1 - LO SFOGO DI ARCURI "QUESTO GOVERNO MI HA LASCIATO SOLO"
Ilario Lombardo per “la Stampa”
DOMENICO ARCURI MASCHERINA
Il buon sangue calabrese ci mette un attimo a bollirgli in corpo, come sa bene chi ci ha sempre lavorato a fianco e come hanno imparato a vedere anche gli italiani. Domenico Arcuri, il manager di cui Giuseppe Conte si fidava a tal punto da imporre la sua riconferma a Invitalia, e da volerlo poi alla testa della prima task force creata per l' emergenza Covid, si sente abbandonato in un oceano di polemiche quotidiane, mentre sulle forniture di mascherine ha ingaggiato una battaglia con i fornitori.
giuseppe conte a milano 7
DOMENICO ARCURI GIUSEPPE CONTE
«Capisco - confidava ieri ad alcuni collaboratori dopo infinite riunioni e uno sfogo in conferenza stampa - che il governo in queste ore ha da fare con il decreto e nessuno ha tempo per altro, perché stanno litigando, ma qui il problema è che io sono stato lasciato da solo».
Speranza e Conte
Arcuri si aspettava ben altra reazione. Denunciare il fatto che due società di distribuzione hanno mentito, perché non avevano i 12 milioni di mascherine che sostenevano di avere, accusare la rete della distribuzione delle farmacie: credeva che tutto questo portasse a qualcosa, a una presa di posizione del governo, magari a un accertamento della Finanza. E invece: nulla. Solo un gran silenzio intorno a lui, mentre da un mese lo accusano di non essere in grado di gestire l' emergenza. Unica eccezione, dice, il ministro della Salute Roberto Speranza: «È stato il solo ad avermi aiutato, ma a sua volta avrebbe bisogno di più sostegno».
Domenico Arcuri mascherine
Il commissario sostiene di avere la coscienza a posto, e fa leva sugli oltre duecento milioni di dispositivi distribuiti, e su altri 55 milioni che sono a disposizione nei magazzini delle Regioni. Ma nonostante ciò, Arcuri teme la beffa e si è convinto che le mascherine usciranno fuori quando avrà assicurato un canale di distribuzione dello Stato. Ieri ha annunciato un accordo possibile con i tabaccai che, con 50 mila negozi in oltre il 90 per cento dei comuni italiani, possono vantare una rete di distribuzione capillare. Come ha spiegato in conferenza stampa allargando la risposta alla fornitura di alcol e guanti, «i negozi hanno i loro fornitori e se i fornitori dei negozi non hanno l' alcol faccio fatica a sentirmi colpevole».
GIUSEPPE CONTE CON LA MASCHERINA
mascherina macchina
Il confronto con le categorie è ruvido. Arcuri ha precisato che non ce l' ha con i farmacisti, che non possono essere loro la causa della scarsità delle mascherine. Ma sull' accusa scagliata contro gli speculatori in agguato non retrocede e chiaramente chiama in causa Federfarma e i distributori di prodotti medici. «Non è il commissario a dover rifornire le farmacie, né si è mai impegnato a farlo». Stesso discorso sulla grande distribuzione. «Non sono io a dover rifornire gli associati Confcommercio, Conad, Federdistruzioni e Coop. Il commissario si è impegnato ad integrare, ove possibile, le forniture che queste categorie si riescono a procurare attraverso le loro reti di approvvigionamento». Detto questo: «Se le mascherine ci sono nei supermercati e non nelle farmacie vuol dire che c' è un difetto nella rete di approvvigionamento delle seconde».
ANGELO BORRELLI ROBERTO SPERANZA GIUSEPPE CONTE
Una precisazione stizzita che chiarisce perfettamente chi sia il bersaglio. Nessuno gli toglie dalla testa il sospetto che i distributori stiano brandendo un' arma di ricatto, per ritoccare un prezzo che considerano troppo basso. «Tanto sanno che è più facile prendersela con il governo. Ma io ho fissato quel tetto, 50 centesimi più Iva, e da quel prezzo non mi muovo - confida -. Non mi importa cosa pensino le categorie. Mi interessa soltanto che arrivi il messaggio che sul prezzo nessuno può speculare». Anche perché, prima del coronavirus lo stesso prodotto, la mascherina chirurgica, costava 10-11 centesimi.
mascherine duce
Quello che Arcuri dice ai collaboratori o ai ministri, tracima a volte durante l' incontro settimanale con i giornalisti. Come quando, stufo delle accuse di statalismo per aver calmierato i prezzi, sbottò contro i «liberisti che parlano dal salotto di casa, sorseggiando il loro cocktail». Il commissario spesso parla senza filtri. Per esempio, in conferenza l' ha detta così: «Qualche volta faccio degli errori per i quali mi aspetto critiche, che sono benvenute, ma solo dai cittadini». In privato ammette, non troppo diversamente: «Mi esprimo in modo spiccio e brusco e so che a molti questo suona strano. Ma sul principio non cedo. Se lo possono scordare».
2 - ARCURI SE LA PRENDE CON TUTTI PER COPRIRE IL FLOP MASCHERINE
GIUSEPPE CONTE CON LA MASCHERINA
Giuseppe Marino per “il Giornale”
Il commissario straordinario cita De Gregori, ma canta sempre il ritornello di Vasco Rossi: «Colpa di Alfredo». Dopo le polemiche per i ritardi in tutte le forniture di sua competenza, convoca l' ennesima conferenza stampa per dire che è colpa di qualcun altro. Ne ha per tutti e stona: «Critiche ben accette, ma solo dai cittadini». E dopo aver accusato le Regioni, le task force, i cittadini, il Garante della privacy, passa alle farmacie («chi oggi afferma di non avere mascherine e di aver bisogno delle forniture del Commissario, fino a qualche settimana le aveva e le faceva pagare ben di più ai cittadini»), per poi fare dietrofront e accusare di mentire i distributori di farmaci: «C' è un difetto di una rete di approvvigionamento.
MASCHERINE SEQUESTRATE
Perché i distributori delle farmacie non riescono a farlo? Evidentemente non hanno una quantità di mascherine uguale a quella dichiarata». Infine annuncia che presto chiuderà un accordo per distribuirle nei tabaccai. Dalle farmacie si leva un' ondata di indignazione, riassunta dal presidente di Federfarma Roma Vittorio Contarini: «Chiedo alle istituzioni di prendere le distanze dalle accuse del commissario Arcuri.
MASCHERINE SEQUESTRATE
Infangare la categoria che insieme a medici e infermieri ha sostenuto l' Italia nel momento più grave della crisi, è vergognoso e da irriconoscenti. Sono state multate per speculazione lo 0,19% delle farmacie». Anche dalla politica arrivano strali. Il renziano Davide Faraone ingiunge ad Arcuri: «Giù le mani dalle farmacie». L' azzurra Fiammetta Modena chiede le dimissioni del commissario: «Dittatorello da film di serie B». Ma il vero problema è che i pretesti non reggono a una semplice disamina, mentre ci si avvia alla Fase 2 disarmati.
DOMENICO ARCURI
Il prezzo. Arcuri conferma il prezzo fisso calmierato a 0,50 centesimi più Iva e sostiene che «non influenza la distribuzione» negando un principio noto fin dall' editto di Diocleziano. Per il commissario, il ristoro offerto alle aziende che avevano sborsato prezzi più alti di 50 centesimi avrebbe eliminato il problema. In realtà crea un meccanismo perverso: il commissario ha fissato il prezzo ma poi propone a singole aziende l' acquisto delle mascherine a prezzi superiori, dopo che il deputato di Iv Mauro Del Barba aveva dato voce all' indignazione delle imprese indotte a investire e poi messe fuori mercato.
domenico arcuri 1
Gli accumulatori. «Le Regioni hanno 55 milioni di mascherine nei loro magazzini», ha detto Arcuri, cifre che significano poco o nulla, se non si spiega quanto ci è voluto a fornirle e che consumi dovrebbero coprire. Secondo uno studio del Politecnico di Torino ne servirebbero 35 milioni al giorno. Il commissario se la cava dicendo che ormai ci sono anche quelle lavabili e le fai-da-te.
domenico arcuri
La distribuzione. «Dall' 1 maggio la grande distribuzione ha venduto ai cittadini 19 milioni di mascherine a 0,50 euro più Iva», dice Arcuri sottintendendo che quindi è possibile. Ma in realtà, considerando la potenza di fuoco della grande distribuzione, siamo sempre a numeri molto contenuti. E alcune catene hanno deciso di garantire il prezzo calmierato come mossa di marketing, avendo ovviamente i mezzi per farlo.
GIUSEPPE CONTE CON MASCHERINA
La burocrazia. Arcuri si vanta di aver fermato la speculazione. In realtà i casi non sono mancati. E intanto il sistema messo in piedi dal commissario, improntato alla diffidenza, ha creato imbuti nella distribuzione, dai sequestri nelle dogane che hanno scoraggiato l' import alle certificazioni rilasciate a rilento. L' Inail, ad esempio, doveva rilasciare le certificazioni per le mascherine di livello superiore in tre giorni, ma ora l' attesa dura settimane, lamentano le aziende.
PAOLA DE MICHELI CON LA MASCHERINA dario franceschini con la mascherina 2