Pierluigi Bonera per “il Giornale”
Sergio Marchionne mette la parola fine alla lunga luna di miele con Matteo Renzi. E lo fa alla sua maniera, prendendo improvvisamente le distanze («non so nemmeno se l' ex presidente del Consiglio si ricandida») e guardando già avanti («mi sembra che Silvio Berlusconi si ripresenti»). Da quel 4 gennaio 2016, giorno della quotazione di Ferrari a Milano, sembra essere passato un secolo. In quella occasione, il presidente del Cavallino ribadì la sua vicinanza a Renzi: «Lo ringrazio per quello che sta facendo per l' Italia».
Mentre ieri, giorno della presentazione del team Alfa Romeo-Sauber in Formula 1, Marchionne, nella veste di ad di Fca, ha di fatto «scaricato» l' ex premier: «Renzi ha perso qualcosa da quando non è più premier, ma questo è normale. Se si sia comportato bene o meno non saprei nemmeno dirlo: so che la sinistra sta cercando di definirsi come identità, è piuttosto penoso. Spero che si ritrovino».
Dichiarazioni che lascerebbero intendere un Marchionne piuttosto distaccato dalle forti turbolenze che animano il dibattito politico italiano. Del resto, come precisato ieri dal top manager ad Arese, «vivo metà della mia vita negli Usa». Eppure, Marchionne non ha mai perso occasione per elogiare l'operato di Renzi («se me lo chiedete, in Italia lo voterei», aveva sottolineato solo un anno fa a Chicago).
E anche alla vigilia della visita dell' ex premier alla sede di Fca, ad Auburn Hills, nel settembre del 2015, non aveva avuto problemi ad affermare, riferendosi a Renzi, che «a me questo ragazzo piace, ha un grande coraggio». Ma ieri, improvvisamente, il ritorno all' equidistanza e alla precisazione che «Fca è totalmente filogovernativa».
Renzi, da parte sua, forse annusando la fine della liason con Marchionne, qualche giorno fa aveva rimbalzato su Fca le critiche di sindacati e dello stesso Pd sui 1.800 posti di lavoro promessi lo scorso anno a Cassino, fabbrica che produce i nuovi modelli Alfa Romeo. «Noi quello che si poteva fare si è fatto - così Renzi - se poi la macchina non tira non è colpa mia né del governo né del Pd. Prometto che farò una telefonata a Marchionne...». L'avrà poi chiamato veramente. Da come parlava ieri l' ad di Fca, sembra che i due non si sentano da un po'.
La presa di distanza di Marchionne da Renzi non è comunque casuale. A Otto e mezzo, la trasmissione condotta da Lilli Gruber su La7, pochi giorni fa Lapo Elkann, fratello di John, presidente di Exor e Fca, aveva sparato a zero contro l'ex premier: «Si piace troppo, e questo è pericoloso per lui e per noi. È più provinciale di quanto sembra. Renzi non è un Macron, molto più preparato di lui: è un Micron. Meno personalismo e meno egocentrismo; meno voler parlare di tutto e di niente...».
Una coincidenza quel «...Renzi ha perso qualcosa da quando non è più premier...», come puntualizzato ieri da Marchionne sull' ormai ex pupillo? Oppure un preciso disegno, in accordo con la famiglia azionista di Fca e Ferrari, di lasciare al suo destino l' ex sindaco di Firenze?
«Vorrei qualcuno che gestisca il Paese e una tranquillità economica nel contesto in cui operiamo; sono cose essenziali», parole, quelle pronunciate ieri da Marchionne al Museo Alfa Romeo di Arese, che suonano come la volontà di girare rapidamente pagina. «Con tutte le sberle e gli insulti che ha preso - disse un anno fa il top manager, riferendosi a Renzi, durante la visita dell' ex premier a Cassino - continua ad andare avanti e questo lo apprezzo molto. È il momento di sostenere il primo ministro». Era il 24 novembre 2016, vigilia del voto referendario. L' asse Sergio-Matteo era ancora saldissimo.