Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia
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Succede questo in un sabato molto diluviato da nord a sud. Tra Torino e Palermo. Che alla nuova Juventus bastano e avanzano trenta minuti circa di grandissimo calcio in pantofole e piumino per spolpare un Sassuolino molto pollicino, arrivato allo Stadium come squadra rivelazione e ripartito due ore dopo totale disintegrazione. Sono stati tre, ma potevano essere otto. Si diventa leziosi quando non si è abbastanza carnefici. O quando non c’è motivo di esserlo.
Succede anche che il Napoli fa il suo maramaldo a Palermo, contro una squadra già massacrata dal suo funambolico presidente. Primo tempo così così, poi i soliti, Hamsik e Josè Maria Callejon, che sembrano essersi equamente distribuiti la missione di compensare l’immane vuoto del Gonzalo Panza.
Quanto basta per restare aggrappati finche possono a una manica del tornado Juve. E aspettando l’eventuale Roma, che però sembra minore per obiettiva deficienza d’organico e suicidi ambientale d’ogni tipo. Juventus. Tre giornate, nove punti e un paio di sentenze già definitive. La prima.
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Che le cessioni cosiddette “dolorose”, Pogba, Morata e Zaza quest’anno, Tevez e Vidal in passato, non solo non indeboliscono la squadra, ma diventano opportunità di crescita. Affari economici e tecnici. Fuori Tevez, dentro Dybala, giocatore sublime sempre, in qualunque zolla del campo. Fuori Morata e Zaza, dentro Higuain (due gol in meno di dieci minuti).
Fuori Pogba, dentro Pjanic e via libera a Lemina, meno abbagliante del cammellone stravenduto al Manchester, ma tutta sostanza e piede più che buono. Aggiungi Dani Alves e Benatia. Due che portano in dote non solo talento a secchi, ma anche quella palpabile prepotenza di chi è passato almeno una volta nella vita nei grandi teatri calcistici del mondo, Barcellona e Bayern in questo caso.
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Ora sono due le cose. Sei tifoso Juve e ti dai allo sfrenato godimento, strainfischiandotene della miseria che ti si agita intorno, o sei tifoso di qualsiasi altra cosa e devi registrare lo squallore di un campiomorto che dopo tre giornate ha già assegnato i suoi principali verdetti. Il colpo di grazia, direi, per un sistema che già collassa in ogni sua parte, a cominciare e finire da stadi desertificati.
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Squadra costruita per vincere in Europa, quella bianconera, ben sapendo che l’Europa sarà, da qui a due anni, l’unico scenario calcistico che conta. E la serie A un mediocre cortiletto dove fare utile palestra, senza sporcarsi troppo lo scarpino. Il futuro è già adesso, vogliamo dirlo?
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