Giuliana Ubbiali per il “Corriere della Sera”
BOSSETTI
Gli occhi gonfi per il pianto, il viso segnato da due notti in bianco. Quella prima dell'udienza è stata tra le più lunghe, quella dopo la sentenza è stata tra le più dure delle 1.128 trascorse in carcere. Ieri mattina, Massimo Bossetti è riemerso provatissimo dalla decisione della Corte d' Assise d' Appello di Brescia che ha confermato la condanna all'ergastolo, per l' omicidio di Yara Gambirasio. «Non ho chiuso occhio, potrete comprendermi. Ma sono contento di potervi far capire che persona avete davanti».
yara gambirasio massimo bossetti
Lunedì, alle 8.40, il carpentiere di Mapello aveva iniziato così il suo ultimo appello ai giudici, invocandoli di ribaltare la sentenza o concedergli la perizia sul Dna. Invece, dopo 15 ore di attesa, a mezzanotte e 32 minuti, ha sentito la frase che non avrebbe voluto ascoltare: «La Corte conferma la sentenza».
Era convinto che gli avrebbero concesso una chance. Invece è tornato nel carcere di via Gleno distrutto. In aula no, ma dietro la porta della gabbia dei detenuti è scoppiato a piangere. Ha continuato per tutta la notte. Ha versato lacrime e ha scritto.
foto satellitari chignolo d isola yara gambirasio processo bossetti
Usa spesso carta e penna, per far passare il tempo. Manda lettere ai familiari e risponde ai numerosi sconosciuti diventati amici innocentisti. Alcuni sono andati alle udienze. Bossetti li riconosce. Ha cercato il loro sguardo, li ha salutati con un cenno della testa come si fa tra uomini, ha contraccambiato i loro, di saluti, quando è stato il momento di rientrare in carcere.
Lunedì no. Dopo la sentenza è stato tutto molto più veloce. Un abbraccio con la mamma Ester Arzuffi, con la sorella Laura Letizia, con la moglie Marita Comi. Poi via, sul furgoncino blu della polizia penitenziaria avvolto dal buio della notte ormai inoltrata, lungo l'autostrada A4, in direzione Bergamo. Nella casa circondariale, Bossetti è arrivato all'una e mezza. L' unica compagnia a quell' ora sono stati il siciliano che condivide con lui la cella e una penna. Lacrime e rabbia.
le scarpe di yara gambirasio
Ma la notte insonne gli ha dato la carica. Raccontano che al mattino era determinato ad andare avanti. Se fino a lunedì a mezzanotte e mezza sperava nell'Appello, adesso conta i giorni che lo separano dalla Cassazione. «Non mi hanno voluto ascoltare, quando ho detto che non sono io l'assassino», è stato lo sfogo di ieri. «Ma voglio andare avanti per dimostrare che sono innocente».
bossetti
Claudio Salvagni, suo difensore con Paolo Camporini, andrà a trovarlo oggi. Ieri, nel turno delle visite del mattino, non si è visto nessun parente. In carcere sapevano che la sentenza sarebbe stata una batosta per Bossetti e si è deciso di non lasciarlo solo. Al mattino sono passati un volontario, lo psicologo, il medico, il cappellano. Lui ha parlato a lungo con tutti. Sfoghi, i consueti proclami di innocenza, la speranza di poter dimostrare quello che per otto giudici, come per altrettanti in primo grado, non è vero. Cioè che non è l'assassino di Yara. Prima della Cassazione passerà almeno un anno. Chiuso nella sezione protetta in cui viene isolato chi è accusato di reati contro donne o bambini.
marita bossetti
Isolato, ma non è l'isolamento. I tredici detenuti che alloggiano in questa ala non possono avere contatti con il resto del carcere. Come per gli altri le porte delle celle rimangono aperte, lo vuole l'Europa per garantire condizioni di vita accettabili. Una scaletta conduce al cortile, a un livello più basso. Un fazzoletto di aria dove il carpentiere ha fatto quattro passi anche ieri. Ci va spesso.
massimo bossetti
Prende il sole, si vede dalla sua abbronzatura che di udienza in udienza è diventata sempre più intensa. Non c' è molto da fare, dietro le sbarre. Bossetti ha ingannato il tempo sistemando il pavimento di qualche cella. È un detenuto modello, non crea problemi. Gioca a carte, legge riviste e guarda la tv.
la casa di bossetti
Lunedì notte l'hanno guardata i suoi compagni di sezione, in diretta da Brescia per sapere come sarebbe finito il processo. È finito male per lui. Se ne sono accorti dalla sua faccia. Ma ha assicurato che non perderà la testa. Pensa ai suoi figli, soprattutto, al ragazzo di 16 anni e alle bambine più piccole. L' ha detto alla Corte: «Voglio che pensino: "Papà è una persona onesta e merita la nostra stima"».