Estratto dell’articolo di Val. Val. per il Foglio
arturo scotto
L’equivoco è ciò che sta al fondo della tensione: “Che discutere alla pari con Washington sia un voler uscire dalla Nato, che il pacifismo sia una forma di filoputinismo”. Insomma la svolta che in parecchi temono, il paventato abbandono della linea della fermezza di Enrico Letta sull’Ucraina, Arturo Scotto sembra quasi suggerirla: “Non chiedo svolte repentine. Chiedo che il nostro punto di vista, quello di chi predica le ragioni di un’iniziativa diplomatica, possa avere cittadinanza nel dibattito interno al Pd, che attraversi la carne viva del partito come attraversa già l’opinione pubblica”.
Parla con la nettezza di chi non nasconde le sue convinzioni: quando, a fine gennaio, si rinnovò il sostegno militare all’Ucraina per il 2023, il coordinatore di Articolo Uno, eletto alla Camera nelle liste dem e sostenitore di Elly Schlein al congresso, votò contro. “Non ho cambiato idea”, spiega. “Credo sia necessario aiutare Kyiv a resistere all’invasione, non credo si debba sostenere questa escalation militare che sta trasformando una guerra di resistenza in una guerra di attrito”. Eppure per tanti esponenti del Pd quella dell’invio di armi a Zelensky è una linea rossa. “Non esistono linee rosse. Esiste la politica. Mettere al bando preventivo delle idee, pretendere che a un anno dalla guerra non si possa aprire una riflessione, sarebbe miope”. Tanto più, prosegue Scotto, che Schlein “ha detto parole molto chiare.
elly schlein oggi e un altro giorno
Occorre scommettere sul negoziato.
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E se si arrivasse a un voto in Parlamento sul tema, cosa dovrebbe fare il nuovo Pd di Schlein?
“Contribuire a elaborare una posizione nuova che metta al primo piano le ragioni del negoziato. Fedeli, peraltro, alla nostra storia. Anche nelle fasi più drammatiche della Guerra fredda, l’Italia riusciva a muoversi negli interstizi dell’alleanza per costruire le ragioni del dialogo. Ed era l’Italia democristiana: qualcuno riteneva Andreotti poco atlantista?”.
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