Leonardo Martinelli per “la Stampa”
carla bruni sarkozy
Per assistere alle arringhe finali della difesa di Nicolas Sarkozy, nel processo a suo carico, al tribunale di Parigi, ieri, in aula, si è materializzata anche la moglie, Carla. Era la prima volta, dall'inizio delle udienze. «Quello che attendiamo - ha detto Jacqueline Laffont, uno degli avvocati dell'ex Presidente - è una giustizia libera da ogni pressione». Un accenno all'influenza della politica, invocata dai partigiani di Sarkò, un perseguitato ai loro occhi. Ma il giorno prima l'accusa, nella persona del procuratore Jean-François Bohnert, aveva chiesto per lui quattro anni di carcere, di cui due soltanto con la condizionale.
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Sarebbe una pena durissima. Nessuno si aspettava così tanto. Il processo si chiude oggi ed è molto probabile che i magistrati non si pronuncino subito, ma rimandino la sentenza di qualche giorno, per non dare l'idea di affrettarsi: hanno gli occhi di tutti puntati su di loro. Comunque, quando il verdetto arriverà, potrebbe essere una batosta per l'ex presidente Sarkozy. Avrebbe sempre la possibilità di fare ricorso, ma, se si considera che questo è solo il suo primo processo (e non doveva neanche essere il più ostico), la strada appare tutta in salita. Il processo attuale è chiamato in codice Bismuth.
il giudice gilbert azibert
A quel nome (Paul Bismuth) l'avvocato Thierry Herzog aveva intestato due sim, con le quali poter comunicare senza problemi con il suo cliente e amico Nicolas. Ma i due, nel 2014, erano stati intercettati dai magistrati che già indagavano su Sarkozy. Con Herzog discutevano della possibilità di chiedere a un giudice, Gilbert Azibert, allora alla Cassazione, quale decisione questa stesse prendendo su due agende personali sequestrate all'ex Presidente nell'ambito dell'affaire Liliane Bettencourt, la miliardaria che aveva effettuato generose e sospette donazioni all'uomo politico (per questo è stato scagionato).
I due avrebbero fatto anche pressione su Azibert, perché si esprimesse a favore di Nicolas. Che faceva aleggiare la possibilità di dargli la spinta per ottenere un posto prestigioso nel principato di Monaco. Nei giorni scorsi Sarkozy, un po' spavaldo, si è difeso definendole «chiacchere fra amici»: forse avevano un po' sbandato, ma succede. Intanto, è previsto un altro processo: inizierà il 17 marzo 2021, sul giro di fatture false creato per finanziare la campagna delle presidenziali del 2012, dopo che Sarkò aveva già sforato i tetti imposti alle spese elettorali dalla legge.
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E poi c'è il dossier più difficile, i supposti finanziamenti illegali di Gheddafi per la campagna delle presidenziali del 2007. L'uomo d'affari franco-libanese Ziad Takieddine aveva confessato di aver portato cinque milioni di euro del colonnello in valigiette consegnate a tre riprese all'entourage di Sarkozy.
Fuggito a Beirut, un mese fa ha negato quella versione dei fatti. Subito una serie di politici dei Repubblicani, il partito di destra, lo stesso di Sarkozy, avevano sperato che lui potesse ritornare sulla breccia e presentarsi come candidato alle prossime presidenziali del 2022. Ma i dubbi sulla decisione improvvisa di ritrattare tutto di Takieddine e l'andazzo che sta prendendo il processo Bismuth fanno pensare che si tratti solo di disperate illusioni.