MILITANTI PER LA JIHAD IN AFRICA OCCIDENTALE
Estratto dell’articolo di Danilo Ceccarelli per “la Stampa”
[…] ieri Parigi ha approfittato del ritorno della calma a Niamey, mandando i primi tre aerei militari (non armati) per prelevare i connazionali che, su base volontaria, hanno scelto di lasciare il Paese dopo il recente colpo di Stato guidato dal generale Abdourahamane Tiani. I 1.500 soldati francesi, invece, resteranno sul posto.
Una decisione presa in seguito alle "violenze" contro l'ambasciata francese nel Niger avvenute domenica e «la chiusura dello spazio aereo» imposta dai golpisti […] Ormai, però, sembra essere cominciato un fuggi fuggi generale da un Paese che non è in guerra e che, al momento, non ha ancora visto scontri finiti nel sangue dopo il putsch. Ma l'Occidente preferisce evitare rischi.
SAHEL - LA SPACCATURA NELL ECOWAS
L'ombra russa dietro il golpe preoccupa Stati Uniti e Unione europea, nonostante Mosca lunedì abbia preso le distanze dai Yevgeny Prigozhin, leader della Wagner, che ha espresso sostegno nei confronti di Tiani. Una posizione che di certo non convince Kiev, secondo il quale «è ormai assolutamente chiaro» l'impegno del Cremlino nel colpo di Stato, anche se gli americani riconoscono di non avere «nessuna indicazione» sul coinvolgimento russo.
Intanto, si cerca di aumentare la pressione sulla giunta militare di Niamey che ha deposto il presidente eletto Mohamed Bazoum, sotto sequestro nella sua residenza ma «in buona salute» […] Gli strumenti sono i soliti: sanzioni, tagli agli aiuti e una velata minaccia di ricorso alla forza contro un Paese dove lo scorso anno il 43% dei cittadini viveva con meno di 2 dollari al giorno nonostante le ricchezze minerarie. Prima fra tutte l'uranio, che rappresenta un quarto delle forniture all'Europa […]
GOLPE IN NIGER
L'obiettivo è quello di mettere alle corde i golpisti. Bruxelles e Washington contano molto sulla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas), che lo scorso fine settimana ha dato un ultimatum di 7 giorni ai militari al potere ventilando la possibilità di un «ricorso alla forza» se necessario. Un'eventualità che rappresenterebbe «una dichiarazione di guerra contro il Burkina Faso e il Mali», hanno tuonato lunedì sera gli altri due Paesi del Sahel guidati da giunte salite al potere con la forza e considerate vicine a Mosca.
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L'endorsement conferma i più cupi timori dell'Occidente, sempre più preoccupato dalla frattura in corso nel Sahel: da una parte il gruppo dei 15 membri dell'Ecowas, dall'altro il trio dei dissidenti. Al centro il terrorismo jihadista e la precarietà economica e sociale dell'intera regione, sempre più sull'orlo del baratro. A spingerla verso l'abisso c'è il pericolo che la tentazione insurrezionale prenda piede in altri Paesi, allargandosi a macchia d'olio nella zona, dove l'instabilità politica rappresenta un terreno fertile per le rivolte. […] Una crisi su ampia scala potrebbe innescare una nuova bomba migratoria pronta ad esplodere proprio nel Mediterraneo.
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