DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Giusti per Dagospia
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Vi sono mancato, eh? Cosa vediamo stasera? Intanto, su Sky hanno appena inserito “Beetlejuice Beetlejuice” di Tim Burton, a pagamento, e su Amazon hanno inserito, a pagamento, “Cattivissimo me 4”. Io però stasera mi vedrei su Netflix il meno impegnativo mystery “Don’t Move” diretto da Adam Schindler e Brian Netto, prodotto da Sam Raimi per la Raimi Production, con Kellsey Asbille e Finn Wittrock, dove una ragazza, quando si ritrova in corpo il liquido che un serial killer le ha iniettato, capisce che prima di cadere in uno stato di catalessi alla sua mercé ha forse il tempo per correre e salvare la pelle. Forse.
Tutti voi avrete sicuramente visto il meraviglioso episodio della serie Alfred Hitchcock Presents, diretto dallo stesso Hitchcock, dove Joseph Cotten rimane paralizzato per strada dopo un incidente e dato per morto. Soltanto noi spettatori e lui sappiamo che è vivo. Ma come può spiegarlo a chi ha attorno? Vedo che “Don’t Move” è primo nella classifica Netflix di oggi e ha un ottimo apprezzamento critico (70%). Lo so. Volete vedere l’episodio di Hitchcock con joseph Cotten. Non mi ricordo neanche il titolo…
Su Disney+ occhio che parte oggi il film concerto di Bruce Springsteen “Road Diary Bruce Springsteen & The E. Street Band”, diretto e prodotto da Thom Zimny, appena passato come vento speciale alla Festa del Cinema di Roma. Invece per vedere le nuove puntate di Lidia Poet con Matilda DE Angelis dovete aspettare fini a mercoledì. Su Amazon l’algoritmo o il signor Amazon mi propone un capolavoro di Fritz Lang come “Strada scarlatta”, strepitoso noir con Edward G. Robinson e Joan Bennett e il pessimo Dan Dureya, che convince la ragazza a truffare l’uomo, vecchiotto, bruttarello e neanche ricco come si può pensare.
Scritto da Dudley Nichols e tratto da un romanzo di Georges De La Fouchardiere e André Mouëzy-Éon, che era stato portato già sullo schermo in Francia nel 1931 da Jean Renoir (“La cagna”). E’ uno dei suoi film che Fritz Lang preferiva e consiglio a Dago di vederlo. All’epoca venne ritenuto dagli americani più bacchettoni come un film “"licenzioso, profano, oscuro, e contrario alla morale corrente”. Leggo che venti quadri dipinti apposta per il film da John Decker vennero esposti nel 1946 al Moma di New York.
Su Amazon trionfa al primo posto l’horror con le suore indemoniate “Immaculate” con Sydney Sweeney. Brava, bravissima. Non solo deve interpretare la brava ragazza americana illibata incinta, non si sa da chi, se dal Diavolo o da Nostro Signore, ma non mostra neanche un centimetro di quello che mostrava nei film precedenti. Si esprime solo attraverso il volto. Attorno a lei una marea di attrici e attori italiani.
Da Benedetta Porcaroli come suora che sa troppo a Giorgio Colangeli, minaccioso, da Simona Tabasco, suora impaurita che tenta la fuga, a Dora Romano, la cattiva di “Baby Gang”, fa paura. Il film non è male. Si vede volentieri. Anche se le idee di regie meno banali funzionano un po’ come la sceneggiatura, cioè provano a trovare una loro strada originale, ma poi si fermano per strada.
E, allora, mi chiedo, in tutta onestà: ma, almeno questi horror a basso costo girati in Italia con le suore infami, i preti peggio, sangue dappertutto, mai una notte passata tranquilla, i chiodi della croce di Cristo in bella evidenza messi lì per risolvere qualche morte violenta, le lingue tagliate, le grandi abbazie, non potremmo farli scrivere e girare a sceneggiatori e registi italiani magari meno ignoranti in materia di quelli americani e produrli da soli?
Se vi volete proprio far del male vi consiglio pure “The Pasta Queen”, cioè i viaggi per l’Italia culinaria della Influencer e chef Nadia Caterina Munno. Anche sti cazzi. Già siamo pieni di cuochi in tv. Seguendo le indicazioni per il grande cinema di un tempo, vedo che su Amazon trovate un altro capolavoro americano di Fritz Lang, “Il grande caldo”, spettacolare noir anni ’50 con Glenn Ford che indaga sulla morte di un collega, Lee Marvin fuori di testa e una strepitosa Gloria Grahame.
Ma trovate anche “Victim”, grande titolo del cinema inglese primi anni ’60 di Basil Dearden, con Dirk Bogarde avvocato di successo con tanto di moglie, Sylvia Sims, che deve scegliere se rivelare la sua omosessualità e salvare un giovane amico, Peter McEnery, in un paese dove ancora l’omosessualità era ritenuta un crimine.
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