Renato Franco per il “Corriere della Sera”
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Un amore finito, ma forse non sopito. Il fuoco che è ancora brace, la ferita nell' anima, il Sanremo condiviso dove chi vince è contento ma chissà se lo è davvero in fondo al cuore. Si sapeva ma non troppo: a differenza di chi instagramma anche i momenti più intimi e privati, la storia d' amore (ormai finita da qualche mese) tra Diodato e Levante era una vicenda sentimentale rimasta sotto la superficie del gossip, un vincolo affettivo chiuso nel perimetro insindacabile dei fatti loro. Riassunto (discreto, nel carattere dei due protagonisti) della loro love story a fari spenti: i due cantanti sono stati fidanzati dal 2017 fino a poco tempo fa.
Un amore mai messo in vetrina, ma che ha lasciato echi e allusioni nei testi dei loro brani, autobiografie musicali forse vere forse no. Del resto l' interpretazione delle canzoni è come quella dei sogni, nella follia onirica si può sempre trovare qualcosa di plausibile.
diodato levante
I due cantanti non parlano, ma in compenso ci pensano gli altri a parlare per loro. Mara Venier di fronte all' imbarazzato Diodato dà per scontato che la sua Fai rumore si riferisca a Levante, «un' ex morosa bella, bruna, simpatica, sexy, che canta bene». Imbarazzato lui tanto quanto lei che scappa via dal cellulare di Coez quando svela quello che molti immaginano: «L' ha dedicata a te».
Il vincitore del Festival di Sanremo però ha sempre mantenuto il riserbo della vaghezza quando gli hanno chiesto di spiegare il senso della canzone: «È un invito a rompere il silenzio, a farsi sentire, abbattere i muri dell' incomunicabilità, abbattere i silenzi tra le persone, che ti possono far pensare che chi in quel momento non ti parla pensi di te cose che invece magari non sono vere». Ma, chiedono tutti, parla di Levante? «Non voglio entrare in cose personali. È una storia di cui non abbiamo mai voluto parlare. Non legherei questo brano solo a quanto accaduto fra noi». Non solo. Ma anche.
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Perché il brano affronta un tema condiviso da tutti quelli che provano qualcosa di non corrisposto. Il testo sembra essere trasparente: «Per quanto io fugga, torno sempre a te. Non lo posso sopportare questo silenzio innaturale tra me e te. Mi ritrovo negli stessi posti, proprio quei posti che dovevo evitare. E faccio finta di non ricordare, e faccio finta di dimenticare».
Questa è la fine, ma c' è anche l' inizio, perché quando la loro storia d' amore sembrava immortale Diodato e Levante si sono reciprocamente cantati l' un l' altra in due brani che giocando a leggerli con gli occhi arroganti del senno di poi assomigliano a una premonizione. Lui pensò a lei in Cretino che sei (novembre 2017): «Adesso il cuore ti si spaccherà, ci sei cascato di nuovo».
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Lei pensava a lui in Antonio (ottobre 2019), vero nome di Diodato: «Lo sai benissimo, mi piaci tu, non ti chiedo giurami per sempre, l' amore non esiste nel futuro prossimo».
Nonostante a quel tempo il loro legame fosse già finito, Claudia Lagona, in arte Levante, aveva deciso di lasciare la canzone nell' album: «Ho deciso di tenerla perché abbiamo avuto una bellissima storia d' amore che si meritava una bellissima canzone d' amore. Volevo che restasse traccia delle cose belle che ci sono state».
Nel dubbio, il suggerimento di Battisti (in Prendila così) è un consiglio che vale per tutti: «Cerca di evitare tutti i posti che frequento, nasce l' esigenza di sfuggirsi per non ferirsi di più». L' imprevisto di ritrovarsi entrambi in gara a Sanremo non l' aveva calcolato...
DIODATO ESALTA LA «DECADENZA» DI TARANTO
GiMa. per “il Giornale”
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Il finale della ballata dell' Ilva e di Taranto non è ancora scritto, ma ci sono tutte le premesse perché sia una canzone triste. E ora c' è un nuovo interprete che si candida a intonarla: il successo a Sanremo sta illuminando la biografia di Diodato, facendone riscoprire le radici tarantine.
E poiché in Italia sono rari gli artisti che si possono permettere di emergere solo per le proprie opere senza connotarsi per un impegno politico, ecco che anche Diodato ha subito tirato fuori il suo bagaglio di giovane guerrillero per l' ambiente della sua città. Ovviamente in contrapposizione alla fabbrica che le ha fornito sostentamento per tanti anni, l' Ilva appunto.
E mentre lo stabilimento si avvia al declino sospinto da un incrocio di nefandezze politiche, mediatiche e giudiziarie che racconta tanto del nostro declino come Paese, è stato proprio Diodato, nel momento del trionfo, a calcare la mano sul suo background anti-Ilva, dedicando la sua vittoria a Taranto, descritta come vittima della fabbrica: «Lì c' è tanto bisogno di fare rumore (parafrasa il titolo della sua canzone, Fa rumore, ndr) di farsi sentire. La vittoria è per tutti coloro che lottano ogni giorno in una situazione insostenibile».
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Diodato è nato ad Aosta, ha costruito la sua carriera tra Roma e Stoccolma, e vive a Milano, ma per un periodo ha abitato a Taranto e ci torna, apprezzando «questa decadenza che mi piace un sacco» e «l' energia della città vecchia dove passeggio di notte»: «Mi sento un nomade che solo qui trova l' imbarazzo e la certezza di tornare a casa». Nei suoi ritorni a Taranto si chiede «come faccia a convivere tanta bellezza con tanta bruttezza», che ovviamente è quella dell' acciaieria.
Diodato è anche tra i direttori artistici di «Uno maggio - Taranto libera e pensante», la manifestazione musicale nata dopo i primi sequestri all' Ilva da parte della magistratura, quelli che hanno sì sollevato la questione controversa dell' inquinamento ambientale, ma hanno anche iniziato ad avvitare la questione, spingendola verso l' imbuto di contraddizioni in cui si trova incastrata ora.
L' associazione di genitori che lotta per il riconoscimento del legame tra l' inquinamento e le terribili malattie sofferte dai figli è stata tra le prime a celebrare la vittoria di Diodato, con un tweet in cui parla di «riscatto», di «anni di buio e invisibilità spazzati via». E i politici locali, gli stessi che hanno cavalcato una peculiare forma di populismo anti-industriale senza rinunciare a giocare su posizioni ambigue, hanno subito capito l' antifona. Anche il governatore della Puglia Michele Emiliano ha subito salutato la vittoria di un «figlio di Taranto». E il sindaco della città, come ha raccontato Taranto Buonasera, ha fatto suonare in filodiffusione per le strade il brano vincitore del Festival.
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Ieri il Fatto quotidiano ha subito fornito la cornice ideologica, pubblicando un ritratto-colloquio con il cantante in cui la musica passa sullo sfondo, mentre in primo piano c' è la battaglia contro Ilva. Tra le righe ci è scappato anche un endorsement per il premier certamente non sgradito al quotidiano di Travaglio: «A Conte abbiamo proposto soluzioni alternative, vedremo.
Quelli che lo hanno preceduto sembravano più impegnati ad evitare di pestare merde sul loro cammino». E pazienza se la merda più grossa di tutte, il pasticcio sullo scudo penale che ha innescato la fuga di ArcelorMittal e l' interruzione degli investimenti, inclusi quelli per il risanamento ambientale della fabbrica, lo hanno pestato proprio i due governi Conte.
Dettagli, mentre Taranto si avvia a un futuro di assistenzialismo. Che almeno non guasterà le passeggiate di Diodato, quando tornerà da Milano per farsi una gita.
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