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    ALTRO CHE ULIVO, QUESTA E' CICUTA! - DOPO IL SILURO DI MARIA ELENA BOSCHI ("PRODI È ACCECATO DAL RISENTIMENTO PERCHÉ NEL 2015 RENZI GLI HA PREFERITO MATTARELLA AL COLLE"), ARRIVA LA REPLICA DI ROMANO PRODI: "NON SAPEVO CHE NEL 2015 ERO CANDIDATO. UNA CANDIDATURA SEGRETISSIMA. ERO RIMASTO AI 101…" - L'AMAZZONE PRODIANA, SANDRA ZAMPA SENTE PUZZA DI PARACULISMO: "BOSCHI NON FA CHE RIPETERE QUESTA STORIA DEL RISENTIMENTO, GIÀ ESPOSTA DA RENZI: QUESTO ANTI-PRODISMO NON SARÀ PER CASO UNA PATENTE PER ESSERE ACCETTATI IN AREE POLITICHE CHE DETESTANO IL PROFESSORE?"


     
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    PRODI A BOSCHI: “IO CI VEDO BENE NEL 2015 NEMMENO ERO CANDIDATO”

    Fa.Ma. per "la Stampa"

     

    In questi giorni la memorialistica sul Quirinale è un genere di gran moda, ma ogni tanto spunta un aneddoto “un po’ così”, al confine tra vero e verosimile. Romano Prodi - dall’epoca dei famosi “101” - è uno dei soggetti preferiti del genere “aneddoti apocrifi” e ieri all’ennesima puntata il Professore l’ha presa a ridere. Di buona mattina, un amico bolognese lo ha chiamato e gli ha chiesto: «Romano ci vedi bene?».

     

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    E lui: «Benissimo, perché?». L’amico: «Elena Boschi sostiene che sei accecato dal risentimento perché Renzi a suo tempo scelse Mattarella invece che te!». Prodi è scoppiato a ridere: «Ma dai! Non sapevo che nel 2015 ero candidato. Una candidatura segretissima. Ero rimasto ai 101, quelli erano veri….».

     

    Al di là delle sue chiacchierate private e mattutine, è del tutto inutile chiedere al Professore cosa ne pensi di quel sentimento che Elena Boschi gli ha attribuito. Chi ha parlato con lui, come Sandra Zampa, già portavoce di Prodi e componente della segreteria del Pd, pensa che l’unico caso degno di riflessione sia un altro: «Tra Renzi e i renziani sta affiorando un tipo di racconto diverso dal passato, che hanno mutuato da altri: ripetere una non-verità più volte in modo che qualcosa resti e delegittimi le critiche degli altri. In queste settimane Prodi sta avanzando una serie di critiche personali anche severe a Renzi, ma tutte politiche e allora come gli si risponde? Attribuendo le critiche ad un risentimento e non a ragioni politiche».

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    Resta un dubbio che Sandra Zampa però suggerisce come possibilità: «Boschi non fa che ripetere questa storia del risentimento, già esposta da Renzi: questo anti-prodismo non sarà per caso una patente per essere accettati in aree politiche che detestano il Professore?». Certo, il ruolo di Renzi nelle elezioni presidenziali è sempre stato al centro di polemiche e talora anche di ricostruzioni fantasiose. Una di queste attribuisce proprio a Renzi un ruolo centrale nella celebre congiura dei “101”, quella che nell’aprile del 2013 portò all’affossamento dell’unica vera candidatura al Quirinale di Romano Prodi.

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    Ma il ruolo di killer di Renzi è una fake news dura a morire. La sera del 18 aprile, dopo che si era consumato il flop di Franco Marini, il Pd stava cambiando cavallo e Matteo Renzi lascia Firenze e arriva a Roma. Convoca i «suoi» 35 parlamentari al ristorante Eataly e gli comunica: «Si vota Prodi». Uscendo, a chi gli chiede se dopo aver fatto cadere Marini, si senta il vincitore della giornata, il sindaco replica: «No. Vince l’Italia se domani sarà eletto un presidente di grande rilie vo internazionale».

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    In quel momento Renzi controllava 35 grandi elettori su 1009, una percentuale irrilevante per eleggere ma soprattutto per affondare Prodi. Allora, qualcuno dei renziani, pochi, non votarono il Professore e diversi anni dopo proprio Renzi, con una eloquente prova di stile, lo ha spifferato: «Dario Nardella fu uno di questi…». E nel 2015? Allora si trattava di sostituire Giorgio Napolitano, reduce da un inedito bis.

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    Nelle trattative che precedono le votazioni decisive, la forte minoranza del Pd trova con Forza Italia un accordo sul nome di Giuliano Amato. Ma un presidente della Repubblica deciso sull’asse D’Alema-Berlusconi sarebbe troppo per chiunque ne resti escluso, figurarsi per Matteo Renzi, che in quel momento è premier e segretario del Pd. E’ in quel contesto - nel quale nessuno parla o pensa a Prodi - che Renzi lancia Sergio Mattarella. E porta a termine un contropiede destinato a passare alla storia come un’operazione politica esemplare.

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