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    E ALLA FINE HA VINTO SALVINI (ANCHE STAVOLTA) – DOPO UNA GIORNATA TESISSIMA DI MAIO È STATO COSTRETTO A CEDERE E A FAR PASSARE IL CONDONO (PARDON, LA "PACE FISCALE") – IL LEGHISTA OTTIENE PURE QUOTA 100 A PARTIRE DA FEBBRAIO, MENTRE IL M5S PORTA A CASA IL TAGLIO ALLE PENSIONI D’ORO INSERITO NELLA MANOVRA. MA NON È CHIARO QUALE SARÀ LA SOGLIA MINIMA – LA PARTITA VERA SI GIOCA DA DOMANI, CON LE AGENZIE DI RATING PRONTE A DECLASSARE I TITOLI DI STATO ITALIANI E BRUXELLES CHE DOVRÀ VALUTARE LA LEGGE DI BILANCIO…


     
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    Enrico Marro e Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”

    di maio conte salvini di maio conte salvini

     

    Una giornata tesissima, con Matteo Salvini che in mattinata da Monza ricorda energicamente «agli amici 5 Stelle» l' esistenza di un contratto di governo. E Luigi Di Maio che, irritato dalle pressioni leghiste, decide di disertare gli incontri preliminari.

     

    Solo nel tardo pomeriggio, nell' incontro decisivo alla presenza del premier, la situazione si sblocca. E come nella più classica delle trattative, ognuna delle due parti concede qualcosa. I 5 Stelle accettano di includere nella pace fiscale anche chi non ha dichiarato tutto (evasori, sia pure parziali), sia pure con molti limiti.

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    E mentre Salvini ottiene la partenza della riforma Fornero «a febbraio», i 5 Stelle portano a casa i tagli alle pensioni d' oro, inserite nella legge di Bilancio, in modo che siano approvati entro il 31 dicembre. Ma alla fine il cedimento più grosso è di Di Maio, che aveva giurato e rigiurato che non ci sarebbe stato un condono per gli evasori e che invece accetta di includere nella pace fiscale pure una sanatoria per chi non dichiara una quota di «nero». Anche per questo in serata il vicepremier M5S calca la mano sul tema, annunciando «la galera» per chi evade. Ma se la quadra interna si è trovata, la vera partita si giocherà da domani.

     

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    Con i mercati, che valuteranno le misure. Con le agenzie di rating, che dovranno decidere se abbassare il nostro livello di affidabilità nei tassi di interesse. E con Bruxelles che dovrà valutare entro 15 giorni il dispaccio con il Draft Budgetary Plan, partito ieri. E a quel punto, con le carte in tavola, si combatterà la battaglia finale.

     

    Nel frattempo, comincia la consueta guerra di propaganda interna dei due movimenti, che rivendicano i successi ottenuti e si contendono la «vittoria». Da giorni si combatte sul fronte del decreto fiscale. Il sottosegretario Armando Siri aveva chiarito al Corriere la posizione della Lega, parlando di «equivoci».

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    Nel senso che il Carroccio, a suo dire, non voleva premiare gli evasori. I 5 Stelle, invece, avevano capito proprio questo e di fronte all' elettorato rischiava di essere un boomerang importante. Per questa ragione, alle parole di Salvini di ieri mattina, «fonti» del Movimento chiarivano perentorie: «Aiutare i cittadini che sono in difficoltà nelle grinfie di Equitalia è nel contratto. La pace fiscale intesa come misura che strizza l' occhio ai grandi evasori e ai capitali occulti non è nel contratto».

     

    Vero, in effetti. Nel capitolo 11 del contratto, alla voce Fisco, non si parlava di nero e si precisava: «Esclusa ogni finalità condonistica». Alla fine la Lega la spunta, anche se i 5 Stelle rivendicano di aver limitato i danni: «È una misura talmente annacquata e con così tanti limiti - spiegano nel Movimento - che avrà scarsa applicazione. Non solo: già prima si poteva dichiarare il nero, noi l' abbiamo abbassato a 100 mila euro». Sta di fatto che prima, in caso di nero, si pagavano tasse sul capitale e interessi, con sanzioni.

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    Ora no. I 5 Stelle si devono accontentare di una sorta di «sterilizzazione» del condono e dell' annuncio di un inasprimento delle pene per i grandi evasori. Oltre che del «decreto taglia scartoffie», fortemente voluto da Di Maio.

     

    La Lega può rivendicare anche una misura utile a confortare il suo elettorato, sulla scia delle battaglie salviniane: ci saranno tagli per oltre 1 miliardo e 300 milioni di euro per il triennio, di cui oltre 500 milioni a partire dal 2019, dai fondi destinati agli immigrati. Un colpo che arriva dopo la reazione forte, seppure tardiva, di Roberto Fico, che chiede le «scuse» per la vicenda dell' esclusione di fatto dei bimbi stranieri dalla mensa scolastica, decisa dalla sindaca leghista di Lodi. Parole sgradite ai vertici del Carroccio, quelle di Fico, che però replicano con le cifre della manovra.

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    I 5 Stelle avrebbero voluto introdurre nel decreto fiscale anche i tagli alle pensioni d' oro. Ma i leghisti hanno detto no. Il compromesso è stato trovato spostando la misura nella manovra e rivedendo il meccanismo di taglio previsto dal disegno di legge D' Uva-Molinari. Non è ancora chiaro se i tagli colpiranno le pensioni superiori a 4.500 euro netti al mese o se la soglia sia stata abbassata. Se così non fosse resta comunque questo l' obiettivo del Movimento da raggiungere in Parlamento, correggendo la manovra.

     

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    Ora la questione esce da Palazzo Chigi. Il primo appuntamento è per domani, quando il premier Conte partirà per Bruxelles, dove parteciperà al Consiglio Europeo e all' Euro Summit, pronto a difendere la manovra.

     

    Il giorno successivo, il commissario Ue Pierre Moscovici sarà a Roma per incontrare il ministro Giovanni Tria. Sullo sfondo, ma non troppo, la determinazione del premier olandese Mark Rutte, che ha intenzione di portare la questione del deficit italiano all' attenzione di tutti, per mettere l' Italia «di fronte alle sue responsabilità e ai suoi impegni».

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