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    SDENG: È ARRIVATO IL GIORNO PIÙ NERO – DOPO LA DECISIONE DELLA BCE DI ALZARE I TASSI, LE BORSE EUROPEE HANNO REAGITO CON UN INARRESTABILE ONDATA DI VENDITE: BRUCIATI 265 MILIARDI DI EURO CON TUTTE LE BORSE EUROPEE CHE SONO ANDATE A PICCO. FRANCOFORTE HA CEDUTO IL 3,08%, PARIGI IL 2,69%, MA LA MAGLIA NERA SPETTA A MILANO CHE HA PERSO IL 5.17% - LO SPREAD E' VOLATO  A 234 PUNTI E…


     
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    Marco Sabella per il "Corriere della Sera"

     

    christine lagarde con mario draghi christine lagarde con mario draghi

    A un giorno di distanza dalle decisioni di politica monetaria prese giovedì dalla Bce, le Borse europee hanno reagito con un'inarrestabile ondata di vendite. L'indice paneuropeo Stoxx 600 ha perso nella seduta di ieri il 2,7% mandando in fumo più di 265 miliardi di euro di capitalizzazione.

     

    Francoforte ha ceduto il 3,08% e Parigi il 2,69%. Tra le Borse dell'eurozona, tuttavia, la maglia nera spetta a Milano che al calo dell'1,9% della seduta di giovedì ha aggiunto un ulteriore forte arretramento del 5,17%, a 22.547 punti. In un solo giorno la Borsa di Milano ha bruciato circa 39 miliardi di capitalizzazione. Le cose non sono certamente andate meglio sul fronte dei titoli di Stato. Lo spread Btp Bund ha chiuso in deciso rialzo a 234 punti, contro i 228 del giorno precedente.

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    Di conseguenza vola anche il rendimento del Btp decennale che si è spinto al 3,85% rispetto al 3,7% di giovedì: è un massimo da ottobre 2014. In questa sequela di dati negativi c'è tuttavia un numero confortante: è quello della crescita della produzione industriale che secondo l'Istat ad aprile è salita dell'1,6% rispetto a marzo «terzo mese consecutivo di crescita congiunturale» e del 4,2% rispetto all'anno precedente.

     

    mario draghi christine lagarde mario draghi christine lagarde

    Tornando ai mercati finanziari vanno male anche i listini statunitensi con perdite comprese fra il 2,7 e il 3,5% per Dow Jones, Nasdaq e S&P500. Le vendite in Europa sono partite fin dalla mattina, sulla scia per l'appunto delle decisioni prese giovedì dalla Bce, che ha annunciato due rialzi dei tassi a luglio e settembre, ed è apparsa poco incline a varare in tempi brevi quei piani anti-spread che sembrava fossero sul punto di diventare immediatamente operativi.

     

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    Secondo il ministro dell'Economia Daniele Franco l'aumento dei tassi di interesse nell'area euro deciso dalla Bce era «prevedibile». Questi aumenti «non hanno molto effetto sullo scenario macroeconomico» ha dichiarato il ministro a Parigi, al consiglio dell'Ocse presieduto quest' anno dall'Italia. Di iniziativa «intempestiva e inopportuna» ha parlato invece la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni in un comizio a Gorizia. «Proprio perché pretendo un'Italia seria, leale, poi mi aspetto che il Presidente del Consiglio utilizzi la sua presunta autorevolezza per chiedere una compensazione per quelle nazioni che chiaramente pagheranno di più», ha aggiunto.

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    «La scelta della Bce di aumentare i tassi è una scelta anti italiana», ha poi aggiunto il leader della Lega Matteo Salvini durante una iniziativa elettorale ad Asti. Intanto, quasi in contemporanea, con mossa certamente non casuale, la Russia ha abbassato i tassi di interesse dall'11% al 9,5%, riportandoli ai livelli precedenti la guerra russo-ucraina.

     

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    Per quanto riguarda il nostro Paese, ieri la Banca d'Italia ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita, che si fermano al 2,6% per il 2022 (dal 3,8% di gennaio) e che scendono all'1,6% nel 2023 e all'1,8% nel 2024. Nello scenario avverso di uno choc energetico la crescita sarebbe zero quest' anno e negativa (-1%) il prossimo. Nelle stime relative all'inflazione Via Nazionale prevede un +6,2% nel 2022 nello scenario base e +8% in caso di escalation della guerra russo-ucraina (2,7% nel 2023 e 2% nel 2024).

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    Proprio sul fronte dei prezzi al consumo, a maggio negli Usa, l'indice è salito dell'1% su base mensile e dell'8,6% su base annua, un dato al di sopra delle attese e al top da dicembre 1981. Sempre sul fronte macro, il dato di giugno (preliminare) sulla fiducia dei consumatori negli Stati Uniti si è rivelato il più basso mai registrato, con 50,2 punti, paragonabile soltanto a quello registrato nella recessione di metà anni Ottanta, secondo le elaborazioni dell'Università del Michigan.

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