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Marco Giusti per Dagospia
Che vediamo stasera? Io mi sono sparato già quattro puntate (su sei) di una bella serie Netflix, “Eric”, ideata da Abi Morgan, sceneggiatrice di film piuttosto forti, come “Shame” e “The Iron Lady”, diretta da Lucy Forbes, regista di una recente versione di “Great Expectaions”, e interpretato da uno strepitoso Benedict Cumberbatch come Vincent, una specie di Jim Henson, il padre dei Muppets, geniale autore di pupazzi per la tv, ma pessimo padre e marito, sposato con una non meno depressa Cassie, interpretata da Gaby Hoffman, la figlia di Viva, star della Factory di Andy Warhol.
Ambientato nella New York fascinosa, sporca, corrotta dei primi anni ’80, tra locali degradati e malati di Aids, vede Vincent e Cassie litigare tutto il giorno e non accorgersi che il loro figlio, Edgar, sta soffrendo a causa loro. Quando Edgar scompare misteriosamente, parte la caccia al rapitore, che non solo coinvolge una serie infinita di personaggi, compresi i ricchi e snob genitori di Vincent, ma vede lo stesso Vincent impazzire, pieno di alcol e di coca, alla ricerca del ragazzino.
Deciderà di dar vita a un nuovo personaggio del suo show, un mostro chiamato Eric, ideato proprio da Edgar, pensando che proprio grazie a lui il figlio ritornerà. Ben tenuta, ben scritta, benissimo interpretata, dominata dalla forza del copione e da Benedict Cumberbacht, sempre credibile.
Oggi pomeriggio ho scoperto che Amazon ha appena inserito uno dei film che più mi sono piaciuto da ragazzo, cioè “Grand Prix” di John Frankenheimer con James Garner, Yves Montand, Françoise Hardy, Antonio Sabato. Se l’avete visto allora, non vi sarete certo scordati l’incredibile costruzione di montaggio dei titoli di testa ideata da un genio come Saul Bass. Qualcosa che è moderno anche adesso. Per non parlare delle riprese delle corse, che vedevamo per la prima volta in soggettiva dalle macchine in corsa.
Vennero usate tutte le cineprese in Superpanavision che erano disponibili. Devo dire che la copia è perfetta, e ho ritrovato esattamente quello che mi stupì allora a livello visivo, la fotografia è di Lionel Lindon, e di montaggio, firmato da Frederick Steinkamp, che ovviamente vinse l’Oscar. Per anni non sono riuscito a recuperare il film in maniera decente. Unico neo è la mancanza di sottotitoli in italiano. Ma c’è il doppiaggio italiano.
Occhio che su Amazon passa pure in prima visione “Challengers” di Luca Guadagnino con Zendaya, mentre su Sky trovate il divertente “Drive Away Dolls”, folle on the road diretto da Ethan Coen che vede protagoniste due ragazze lesbiche, le strepitose Margaret Qualley, che è la texana Jamie, che deve scordare la relazione focosa con la poliziotta Sukie, e Geraldine Viswanathan, che è l’indiana Marian, più riservata, continuamente assorta nella lettura di “The Europeans” di Henry James. Le due sono in viaggio (fuga) dal Texas a Tallahasse in Florida su una macchina ottenuta col drive-away, cioè un noleggio limitato solo per un viaggio.
Ma, sciroccate e strafattelle, si fermano in ogni assurdo lesbo-bar o lesbo-locale durante il tragitto nel profondo sud omofobo per una scopata rapida, senza sapere né di trasportare la testa di un morto, Pedro Pascal, in una cappelliera, né di essere inseguiti da due brutti pericolosi figuri, alla Fargo, Joey Slotnik e C.J. Wilson, agli ordini di un sulfureo Colman Domingo, anche lui legge Henry James, che deve assolutamente recuperare la valigetta e la capoccia del morto. Occhio a Miley Cyrus nei panni della mitica Cynthia Plaster Caster, l’artista che negli anni ’60 si era specializzata nei calchi di peni eretti di rockstar celebri, come quello gigantesco di Jimi Hendrix.
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