
DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI…
PRIMA IL CINEMA, POI I TEATRI: AVANZA L'EGEMONIA "CULTURALE" DI DESTRA – IL DECLASSAMENTO DEL TEATRO LA PERGOLA DI FIRENZE, GUIDATO DA STEFANO MASSINI, NOTORIAMENTE CRITICO VERSO IL GOVERNO, È SOLO L’INIZIO DELLA STRETTA DELL’ESECUTIVO SUI PALCOSCENICI ITALIANI – LE REGIONI DI CENTROSINISTRA FIRMANO UN DOCUMENTO CONGIUNTO CONTRO LE “SCELTE POCO TRASPARENTI E NON CONDIVISE” DEL MINISTRO GIULI – IL RUOLO DEL SOTTOSEGRETARIO GIANMARCO MAZZI, REGISTA DELLA STRETTA CHE “RISCHIA DI COMPROMETTERE PLURALISMO E TRASPARENZA…”
Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per www.lastampa.it
gianmarco mazzi alessandro giuli
Non si era mai vista una cosa del genere: una spaccatura così profonda nel mondo della cultura e dello spettacolo da generare una reazione politica al più alto livello istituzionale delle amministrazioni guidate dai partiti che in Parlamento sono all’opposizione del governo di Giorgia Meloni.
Nella serata di venerdì gli assessori di tutte e sette le Regioni di centrosinistra (Campania, Emilia-Romagna, Puglia, Toscana, Valle D’Aosta e Sardegna, Umbria) hanno diffuso un comunicato congiunto contro «scelte poco trasparenti e non condivise» adottate al ministero della Cultura che rischiano di minare il funzionamento dello spettacolo dal vivo, e cioè teatro, musica, danza, circo, festival.
[…] Ora tocca allo spettacolo dal vivo, altro terreno di conquista e di rimodulazione di finanziamenti e potere, locale e nazionale. Il declassamento del Teatro La Pergola di Firenze è solo il caso più eclatante.
Ed è quello che ha permesso un terremoto mediatico, grazie anche alla protesta di Stefano Massini, direttore artistico e volto ormai televisivo, molto critico verso alcune politiche di destra.
Tre membri su sette della commissione di esperti che hanno responsabilità di giudicare e indirizzare i finanziamenti, come è noto, si sono dimessi, spalancando una frattura che ha attirato un’attenzione su un meccanismo poco noto.
Sono queste commissioni, infatti, ad avere in mano il destino degli artisti dello spettacolo, composte da quattro membri di nomina governativa e tre indicati dagli enti locali (uno a testa tra Regioni, Province e Comuni).
alessandro giuli a piazza italia, la festa di fdi a roma foto lapresse
Non sempre la competenza è premiata, perché tra i commissari è facile trovare affiliati di area, più organici a un partito e meno esperti. Il sottosegretario che ha la delega allo spettacolo dal vivo, Gianmarco Mazzi, produttore e autore tv, strettamente legato all’Arena di Verona, inseguito quotidianamente da sospetti di conflitti di interesse, è il vero regista di questa stretta che secondo le Regioni di centrosinistra rischia di «compromettere principi fondamentali come pluralismo, trasparenza e co-responsabilità istituzionale».
Nello spettacolo, secondo la logica che Meloni ha espresso durante il suo intervento alla Masseria di Bruno Vespa, andrebbero premiate economicamente le opere che incassano. Un cambio di paradigma che trova sostanza con la recente pubblicazione dei decreti di assegnazione dei contributi del Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal vivo, dove, continuano le Regioni, sono divenuti evidenti gli effetti del decreto che ha ridefinito i criteri dei contributi ministeriali.
Scompaiono «i riferimenti a innovazione, rischio culturale e dimensione internazionale», sostituiti «da logiche di mercato basate su biglietti venduti e ricavi». Il Fondo, secondo gli assessori, «perde così la sua natura pubblica di sostegno alla pluralità e alla sperimentazione, favorendo invece modelli più commerciali».
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