Maurizio Belpietro per “la Verità”
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Ieri è finalmente arrivato il decreto Genova, per la ricostruzione del viadotto crollato. Per contro non sono ancora giunte le dimissioni di Giovanni Castellucci, cioè del numero uno della società Autostrade. Che l' amministratore delegato della concessionaria a cui era affidato il ponte Morandi dovesse fare le valigie lo scrivemmo fin da subito, cioè da quando il gran capo dell' azienda controllata dai Benetton si presentò nella città ligure evitando di offrire le proprie scuse alle famiglie delle vittime del disastro, preferendo mettere sul tavolo di una conferenza stampa organizzata solo quattro giorni dopo il crollo un pacco di milioni, quasi che bastasse pagare per rimettere la coscienza e le cose a posto, cancellando 43 morti.
GIOVANNI CASTELLUCCI
Che l'uomo a capo di Autostrade non sentisse l'esigenza di farsi da parte di fronte alla strage, ma solo di offrire un risarcimento a chi aveva perso i propri familiari o la casa, ci sembrò un autentico atto di arroganza. Lasciare, per il manager, non avrebbe rappresentato un'ammissione di colpa, come forse suggerirono gli avvocati e gli uomini delle pubbliche relazioni, ma solo un gesto di responsabilità e di sensibilità.
Ma così non fu, perché né Castellucci né i Benetton sentirono all'epoca il bisogno di questo passo. Anzi, invece di farsi da parte, si spinsero sulla scena, reclamando il diritto a occuparsi della ricostruzione del ponte, come se non esistessero sospetti sui vertici di Autostrade di non avere adeguatamente vigilato e garantito la sicurezza del ponte.
GIOVANNI CASTELLUCCI E FABIO CERCHIAI
Se però, a pochi giorni dal collasso del viadotto, le dimissioni erano da noi ritenute una scelta opportuna, anche per sgombrare il campo dalle polemiche causate dal cinismo di un comunicato aziendale diffuso a poche ore dal crollo, dopo la presentazione delle conclusioni della commissione ministeriale d' inchiesta le valigie sono un obbligo. La relazione dei tecnici nominati da Danilo Toninelli, infatti, descrive una serie di comportamenti negligenti attribuibili alla concessionaria, segnalando la pochezza degli investimenti per la manutenzione della struttura collassata.
GIOVANNI CASTELLUCCI E FABIO CERCHIAI
A fronte dei milioni spesi dallo Stato quando Autostrade era di proprietà pubblica, si è infatti passati a poche decine di migliaia di euro investiti dal nuovo gestore. Un taglio verticale delle spese di manutenzione, che certamente ha fatto lievitare l' utile dell' azienda, garantendo miliardi agli azionisti, ma ha fatto precipitare anche la garanzia di sicurezza. I commissari hanno calcolato che dal 1994 a oggi, su 100 euro investiti, solo 2 siano stati a carico della nuova proprietà, cioè di Benetton e soci: gli altri sono stati pagati dalla mano pubblica.
Già questo, naturalmente, dovrebbe bastare per indurre chiunque a trarne le conseguenze, soprattutto se a fronte dell'esiguità delle spese d' investimento si sono incassati milioni di stipendio.
Secondo Milena Gabanelli, che lo ha scritto ieri sul Corriere della Sera, Castellucci ogni anno veniva remunerato dagli azionisti per i brillanti risultati conseguiti sotto la sua gestione con un assegno di 5 milioni di euro, ovvero 400.000 euro al mese, quasi 18 volte ciò che, secondo i commissari ministeriali, Autostrade investiva in media ogni anno per la sicurezza del ponte Morandi.
GIOVANNI CASTELLUCCI E FABIO CERCHIAI
Spese basse, salari alti, ma solo per il gran capo, che - secondo le stime dell'ex conduttrice di Report - dal 2006 a oggi si è portato a casa 40 milioni di euro. Castellucci, insomma, ha guadagnato una montagna di soldi, giustificata certo dal fatto che a lui sono delegate le decisioni più importanti, in virtù di un ampio mandato.
Chi guida una società, ovviamente, fa bene a rivendicare i meriti di un buon andamento aziendale, facendosi adeguatamente retribuire per le responsabilità assunte. Ma dovrebbe assumersi anche le responsabilità nel caso in cui le cose andassero male: per lo meno le responsabilità morali.
GIOVANNI CASTELLUCCI
Forse, però, esiste una spiegazione per le mancate dimissioni dell'amministratore delegato. Milena Gabanelli, infatti, ieri ha svelato l' esistenza di un patto che in caso di rimozione, o anche solo di riduzione dei poteri o degli emolumenti fissi o variabili, consentirebbe a Castellucci di ottenere una buonuscita di 11 milioni. Insomma, se il manager fosse messo nelle condizioni di andarsene, avrebbe diritto a una liquidazione stellare. Una clausola che dimostra una cosa, e cioè che Autostrade ha sì i caselli, ma per qualcuno in realtà sono un bancomat.