato come prima.

     

    La procura di Ancona ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio sulla base di una denuncia dei genitori del ragazzino, assistiti dall’avvocata Pia Perricci. L’adolescente nei giorni scorsi si era confidato con la madre e il padre, separati da anni, ma concordi nella gestione condivisa del figlio.

     

    Da qualche settimana lo vedevano svogliato, insofferente, e a entrambi aveva raccontato che voleva lasciare la scuola perché lo prendevano in giro e lo insultavano pesantemente: «Ogni occasione è buona per mettermi in mezzo». Una sofferenza che i genitori volevano affrontare incontrando il preside e chiedendo che il figlio fosse spostato in un’altra classe.

     

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    «Non ne hanno avuto il tempo», spiega l’avvocata. Vessazioni di cui la scuola non si è accorta. Il dirigente Alessandro Impoco, che i genitori avrebbero voluto vedere ieri, ne ha parlato con le insegnanti e con gli stessi compagni:

     

    «Nessuno mi ha parlato di situazioni di disagio o problemi in classe. Era con noi da poche settimane, non lo conoscevamo bene, ma mi dicono di un ragazzo a modo, riservato, introverso». [...]

     

    Il ragazzo viveva col genitore nella frazione di Montignano, un migliaio di abitanti a dieci chilometri dal centro. Vicino anche alla madre che vedeva praticamente ogni giorno. I due si erano separati diversi anni fa e assieme si prendevano cura del figlio.

     

    Ieri doveva tornare tra i banchi, l’idea lo preoccupava. Il padre ha raccontato di una cena tranquilla, durante la quale, però, il ragazzo sembrava «adombrato, triste». Intorno alle nove, come ogni sera, ha detto al papà «buonanotte, sogni d’oro». Poi è sceso al piano di sotto.

     

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    Qui ha preso le chiavi dell’armadietto blindato per la custodia delle armi, ha aperto e impugnato la pistola. Poi è uscito senza farsi sentire. Più tardi, quando il padre è sceso per portare di sopra un dolce, si è accorto delle chiavi che mancavano, e si è reso conto che l’armadietto era aperto.

     

    Pochi minuti dopo è partito l’allarme che ha immediatamente messo in moto le ricerche a cui hanno partecipato i colleghi dell’uomo, i carabinieri, la polizia e i vigili del fuoco. Tutto inutile, fino alla scoperta di ieri mattina intorno alle 11 e 30.

     

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    Nelle prime ore della giornata le forze dell’ordine hanno presidiato sia l’istituto alberghiero frequentato dal ragazzo, sia l’istituto professionale, poco distante, in cui andava lo scorso anno. Durante la notte, sconvolta dall’assenza del figlio, la madre ha temuto il peggio, sapendo della sua sofferenza per gli atti di bullismo che stava subendo. Così è andata in caserma e ha presentato denuncia ai carabinieri, elencando le terribili frasi che ogni giorno i bulli rivolgevano al figlio.

     

    Di fronte ai carabinieri ha messo nero su bianco i nomi dei due ragazzini ritenuti responsabili. E ieri, tra le lacrime si è sfogata: «Non capisco perché hanno voluto distruggerlo». Della storia si stanno occupando la procura ordinaria e quella per i minorenni. I magistrati hanno disposto l’autopsia ed è stato sequestrato il cellulare dello studente, che sarà analizzato per trovare conferme alla denuncia dei genitori. [...]

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