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    IL FRUTTO NON CADE LONTANO DAL PERÒN - DOPO LA VITTORIA DI FERNANDEZ E DI CRISTINA KIRCHNER NON C'È STATA LA TEMUTA TEMPESTA SUI MERCATI E IL FONDO MONETARIO HA GIÀ SGANCIATO I MILIARDI PROMESSI. MA L'ECONOMIA BOCCHEGGIA: INFLAZIONE AL 60% E UN ARGENTINO SU TRE SOTTO LA SOGLIA DI POVERTÀ - È LA PEGGIORE CRISI DAL «CORRALITO» DEL 2001. E LA DOMANDA È: CHI GOVERNERÀ? IL PRESIDENTE O LA SUA INGOMBRANTE VICE?


     
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    1 - ARGENTINA, TORNA LO SPETTRO DEFAULT TRIONFO AMARO DEL PERONISTA FERNANDEZ

    Paolo Manzo per “il Giornale

     

    CRISTINA KIRCHNER CRISTINA KIRCHNER

    Torna il peronismo in Argentina ma i problemi sono quelli di sempre. Poco prima dell' incontro di ieri tra il neo presidente Alberto Fernández e l' uscente Mauricio Macri per il complicato passaggio di consegne tra i due del prossimo 10 dicembre, la Banca Centrale argentina (Bca) fissava infatti a 200 dollari il limite massimo mensile per i prelievi in valuta straniera.

     

    Partiamo da questo dato per capire che l' Argentina, dopo lo scontato ritorno al peronismo nella sua versione kirchnerista, da oggi deve affrontare lo spettro del default perché sommersa di debiti, con un unico creditore, il Fmi, che gli ha concesso un prestito record da 57 miliardi di dollari e un numero di riserve in valuta forte ridotto al lumicino. La Bca giustificava proprio con l' intento di «proteggere le riserve» l' introduzione del limite, ridottissimo se si pensa che nel Paese il costo della vita è poco inferiore all' italiano e lo stipendio pro capite medio è pari a 200 euro.

     

    CRISTINA KIRCHNER ALBERTO FERNANDEZ CRISTINA KIRCHNER ALBERTO FERNANDEZ

    Peccato solo che se il cambio ufficiale ieri ha reagito bene alla vittoria di Fernández e la sua vice Cristina Kirchner, mantenendosi intorno ai 60 pesos per dollaro, si scatenavano quasi in sincronia in centro di Buenos Aires, gli «arboritos», i cambiavalute illegali. Era da quattro anni che non si sentivano gridare con così tanto ardore «cambio, cambio, cambio!».

     

    Ma soprattutto con una quotazione che superava i 75 pesos per dollaro, giusto per far capire a tutti, turisti compresi, che il limite dei 200 dollari era solo un «pro forma», proprio come nel 2015, quando Cristina sforava l' 8% nel rapporto deficit-Pil per mantenersi al potere sussidiando luce, gas e quando il suo governo fissava i prezzi «giusti» di carne e verdure come a Caracas e il cambio ufficiale con il dollaro Usa era la metà del «blue» (così gli argentini chiamano il cambio nero).

     

    Le prossime settimane saranno decisive per capire che fine farà l' Argentina ma, a detta degli economisti Aldo Abram, Javier Milei e Domingo Cavallo, il rischio maggiore è l' iperinflazione.

     

    alberto fernandez cristina kirchner alberto fernandez cristina kirchner

    Non una novità se si pensa che Raúl Alfonsín, il primo presidente del dopo dittatura, fu costretto a lasciare il potere al peronista Menem con 6 mesi d' anticipo per i prezzi fuori controllo. Del resto, se dovesse arrivare «incolume» al 10 dicembre, per Macri sarebbe già comunque un record. Dal ritorno della democrazia nel 1983, sarebbe il primo non peronista a «riuscire nell' impresa». Oltre ad Alfonsín, Fernando de la Rúa fu costretto a fuggire in elicottero dalla Casa Rosada per evitare la folla imbufalita a fine 2001.

    Cristina, in partenza per Cuba e ormai «sepolti dalla vittoria» i 5 processi che la vedono imputata, ieri era la più felice di tutti, persino di Alberto.

     

     

    2 - LA SECONDA VITA DI CRISTINA KIRCHNER UNA "PRESIDENTA" COSTRETTA A FARE LA GREGARIA

    Filippo Femia per “la Stampa

     

    Il tanto temuto terremoto sui mercati non c' è stato. Anche il tonfo del Peso è stato scongiurato. Il day after delle elezioni in Argentina, che hanno visto il ritorno al potere del peronismo, è trascorso senza contraccolpi. Merito della stretta di mano tra Mauricio Macri, il presidente in carica uscito sconfitto dalle urne (48,1%), e il suo successore Alberto Fernandez (40,4%). Si sono incontrati ieri a Buenos Aires all' ora di colazione per sancire una «transizione ordinata», senza strappi, che per il momento ha rassicurato i mercati. Il Peso ha guadagnato terreno dopo la misura del governo contro la fuga di capitali, che fissa a 200 il tetto mensile di dollari acquistabili per ogni persona. Il Fondo monetario, che ha già recapitato 44 dei 58 miliardi previsti da un piano triennale di aiuti, si è detto «impaziente» di lavorare con la nuova amministrazione.

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    Ma l' insediamento del nuovo governo, il 10 dicembre, è ancora lontano. E l' economia boccheggia: l' inflazione sfiora il 60% e un argentino su tre vive sotto la soglia di povertà. È la peggiore crisi dal «corralito» del 2001. La più grande incognita all' orizzonte, però, riguarda gli equilibri interni al peronismo. La strana coppia Alberto Fernandez-Cristina Kirchner ha superato senza problemi il 45%, che assicura la vittoria dribblando il ballottaggio. Ora bisogna capire chi governerà: il presidente o la sua ingombrante vice, alla guida del Paese dal 2007 al 2015?

     

    A chi glielo domandava prima del voto, Alberto Fernandez rispondeva a muso duro: «Sarò io il presidente». Ma i dubbi sono legittimi conoscendo l' ex «presidenta», restia a digerire ruoli da gregaria. Durante la campagna elettorale ha fatto un passo indietro che si è rivelato decisivo: sapeva di suscitare un rifiuto quasi viscerale tra migliaia di argentini che non le perdonano l' autoritarismo e i casi di corruzione (ha 13 cause in corso, solo l' immunità parlamentare le ha evitato di finire sul banco degli imputati).

    alberto fernandez cristina kirchner alberto fernandez cristina kirchner

    I detrattori di Alberto Fernandez sostengono che a prendere le decisioni non sarà lui. E citano, come prova, l' episodio di Mar del Plata, quando dopo la chiusura della campagna ha ceduto a Cristina la suite presidenziale dell' hotel.

     

    «Per la prima volta nella storia argentina c' è un vice presidente così potente. Ma nel regime presidenziale il capo del governo ha un potere amplissimo: può prendere decisioni da solo per decreto o stoppare altre iniziative con il veto», spiega Facundo Cruz, politologo e coordinatore accademico della Universidad argentina de la empresa. Bisogna poi considerare che il capitale politico arriva da Cristina Kirchner, più che dal presidente in pectore.

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    «È ipotizzabile che ci sarà un confronto continuo, con momenti di tensione. Ne capiremo qualcosa di più quanto conosceremo i nomi del nuovo gabinetto», aggiunge Cruz.

    Gli scontri tra Alberto e Cristina, d' altronde, fanno parte del recente passato. Nel 2009 il 60enne avvocato si dimise da capo di gabinetto proprio di Cristina Kirchner per divergenze sulle visioni economiche.

     

    Fu la scintilla per uno scontro fatto di critiche feroci. Lo strappo è stato poi ricucito con l' annuncio a sorpresa di Cristina Kirchner del ticket con Alberto Fernandez in veste di vice. «La cosa più probabile è che governeranno entrambi - dice Loris Zanatta, storico dell' America Latina all' università di Bologna - Una cosa non inedita nel peronismo, diviso tra un' anima pragmatica, oggi incarnata da Alberto Fernandez, e una più ideologica, quella di Cristina Kirchner. Ma una volta al potere, potrebbero scatenarsi scontri intestini fatali».

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