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    DOPO 126 GIORNI DI MALATTIA E 20 TAMPONI, È GUARITO IL 49ENNE MILKO MIELES - ORIGINARIO DELL'ECUADOR, L'UOMO, CHE VIVE IN ITALIA DAL 2000, AVEVA CONTRATTO IL COVID19 IN PIENA PANDEMIA, A INIZIO APRILE, PERCHÉ LA CONIUGE, DIPENDENTE IN UNA CASA DI CURA PER ANZIANI, ERA RISULTATA POSITIVA MA ASINTOMATICA - DA LÌ È INIZIATA LA SUA ODISSEA…


     
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    Chiara Baldi per “la Stampa”

     

    MILKO MIELES MILKO MIELES

    A luglio, quando lo avevamo incontrato nell'hub di Linate dove stava trascorrendo il suo lungo periodo di isolamento, era molto provato, affranto e aveva un unico, grande, desiderio: tornare a casa dalla sua famiglia con il tampone negativo al Covid. E dopo 20 test, 54 giorni di quarantena e 126 in tutto per guarire completamente dal virus, alla fine il 49 enne Milko Mieles ce l'ha fatta: da ieri è tornato a Lissone, in provincia di Monza-Brianza, dove vive con moglie e figli.

     

    «La prima cosa che ho fatto è stata riabbracciare i miei familiari. E subito dopo ho chiesto a mia moglie di portarmi a mangiare delle "schifezze": siamo andati da Kfc a prendere del pollo fritto. È stato il più buono mai mangiato in vita mia». La voce di Milko per la prima volta in oltre quattro mesi è squillante, piena di vita, finalmente è un uomo felice. Dice: «Nonostante abbia avuto molti momenti difficili, ho sempre voluto pensare che sarei guarito e così è stato».

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    L'ultimo tampone l'ha fatto mercoledì 18 agosto, il risultato è arrivato ieri mattina: negativo, per la seconda volta di fila. Originario dell'Ecuador, l'uomo, che è in Italia dal 2000, aveva contratto il Covid19 in piena pandemia, a inizio aprile, perché la coniuge, dipendente in una casa di cura per anziani, era risultata positiva ma asintomatica. Da lì è iniziata un'odissea: dal 16 aprile è stato ricoverato al San Gerardo di Monza, da cui è uscito dopo 22 giorni per finire alla clinica Zucchi dove è rimasto per 50 giorni.

     

    E dal 27 giugno è stato uno degli ospiti dell'hub di Linate, perché nella casa in cui vive gli spazi non erano sufficienti per garantirgli l'isolamento dal resto della famiglia. «Sono stati mesi durissimi», racconta oggi Milko, «in cui ho tentato quanto più possibile di stare da solo, evitando il contatto, seppur a distanza, con gli altri pazienti. Volevo solo negativizzarmi. L'unico conforto che avevo erano le videochiamate con i miei cari, che mi aiutavano tantissimo a andare avanti».  

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