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    CHI VIENE DOPING? - LA MARCIA TRIONFALE DI SCHWAZER: DOMINA LA 50 KM DEL MONDIALE A SQUADRE E VOLA A RIO: “MI SONO DOPATO, SONO STATO L’UNICO AD AVERLO AMMESSO. ORA DICANO DI ME QUELLO CHE VOGLIONO” - IL RIVALE TALLENT ROSICA: "BATTUTO DA UN BARO"


     
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    Emanuela Audisio per “la Repubblica”

     

    Vince Schwazer, l’Italia, Roma. Marcia trionfale. Ma anche una giornata particolare. Come sempre quando si rinasce e si riesce a riattaccare il passato al futuro. Braccio destro alzato, traguardo tagliato quasi da fermo. Come a dire: questo non me lo voglio perdere. Se otto anni fa a Pechino piangeva, qui ha sorriso. Allora era un ragazzo che aveva tutto davanti, ora è un uomo che ha troppo dietro e troppo dentro. Lo volevano confuso, pronto a bruciarsi nel rincorrere se stesso. Un mostro cattivo.

     

    Veniva da 3 anni e 9 mesi di squalifica per doping. Da un buio pesante e da una vergogna profonda. Cercava un posto per Rio e nella vita. L’ha ritrovato. Primo nella 50 km del campionato del mondo di marcia a squadre in 3h 39”00, seconda miglior prestazione stagionale dell’anno.

     

    Da fantasma a protagonista. Da talento bruciato a ritrovato. Da esempio sbagliato a poster pulito e garantito. Gara dominata, con fuga dal venticinquesimo. «Me ne sono andato perché si girava troppo a strappi e io volevo un ritmo mio».

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    Stadio delle Terme di Caracalla in piedi: applausi, qualche lacrima, nessun fischio. Da reietto, da fidanzato disgraziato, ad eroe che si riscatta. Cambio di marcia. «La gente mi ha visto in faccia. E quando vedi uno sacrificarsi per 50 chilometri ti passa la voglia di offenderlo, c’è già la strada da fare che ci condanna e che è tanta». Il bouquet di fiori è per la madre, Marie Louise che alla partenza lo aveva visto «con gli occhi molto cattivi».

     

    La dichiarazione è di chi sta reimparando a rialzare la testa: «Quando non sei motivato, in questa gara soffri a fare fatica. E’ quello che era capitato a me. Ma ora soffrire mi piace, anzi mi sento privilegiato a poter concretizzare lo sforzo con un risultato.

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    E’ stata una gara bellissima. Una delle più belle che ho fatto. Non c’entrava la rivincita né la vendetta. Non me la dimenticherò ». Nemmeno noi. Per la vigilia di polemiche. «Questa storia delle critiche è stata un po’ ingrandita perché in squadra siamo stati benissimo, siamo un bel gruppo ed oggi il risultato si è visto. Non so se le polemiche finiranno. Io mi sono già scusato, ora quello che posso fare è andare bene nelle mie gare, poi tutti sono liberi di dire quello che vogliono». Confronti con altri non se ne possono fare.

     

    Le sue vene marce erano quelle di un campione olimpico, non di una schiappa. Alex ha ammesso la colpa: «Sono l’unico ad averlo fatto. In tanti parlano di radiazione per i dopati. Se ci fosse stata, tanti che sono arrivati davanti a me dopo il 2008 sarebbero stati squalificati e io a quel punto non mi sarei dopato».

     

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    Con Schwazer accelera tutta la marcia azzurra. Italia campione del mondo davanti a Ucraina e Spagna, quattro azzurri tra i primi dieci: quarto il romano Marco De Luca, «papino», con il primato personale (3h 44’47), quinto Teodorico Camporaso, ingegnere industriale che calcola bene la rimonta, ottavo Matteo Giupponi, esausto, ma arrivato. E bravi anche tutti quelli, invisibili, che in quattro mesi ha organizzato questo mondiale, su un percorso dove la storia ha già marciato con stile. Per Alfio Giomi, presidente della Fidal, «Schwazer ha dimostrato che nell’atletica si vince senza doparsi ma allenandosi bene».

     

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    Ma ora? A parte ubriacarsi un po’ con gli amici e con la nuova fidanzata, Katy, cosa farà Schwazer? Con Sandro Donati, il programma è quello di andare a gareggiare (20 km) in Spagna, a La Coruna. Poi per Rio si deciderà se doppiare 20 e 50 km. In Brasile gli avversari saranno di più, a Roma ne mancavano 6-7 da medaglia. Bisognerà anche vedere se la Russia, ancora squalificata, sarà riammessa.

     

    La sensazione è che i russi ci saranno, ma con il tacito accordo di non portare gli atleti più coinvolti, quindi i marciatori. Quattro anni fa la carriera di Schwazer sembrava morta per sempre. Ora tutti i campioni, da Korzeniowski a Brugnetti dicono che la sua prestazione parla chiarissimo. Gli ultimi 20 km in 1h 26’ e 30. Il padrone di casa è tornato. Senza più nausee.

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