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    IL BELLO DELLA DILETTA – OPS: LA SCOLLATURA TRADISCE LA LEOTTA PER LA GIOIA DEI FAN, LEI A “VANITY”: “I COMMENTI SULLA MIA PAGINA? ALCUNI SONO ORRENDI MA NON VEDO MOTIVI PER CUI INCAZZARMI O ROVINARMI UNA GIORNATA. INSOMMA, TAKE IT EASY” – IL SESSISMO NELLO SPORT? COME IN ALTRI SETTORI. MA IN TV UN UOMO NON SARÀ MAI AFFASCINANTE QUANTO UNA DONNA” - WANDA NARA ("HA APERTO LA STRADA AD ALTRE MOGLI-MANAGER, CR7 (“IL PIU’ POTENTE”) E QUELL’ IMPEGNO PRESO CON SUO PADRE…


     
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    Francesco Oggiano per www.vanityfair.it

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    Se dovessimo associarla a un calciatore, sarebbe Andrea Pirlo. Più che per le doti tattiche, per quell’attitudine al lasciarsi scorrere tutto addosso: critiche, polemiche e pungolature. Un po’ per fatalismo, un po’ per contrappasso, come modo più efficace per governare quello che non si può. I commenti sulla sua pagina? «Chissene». Il sessismo nello sport? «Come altrove». E così Diletta Leotta continua la sua strada, che dal prossimo 6 aprile la fa scendere in campo. La conduttrice Dazn ci si trasferirà già da sabato 6 aprile per il primo appuntamento di Diletta gol in campo (in occasione di Sampdoria-Roma). Il programma, oltre al post partita, accompagnerà gli appassionati anche prima del match e durante l’intervallo. «Vogliamo raccontare ancora più da vicino le emozioni della volata finale della Serie A», spiega lei a Vanity Fair.it. «Ancora più in contatto con i tifosi».

     

    Quali sono state le sue prime volte da tifosa allo stadio?

    «Da bambina, con mia sorella, mio fratello e mio padre, nella mia Catania».

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    La partita più bella?

    «Palermo-Catania, 0 a 4, con gol da centrocampo di Mascara. Indimenticabile».

     

    I calciatori preferiti di allora?

    «Io e mia sorella avevamo i santini di Totti e Del Piero. Era il Mondiale del 2006 e loro erano i nostri eroi».

     

    Aveva 15 anni, allora, e aveva già iniziato a lavorare in alcune tv siciliane.

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    «Sì, ma il primo programma di calcio fu Sala Stampa, su Antenna Sicilia, a 17 anni».

     

    I suoi genitori erano contenti?

    «Mio padre mi lasciava fare tutto, a una condizione: che mi laureassi. Dopo il diploma mi disse: “Puoi decidere, Architettura, Medicina o Giurisprudenza”. In disegno ero negata, in medicina pure – e ancora oggi se vedo una pellicina svengo – così mi buttai sulla terza. In fondo venivo da una famiglia di avvocati».

     

    Com’è andata?

    «All’inizio non benissimo. Il primo anno mi ero trasferita a Roma per Sky. Non era facile studiare e lavorare insieme. Dopo un po’ mio padre mi fece un bel discorso. Iniziai a studiare. Riempivo interi quaderni di appunti, sottolineavo i libri con tre colori, sviluppai una memoria fotografica che ancora oggi mi torna utile nel lavoro».

     

    È di quei giornalisti sportivi fissati con tutte le statistiche?

    «Sì, mi piace essere un po’ nerd, ma solo per essere più sicura di me stessa. Una conduttrice deve moderare, non ostentare la sua conoscenza».

     

    Ha qualche parola d’ordine durante la conduzione?

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    «Più che altro ho parole ritrite che mi sforzo di non usare. Me le insegnò l’allora direttore di Sky Sport Massimo Corcione (attuale direttore di Open, ndr): squadra partenopea, serie cadetta, partita di cartello, posso andare avanti all’infinito».

     

     

    Sente sessismo nel suo settore??

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    «Né più né meno di quello che c’è negli altri settori lavorativi. Nello sport la donna sta emergendo prepotentemente, sia come sportiva che come conduttrice. Forse deve studiare di più degli uomini, ma chissene. Personalmente, credo che in Tv un uomo non sarà mai affascinante quanto una donna».

     

    Occhio, qui rischia un accusa di sessismo al contrario.

    «Non parlo di bellezza fisica, di vestito o di manicure. Parlo di fascino, di potenza in video. Una donna forte, con una buona conduzione, riempie un programma molto più di un uomo».

     

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    Mi dia un aggettivo per questi calciatori: Cristiano Ronaldo.

    «Il più potente».

     

    Fabio Quagliarella.

    «Sempreverde».

     

    Mauro Icardi.

    «Un campione che deve solo trovare la strada giusta per dimostrarlo».

     

    Finalmente torna a giocare dopo l’infortunio, ma la querelle tra la squadra, lui e la moglie Wanda Nara continua.

    «Forse la Nara ha aperto la strada alle mogli-manager. La prossima compagna di un calciatore che ne gestirà anche gli aspetti manageriali non dovrà subire tutte queste discussioni a volte esagerate».

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    Sta con lei?

    «Non è una questione di schieramenti, ma secondo me tutta questa querelle ha ricevuto un boost a causa dei social, che amplificano tutto».

     

    Detto da lei, con i suoi 4 milioni di follower su Instagram… Quanto usa i social?

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    «Tanto. Ho attivato un app che avvisa quando si raggiungono i 33 minuti di utilizzo di Instagram e blocca il social. Il primo giorno, me l’ha bloccato che non erano neanche le 9 del mattino…».

     

    Che ha fatto?

    «(ride) Ho eliminato l’app e risbloccato Instagram».

     

    Hanno definito la sua pagina Instagram «la cloaca massima del peggior cameratismo maschile», una sorta di bar sport dove padri di famiglia, nonni e bambini fanno a gara a chi dice la cosa più volgare.

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    «Non capisco chi attribuisce tutta questa importanza ai social. Per me sono uno svago, un mezzo per vivere un momento di leggerezza. Al massimo comunico quello che ho mangiato a colazione, non affronto discussioni sui massimi sistemi. Instagram non va preso troppo seriamente e non è un parametro per capire il valore di una persona».

     

    Restano però i commenti dei suoi follower.

    «Li leggo, e sono migliorati. Alcuni sono orrendi – io stessa ho bloccato alcuni follower – molti altri ridicoli. Non vedo motivi per cui incazzarmi o rovinarmi una giornata. Mi occupo di calcio, ho un pubblico in maggioranza maschile, trovo normale che facciano riferimenti di questo tipo e non vi darei troppa importanza. Insomma, take it easy».

     

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