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    DOTTO INTERVISTA L’IMMUNOLOGO LE FOCHE: “LA SECONDA ONDATA È IMPROBABILE. SAPPIAMO COME E DOVE INTERVENIRE. NON ENTRO NELLE DINAMICHE POLITICHE, MA NON PARLEREI PIÙ DI EMERGENZA. OLTRE ALL’ANGOSCIA SUPERFLUA E AI DANNI ECONOMICI BEN NOTI, IL CONCETTO POTREBBE CAUSARE SQUILIBRI ORGANIZZATIVI NELLA GESTIONE” – “IL PROIBIZIONISMO NON RISOLVE, È INUTILE DIRE AI GIOVANI NON FATE QUESTO O QUEST’ALTRO” – “C’È QUESTA TERAPIA INNOVATIVA BASATA SUGLI ANTICORPI MONOCLONALI. SPERIAMO DI AVERLA PRONTA PER FINE ANNO. INTANTO, LE REGOLE DA SEGUIRE SONO…”


     
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    Giancarlo Dotto per Dagospia

     

    giancarlo dotto giancarlo dotto

    Noi e il virus. Lo stato delle cose a distanza di cinque mesi e l’autunno alle porte. Tra negazionisti che organizzano convegni libera tutti e catastrofisti ridotti a larve umane che non mettono il naso fuori di casa nemmeno sotto tortura, tra baccanali a gole spiegate nei locali e nelle piazze e lugubri famiglie in burka sotto l’ombrellone a quaranta gradi senza nemmeno l’alibi di un Islam, il caos regna sovrano.

     

    Nel frattempo, il virus ha scavato una comoda tana nelle nostre teste. Negato o conclamato, fa parte delle nostre vite e del nostro lessico familiare. La mascherina è diventata l’equivalente del preservativo al tempo dell’aids, amarsi con giudizio, abbracciarsi non se ne parla.

     

    francesco le foche francesco le foche

    Se non accenna a spegnersi la faida pubblica tra gli scienziati più telegenici schierati nelle opposte fazioni, cresce invisibile ma palpabile l’ostilità tra quelle “merde” dei potenziali untori e i “bigottoni” della mascherina a oltranza. In mezzo, tra i due estremi, la sclerosi del cervello, lo smarrimento del gregge. Soldatini disciplinati, e chissà che non sia un bene. Non sapendo articolare un pensiero proprio, assumono il non pensiero degli altri.  

     

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    Emergenza sì, emergenza no, la domanda oggi è: che sarà verosimilmente da qui a due mesi, con la riapertura delle scuole? Che sarà dei contagi, del vaccino, delle terapie? Per chi come me crede alla necessità di un depotenziamento intanto linguistico del virus, ancora minaccioso o no, alterato o meno, ma da riportare in un più rassicurante circuito della parola (lo si è fatto per la morte, per il cancro, per la peste, la tubercolosi e tutte le disfatte umane), il confronto più interessante è con il professor Francesco Le Foche, immuno-infettivologo, che da mesi ha letto con lucidità prima lo scatenamento e poi l’andamento di questo ancora indecifrabile coronavirus, con un approccio equilibrato e interdisciplinare.

     

    francesco le foche a domenica in francesco le foche a domenica in

    Da una nostra intervista di due mesi fa: “La pandemia termina quando la coscienza sociale delle persone si ribella e inizia la fase della convivenza con il virus”. Sta avvenendo questo?

    “Al contrario, registro qualche passo indietro. Citando le parole del tuo amico Carmelo Bene che ho ascoltato recentemente in radio: “La società è disfatta da tanti eventi, il più tragico è l’anestesia conseguente un consumismo barbaro che sposta l’erotismo dalle traiettorie della vita alla natura morta degli oggetti”.

     

    ITALIA Coronavirus ITALIA Coronavirus

    Traducibile ai tempi d’oggi?

    “Questo stato conclamato di virus, cinque mesi ormai, ha drasticamente ridotto le capacità cognitiviste delle persone”.

     

    Vale a dire?

    “Tucidide diceva che la pandemia lascia un’umanità smarrita. Stiamo attualmente al centro di un ponte tibetano. Una specie di limbo. In una sponda c’è l’estate in cui ci abbandoniamo a rubare tutto il godimento possibile, perché dall’altra sponda incombe la catastrofe, il terrore dell’autunno, della seconda ondata”.

     

    Sembra l’orchestra del “Titanic” prima del naufragio. Dove sta l’inganno?

    “L’inganno è totale in entrambe le sponde. La verità è che non abbiamo ancora interpretato cosa significhi il convivere con il virus”.

     

    Conte Speranza Conte Speranza

    Proviamo a ribadirlo.

    “Significa prenderne atto e adeguarci con tutta la flessibilità che ci è data dall’esperienza di questi mesi e dagli strumenti individuati. Sistemare le piccole barriere indispensabili in modo che la vita continui, forse meglio di prima, liberandoci del superfluo e salvando quello che va salvato”.

     

    La tendenza nella gente è seppellire se stessa e l’incubo nell’osservanza passiva delle regole. Una collettività, la nostra, che conferma la sua predisposizione a subire nell’emergenza gli atti del potere?

    “Leggo il tema su due livelli: il primo è quello di una normalità politica che potrebbe appiattire la società. Il secondo è quello di una società che si adegua e riduce al minimo le reazioni e il confronto”.

     

    L’”emergenza” interminabile. Non sarà il caso di depotenziare anche linguisticamente questo virus?

    ponza assembramenti ponza assembramenti

    “Non entro nelle dinamiche politiche, ma non parlerei più di emergenza. Quanto di un modo diverso di affrontare la situazione. Oltre all’angoscia superflua e ai danni economici ben noti, il concetto di “emergenza” potrebbe causare squilibri organizzativi nella gestione. Un tema di grande attualità”.

     

    Continua la restrizione delle libertà personali.

    “Inutile dire ai giovani non fate questo o quest’altro. Il proibizionismo non risolve, esaspera anzi la tentazione malsana. È mancata una spiegazione comprensibile, chiara ed empatica nei confronti dei giovani e delle persone più semplici. Una comunicazione che arrivi al cuore e che, ancora prima d’informare, dica: “io sono con voi, sono dalla vostra parte”.

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    La pandemia ci consegna un’umanità migliore o peggiore?

    “Dal ponte tibetano dobbiamo lasciar cadere il peggio di noi. Parlo di un sistema costruito su valori fittizi. Tanto fittizi che è bastato l’insulto di un virus a metterlo a nudo, demolendo le certezze acquisite. Persone brillantissime ora distrutte, forti di uno status sociale dato dall’economia e franato da un giorno all’altro. È bastato niente, perché è un sistema che si regge su un equivoco che è peggio di niente”.

     

    Un gigante poggiato sull’argilla.

    coronavirus lombardia coronavirus lombardia

    “Dobbiamo tornare a un sistema più equilibrato, nel rispetto dell’ambiente. Tornare indietro per andare avanti. La globalizzazione dei valori economici non basati sull’etica è l’antefatto della catastrofe. Sulla pandemia in corso, le autorità preposte hanno forse sbagliato l’interpretazione”.

     

    È un caso che i Paesi a cultura umanistica dove la centralità della vita è un valore abbiano dato una risposta più efficace?

    i migranti arrivano a lampedusa nonostante il coronavirus i migranti arrivano a lampedusa nonostante il coronavirus

    “Non è un caso. Sono significative, all’opposto, le crisi acute di Stati Uniti e Brasile. Detto questo, la difesa a oltranza del valore della vita non deve diventare un limite, al punto che per salvare la vita in astratto uccidiamo la vita stessa nel concreto di tutti i giorni. Intendo questo quando parlo di accettare il ragionevole rischio di convivere con il virus”.

     

    Penso all’uso del Var nel calcio. L’applicazione estrema della virtù nel calcio uccide il calcio stesso. Lo paralizza, lo sfinisce.   

    “Analogia perfetta. Il cristallizzarsi nel non fare equivale alla non vita, al non gioco”.

     

    Facciamo chiarezza su questa storia del virus a due marce, aggressivo a certe latitudini, debole in altre.

    coronavirus coronavirus

    “Il virus ha solo una marcia. La differenza sta nella strategia di come è stato trattato. Torniamo alla priorità dei valori. Il metodo Trump e Bolsonaro non ha pagato. Senza uno stop significativo, questo virus si riattiva rapido passando di genoma in genoma. La mascherina è già di per sé un blocco importante”.

     

    Drastico, traumatico, ma necessario a suo tempo il lockdown?

    “Decisamente. Il Mike Tyson che torna oggi sul ring ha più o meno lo stesso sembiante. Lo rispettiamo sempre il suo pugno, ma ora sappiamo bene che possiamo contrastarlo”. 

     

    Indebolimento del nemico. Clausure, blocchi, mascherine. Di questi tempi da noi anche la temperatura?

    FRANCESCO LE FOCHE MARA VENIER FRANCESCO LE FOCHE MARA VENIER

    “Tantissime ore di luce più della temperatura. I raggi ultravioletti che uccidono il virus. Noi abbiamo la condizione climatica migliore. In altri paesi c’è luce, ma per meno tempo o filtrata dalle nubi dei monsoni”.

     

    Motivi per essere ottimisti?

    “Tanti. Noi abbiamo oggi gli strumenti e i ragionamenti giusti per convivere con il virus. Dobbiamo metterli a disposizione della società”.

     

    “Vaccini e terapie. Il punto.

    “C’è questa terapia estremamente innovativa e molto promettente basata sugli anticorpi monoclonali. Funziona, è assolutamente innocua e non dà tossicità. Si applica nella fase acuta della malattia e uccide il virus nel giro di poche ore. Speriamo ragionevolmente di averla pronta per fine anno”.

     

    Nel dettaglio?

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    “Si lavora su circa cento anticorpi monoclonali, tre di questi hanno un idiotipo molto forte che aggredisce il virus. Sono anticorpi selezionati dalle persone che hanno avuto la malattia, si riproducono in laboratorio e restano in circolo per qualche mese”.

     

    Una terapia che si comporta come un vaccino?

    “Esattamente. La differenza è che, per quanto sia stata enormemente accelerata la ricerca, il vaccino sarà pronto a fine anno ma disponibile non prima dell’estate prossima. Stiamo parlando di un virus dalle origini oscure e dalle dinamiche complesse, ancora tutte da indagare”.

     

    coronavirus lombardia coronavirus lombardia

    Possiamo dirci fiduciosi, non sono tempi biblici.

    “Giusto. C’è poi, oltre al vaccino e alla terapia, l’immunità adattiva di specie, che si produce naturalmente. Linfociti che aggrediscono il virus. In Lombardia, duramente colpita dal Sars Cov 2, l’immunità adattiva avrà un ruolo fondamentale con l’attivarsi della memoria immunologica”. 

     

    Immunità di specie e non individuale.

    “Dobbiamo cominciare a pensarci come specie, non come individuo. Dobbiamo privilegiare il bene collettivo. Se entro in un posto con cento persone e non metto la mascherina,  non sto proteggendo la specie. Il peggio è che parliamo tanto di mondo globalizzato ma, in tempi di pandemia, non siamo stati capaci di una strategia uniforme. Abbiamo proceduto tra mille divisioni”.

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    Raccomandabile il vaccino per l’influenza?

    “Da fare assolutamente a inizio autunno. Fondamentale per una diagnosi differenziale immediata. Identificare la natura di una febbriciattola di un bambino, senza che si paralizzi tutto. Seconda ragione, per evitare che l’assommare delle due patologie provochi danni peggiori”.

     

    A proposito di bambini, a settembre riaprono le scuole.

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    “Non sarà semplice. Anche qui dovremo metabolizzare con intelligenza e flessibilità. Io sarei per una riapertura quasi normale. Le scuole sono da sempre naturali ambienti di contagio, gli eventuali casi devono esser gestiti con freddezza, senza scivolamenti emotivi, puntando a un equilibrio organizzativo”.

     

    In concreto?

    “Sono fiducioso in un impatto tranquillo. I recettori dei bambini stanno nella parte alta, tendenzialmente non ammalano. Per il primo mese prudenza nell’evitare il contatto diretto con i nonni che, in Italia, svolgono funzioni vitali con i nipoti, li intrattengono e li accompagnano a scuola”.

     

    FRANCESCO LE FOCHE FRANCESCO LE FOCHE

    C’è preoccupazione per i nuovi focolai che si accendono.

    “Dopo l’epidemia in Cina, la pandemia nel mondo, noi viviamo oggi la fase endemica. Il virus persiste in territori circoscritti. Focolai sparsi, cluster che si accendono qua e là. Dovremmo essere bravi a prevenirli, ancora prima che a trattarli”.

     

    Come si fa?

    “Individuando e attenzionando le parti fragili del territorio, là dove dormono in cinque in una stanza, sapendo che il contagio è più notturno che diurno. E poi regolamentare e valutare gli afflussi degli immigrati. Stabilire chi può entrare, chi deve stare in quarantena e chi no”.

     

    Tema subito strumentalizzato nella polemica pro e contro immigrati.

    coronavirus controlli alla stazione termini 6 coronavirus controlli alla stazione termini 6

    “Niente di più sbagliato. Gli immigrati vanno gestiti con gli stessi criteri  delle persone che vivono in ambienti degradati. Parliamo di disagio sociale. Senza arrivare all’emarginazione dell’immigrato, se ci sono regolamentazioni da fare facciamole, senza che per questo ti sia affibbiata una patente politica”.

     

    Ci sarà o no una seconda ondata?

    “Improbabile. Abbiamo fatto una diagnosi corretta del virus, dopo le prime due settimane di incertezza. Sappiamo come e dove intervenire. Sappiamo, l’abbiamo già detto a marzo, che si tratta di rafforzare la medicina del territorio per evitare che si abbatta un’onda lunga in un contesto attualmente tranquillo”.

     

    Come ne esce la scienza da questi mesi di sovraesposizione, di caos informativo ma anche di mischie mondane e bagarre televisiva?

    Italia coronavirus Italia coronavirus

    “Una comunicazione spesso non credibile e scorretta. Si è parlato in modo empirico per la smania di dire, incrementando nella testa della gente confusione e smarrimento. Abbiamo rischiato lo scientismo, nel momento in cui la politica si è un po’ sottratta e appiattita sulla verità parziale della scienza”.  

     

    Si sono scatenate faide e risse anche imbarazzanti tra i medici.

    “Tutti hanno cercato di rendersi utili anche nelle contrapposizioni fittizie che qualcuno definisce tra governativi e antigovernativi. La scienza deve studiare e analizzare. Deve rispondere solo a se stessa. Tra divisioni, scaramucce, sfide e sospetti, la sua immagine ne risulta scaduta. Bisogna far parlare chi studia sul campo un fenomeno così complesso, trattabile solo con un approccio interdisciplinare”.

     

    In sintesi?

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    “Sono tre le regole da seguire. La prima, indossare tutti, sempre, la mascherina negli ambienti chiusi con alto rischio di contagiosità. Supermercati, uffici, esercizi pubblici. A portare la mascherina deve essere soprattutto il giovane con un buon sistema immunitario ma che può contagiare i più deboli”.

     

    Fino a quando mascherati?

    “Fino a quando non si ridurrà l’incidenza sociale del virus, che comporterà il suo declassamento al rango di una sindrome influenzale. Sono sette i genotipi dei coronavirus, quattro sono banali e ci fanno fare uno sternuto l’anno, tre sono importanti, Sars, Mers e Sars Cov 2”.

     

    Quanto siamo lontani da questo?

    francesco le foche francesco le foche

    “Quello che viviamo non è un ciclo virtuoso che si mantiene da sé, ma va rinforzato con i giusti comportamenti. Da qui a breve potremo mettere in campo terapie e vaccino”.

     

    Le altre due regole?

    “Lavarsi le mani. E, la più importante, l’equilibrio nei comportamenti. Senza eccessi di paura, ma senza nemmeno sciocche dimostrazioni di forza o presunzioni d’invulnerabilità”.

     

    Sarà un mondo migliore?

    “Di sicuro, sarà un mondo nuovo. Se sarà migliore o peggiore dipenderà da noi. Spetterà alla nostra capacità nel ridefinire valori e certezze di farlo diventare un mondo più equanime e dunque meno fragile. Sarebbe bello un giorno raccontarci di questo virus come di una manna che ci ha portato a cambiare i paradigmi del mondo”.

     

     

     

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