1 - IL MONDO TORNA AI DIVIETI COPRIFUOCO A MELBOURNE
Francesco Olivo per “la Stampa”
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Il numero assoluto è basso, ma i 78 contagiati fatti registrare nelle ultime 24 ore bastano per costringere la Grecia a porre nuovi divieti. Il Paese mediterraneo che finora è stato solo sfiorato dalla pandemia, vede la sua curva crescere improvvisamente, con il dato più alto dalla fine del confinamento (morbido). I nuovi casi sono concentrati ad Atene e nel suo hinterland, mentre nelle isole l'estate scorre con relativa tranquillità.
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Anche se si teme che le nuove misure, obbligo della mascherina in tutti i luoghi pubblici chiusi incluse le chiese, divieto di assembramenti nei locali al chiuso, possano spaventare quei turisti che hanno scelto la Grecia, in fuga da altre mete più coinvolte dal Covid. Sabato il governo ellenico aveva annunciato la riapertura di sei dei suoi porti principali (Pireo, Rodi, Heraklion, Volos, Corfù e Katakolo) alle navi da crociera dopo che aveva riaperto a giugno i confini terrestri e a luglio aveva ripreso i voli sull'Europa.
Molti meno turisti invece hanno viaggiato in Spagna, Paese che ha visto moltiplicare per 8 i positivi dalla fine del confinamento. Ieri ancora un migliaio di casi in Catalogna (con zero morti), dove però si spera che i focolai siano in una fase discendente. L'Italia continua a essere l'anomalia continentale, pochi nuovi contagiati (rispetto ai vicini), 239 ma più vittime, 8, ieri tutte in Lombardia.
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Molto più preoccupante la situazione in Gran Bretagna, ancora al quarto posto nel mondo per numero di morti con oltre 46.200 decessi. Secondo il Sunday Times il premier Boris Johnson starebbe pensando a un confinamento per gli ultracinquantenni, in caso di una seconda ondata di forte intensità.
L'ulteriore prova del fatto che questa non è un'estate normale è arrivata dalla Norvegia, dove quaranta tra passeggeri e membri dell'equipaggio di una nave da crociera di lusso sono risultati positivi, le autorità stanno cercando di rintracciare un numero di passeggeri di due recenti viaggi nell'Artico. La "nuova normalità" è stata bruscamente interrotta anche in Australia. Nello stato di Victoria, uno dei meno estesi e più popolati, i contagi sono tornati a salire, 671 in un giorno.
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Così, il governo locale ha deciso di tornare al coprifuoco notturno di Melbourne, prima città australiana per numero di abitanti. Fino al 13 settembre saranno in vigore rigide misure restrittive come la possibilità di uscire di casa una sola volta al giorno senza allontanarsi per più di 5 chilometri e il divieto di celebrare matrimoni. Ma la vera emergenza resta nel continente americano. Negli Stati Uniti per il quinto giorno consecutivo si sono superati i 60.000 nuovi contagiati, con più di mille morti (155 mila le vittime totali).
2 - DAL PERÙ ALL A COLOMBIA IN FILA PER SUSSIDI E CIBO E SI RIACCENDONO I FOCOLAI
Emiliano Guanella per “la Stampa”
CORONAVIRUS IN AUSTRALIA - LOCKDOWN NOTTURNO A MELBOURNE
Le lunghe file di venditori ambulanti di ossigeno fuori dagli ospedali sono l'immagine simbolo del disastro peruviano nella pandemia di Covid 19. Una bombola che costava abitualmente 75 dollari viene venduta al mercato nero a 400-500 dollari, il doppio del salario minimo, ma nelle località più sperdute dell'Amazzonia si arriva a 1.000 dollari. Molti peruviani sono passati dal banco dei pegni per poter comprarle e cercare di salvare i parenti finiti in ospedale.
Il Perù è il secondo paese sudamericano per numero di morti (quasi 20.000) dopo il Brasile, ma proporzionalmente è uno dei peggiori al mondo, con 60 decessi per 100.000 abitanti. Tutto è andato storto nonostante, a differenza del Brasile del negazionista Bolsonaro, il governo abbia reagito subito per contenere l'espansione del virus. Il presidente Vizcarra ha disposto il lockdown nazionale il 16 marzo, con appena settanta casi, schierando anche l'esercito. Una risposta immediata, ma che ha fatto acqua da più parti.
CORONAVIRUS IN PERU
La situazione oggi è disastrosa sia dal punto di vista della pandemia che su quello economico, meno 17% del Pil e milioni di persone rimaste senza lavoro. Uno dei principali errori è stato lasciare aperti i mercati di strada. Sono sempre molto affollati; non avendo, un frigorifero in casa, due terzi delle famiglie povere sono costrette a comprare alimenti freschi giorno per giorno.
Le bancherelle sono diventate dei grandi focolai; il Mercado de frutas de Lima è stato chiuso dopo aver scoperto che otto venditori su dieci erano positivi. «Vai a comprare pollo e uova - ha ammesso sconsolato Vizcarra - e ti danno il Covid in omaggio». Un altro focolaio gigante sono state le filiali delle banca, con gli assembramenti di chi andava a ritirare in contanti il sussidio emergenziale stanziato dal governo. La Caporetto è stata la capitale Lima, una città da dieci milioni di abitanti con un traffico infernale e autobus perennemente affollati; dove il 18% della popolazione ha contratto il virus.
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Tantissimi lavoratori informali, poi, sono rimasti senza nulla e per non morire di fame sono tornati nei loro paesi d'origine favorendo l'espansione dei contagi a livello nazionale. La débâcle stravolge il governo. Vizcarra ha cambiato undici ministri, ma il malcontento popolare è enorme.
La ministra della salute Mazzetti ha ammesso che i numeri ufficiali sono al ribasso, ipotizzando che almeno il doppio dei morti. Medici e infermieri, costretti a lavorare senza dispositivi di protezione, sono stati i primi a cadere; oggi gli ospedali lavorano con meno del 40% del personale a disposizione. Se il Perù è la punta dell'iceberg, il resto dell'America Latina non è messo molto meglio. In Brasile e Messico l'alto numero di morti e contagi è dovuto alle dimensioni e alle scelte ondivaghe della politica, ma anche in altri paesi dove il virus è stato preso subito sul serio la situazione è drammatica.
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L'Argentina si è chiusa al mondo a metà marzo e per un po' ha retto. Oggi la situazione è tranquilla nelle province del nord e in Patagonia, ma a Buenos Aires, 12 milioni di abitanti tra città e periferia, il trend è di 150 decessi al giorno. In Bolivia si raccolgono i morti per strada, nei quartieri poveri di Santiago del Cile o di Bogotà la gente non ha cibo né di che scaldarsi. Le Nazioni Unite prevedono nella regione più di 50 milioni di nuovi poveri da qui fino alla fine dell'anno. Epicentro mondiale del virus, il Sudamerica sarà anche il continente che soffrirà di più il disastro sociale lasciato dalla pandemia.