Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
DONALD TRUMP
Donald Trump inciampa sulle domande di politica estera di un conduttore radiofonico repubblicano: fa confusione tra i curdi e la Quds Force, la falange paramilitare iraniana della quale sembra addirittura ignorare l' esistenza, e confessa di non sapere chi sono i terroristi leader di quattro organizzazioni jihadiste (Stato Islamico, Al Qaeda, al-Nusra ed Hezbollah) elencati da Hugh Hewitt, un docente universitario che conduce dibattiti radiofonici nei quali mette alla prova la competenza degli ospiti politici.
DONALD TRUMP E LA FINTA RISSA CON VINCE MCMAHON
Di più: con la sua solita sfrontatezza, il «tycoon» aggiunge che non gli interessa nemmeno sapere chi sono il feroce sceicco al Baghdadi o Zawahiri, il successore di Osama bin Laden: «Tanto da qui a quando verrò eletto saranno tutti cambiati».
È arrivato il «Palin moment» di Trump, commentano soddisfatti tanto i media democratici quanto quelli repubblicani, ricordando come otto anni fa Sarah, che affiancava John McCain nella corsa alla Casa Bianca, non si riprese più dalle gaffe di un' intervista tv nella quale non seppe citare nemmeno uno dei giornali che diceva di leggere dopo aver sostenuto di essere competente in politica estera perché la sua Alaska è vicina alla Russia.
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In teoria l' attesa di una frana dei consensi attorno a Trump dovrebbe essere fondata: gli almanacchi politici Usa sono zeppi di casi di candidati spazzati via da gaffe e clamorose prove d' ignoranza. Ultimo, quattro anni fa, il caso di Rick Perry, l' ex governatore del Texas che uscì di scena dopo un dibattito elettorale nel quale si impappinò, non ricordando più quali erano i tre ministeri che intendeva abolire.
Celebre anche lo scivolone dell' allora presidente Gerald Ford che in un dibattito elettorale del 1976 definì la Polonia «un Paese libero dalla dominazione sovietica», tre anni prima della caduta del muro di Berlino e della Cortina di ferro.
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Gaffe micidiali anche per i democratici, in genere per esagerazioni e goffaggini varie, più che per ignoranza: dalle imbarazzate ammissioni di John Kerry, nel 2004, di aver votato in modi diversi su una stessa legge passando da un campo all' altro, ad Al Gore che quattro anni prima, sfidando anche lui George Bush, si «sparò nei piedi» mostrandosi arrogante e tronfio fino al punto di affermare che alla Casa Bianca con Clinton «ho preso l' iniziativa di creare Internet», mentre al massimo ne aveva promosso la diffusione. Al voto la spuntò, per un soffio, Bush, anche lui reduce da gaffe strepitose come l' incapacità di citare i nomi dei leader di quattro Paesi strategicamente importanti per gli Usa.
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Ma non sempre l' ignoranza punisce i candidati: Bush, ad esempio, vinse due volte anche per la sua capacità di usarla per ridurre la sua distanza dagli elettori poco istruiti. Trump, invece, la usa per cercare di rafforzare la sua immagine di personaggio ostinato che segue le sue convinzioni anche quando è in difficoltà. Fin qui la sua popolarità è cresciuta nonostante incidenti potenzialmente micidiali come le frasi con le quali, nel primo dibattito tv della Fox, ha offeso tutte le donne. Ora punta a fare lo stesso maltrattando il suo intervistatore («un conduttore di terza categoria») e definendo irrilevanti le questioni sollevate, anziché giustificarsi per i suoi errori.
trump con king e george hw bush
«In fondo - spiega il consulente Steve Schmidt che nel 2008 guidò la campagna di McCain -, Trump non è certo l' unico candidato repubblicano che non sa la differenza tra uno sciita, un sunnita e un canguro»: quelle che contano sono le sue qualità di incassatore. E allora, secondo il New York Times , un certo numero di dirigenti e finanziatori repubblicani che non vogliono andare al voto con un candidato considerato impresentabile anche perché «eretico» (vuole aumentare le tasse e accetta Obamacare) stanno studiando una campagna di messaggi negativi per demolire il sostegno a Trump.
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