Siamo TUTTI in quella corsa verso la Curva Sud ??#ASRoma pic.twitter.com/xN4Kv3y7V0
— AS Roma (@OfficialASRoma) September 13, 2021
Giancarlo Dotto per il Corriere dello Sport
mourinho
La corsa folle di un uomo ubriaco di gioia dalla maglia color vinaccia. È lui. Josè Mourinho alle soglie e anche oltre dell’infarto, in versione Carletto Mazzone. Partita mostruosa fino all’ultimo secondo, insostenibile anche per chi deve scriverla e riscriverla e poi riscriverla ancora, in presa diretta.
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Traboccante di tutto, di troppo. Pali, occasioni, brividi, gol azzerati per un mignolo, un’unghia, un ciglio. Emozioni contorte, a tutto campo, da una porta all’altra. Il tutto nella sabbia immonda di un Olimpico non degno di sé e soprattutto non degno di questa partita. Doveva essere ed è stata per la Roma la festa delle mille panchine. La sera in cui si doveva prendere tutto il vantaggio possibile dai passi falsi di Inter, Atalanta e Juventus e lo è stato.
MAZZONE 4
Tre punti arrivati alla fine non di una partita ma di una pazzia, tra il calvario e l’orgia. Alla fine è stata orgia. Mucchio selvaggio all’Olimpico. Felicità pura. Bello che sia stato lui il Faraone più romano di ogni tempo a distillare in questa tempesta balorda di concitazioni la perla giusta.
Dopo tanto sciupio immane da una parte e dall’altra, un ottovolante per cuori forti. Uno per tutti, quel numero a venti minuti dalla fine di Pellegrini che manda in bambola l’intero Sassuolo e, quando sei a un pelo dal far precipitare l’Olimpico in un abisso di felicità, l’errore a porta spalancata. Dove non arriva Lorenzo arriva l’amico Stephan. Bello anche questo.
Il Sassuolo è squadra vera. Farà male a molte squadre titolate del campionato. Mastica, si capisce, calcio cartesiano ancora sulla larga impronta di De Zerbi rimodellata e verticalizzata da Dionisi, con gli agguati di valori assoluti come Berardi, Boga, Raspadori, Traorè e ora anche Scamacca, sedicenne fuggiasco a Trigoria quando era già chiaro che quel fisico sovrastante si combinava a tanto talento. È lui a infliggere l’ultima coltellata al manto giallorosso in calore a pochi secondi dalla fine, cancellata dal benedettissimo Var.
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Sospirata, sofferta, fino in fondo. Roma felice di stare lassù con Napoli e Milan. Tre partite, nove punti, mille panchine. Numeri che cantano. Festa sì, se contano e cantano i punti, dopo tanto patema. Prima la bellezza dello schema. E poi la bellezza di El Shaarawy.
Il gol di Bryan ha almeno cinque autori espliciti e impliciti. Tammy, Pellegrini, lo stesso Cristante, Mourinho e i suoi tattici. Quello dell’egizio va con le note di Domenico Modugno, mille panchine suonate dal vento e dunque volare oh oh, nel cielo infinito, mentre il mondo spariva lontano laggiù.
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La sera di Mou. Mille panchine, un’enormità. Pezzi di vita lasciati su ogni campo. “La partita più importante della mia storia” si era lasciato dire Josè, alla fine stremato e bambino come mai. Tanto per mettere più pressione su di sé e la sua banda, perché così funziona da sempre Mou: devono battere forte le sue tempie per dare il meglio. Per il resto, la sua armata rossa, non nella sua migliore serata, ma devota e fedele, ha risposto. Il regalo più grande.
CARLETTO MAZZONE AMEDEO CARBONI
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