Giancarlo Dotto per il “Corriere della Sera”
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Leoni da tastiera. Scarafaggi da pattumiera. Conigli dell’aerosfera. Non ti curar di loro, ma guarda e passa. Facile a dirsi. Facile a farsi. Non devi essere per forza Houdini per sparire ai loro occhi. Non potendo sparare, almeno sparisci. Sparisci tu, per far sparire loro. Geniale. «Non siete voi che mi cacciate, sono io che vi condanno a rimanere». Nella latrina immonda che vi siete costruiti a vostra immagine e somiglianza, io che c’entro?
Non entro. Male che va, esco. Me la batto. Ciao ciao cretini. Dissolversi sul più brutto, in pieno bailamme, chiudere il sipario sul pollaio che chiamano “social” per far finta che un rutto sia un tono, e gustare finalmente, da fantasma realizzato, quel medio della mano destra e l’indice della sinistra che restano sospesi sulla tastiera, scortati a tre palmi sopra l’ombelico dall’occhio bovino e stupefatto che più non identifica il bersaglio da impallinare.
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«Dove cazzo sei finito? Se tu non esisti, io non esisto!». «Dove tu, non finirai mai lagnoso e insulso frustrato«. Odiatori? Ma per carità! Per odiare ci vuole passione, persino talento. Questi mollano le loro sudicie ditate su una non innocente tastiera (colpevole di non scaricare una scossa da tremila volts ogni volta che il medio o l’indice si posano su qualunque tasto) con la stessa ottusità biologica con cui un attimo prima e un attimo dopo hanno mollato e molleranno altre cose letali.
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Boccate di ossigeno arrivano, per fortuna. Gente in fuga dallo zoo subumano dei social. L’ultimo Mago, Thierry Henry, insegna. Alla grande Thierry. «Lascio i social, mi cancello da tutto… Sono diventati troppo tossici per essere ignorati». Perfetto, giusto, ignoriamoli. Grande Thierry, grande esempio! Con questa mossa molto istruttiva ti sei redento, per me almeno, da quella mano ladruncola che sappiamo di dodici anni fa. Bleus in festa e Trap l’Irlandese in lacrime. Ti massacrarono, allora, e avevano ragione. Oggi non hanno più bisogno nemmeno di un pretesto. Da quella fogna. Dove non c’è olfatto e non c’è sangue. Non hanno nemmeno bisogno dell’odore del sangue.
Lo scandalo è che una materia così, al cuore dell’etica, non sia ancora regolamentata da leggi severe. Insultato anche Cesare Prandelli. La sua colpa? Essere Cesare Prandelli. Un uomo dalla sensibilità acuta che si sente soverchiato. Da cosa? Dalle trame di un mondo in cui non trova più uno strapuntino decente. Lascia, dunque, abbandona una storia che lo sta abbandonando. Scrive anche una bella lettera per raccontarlo. Giusto? Sbagliato? Ammirevole? Deplorevole? Chi sono io, chi siete voi per giudicare? Non vi basta prendere atto di una scelta comunque rispettabile?
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Cesare sbaglia quando si lascia ferire. La sensibilità è un pregio solo quando sei tu a stabilire da chi farti ferire. Se non sei Gandhi, impara da Houdini, in alternativa impara da Henry. Limitati a sparire. Il mondo è bello, quando non è avariato.
In quanto a voi. Contate fino a cinque prima di liberare il fango. Non sapete contare fino a cinque (probabile)? Provate allora a immaginare, leoni, cosa sarebbe della vostra criniera, delle vostre ispirate invettive, se il prezzo da pagare fosse l’amputazione sul posto delle due dita colpevoli di recare infamia (uno se, probabile, gli altri nove sono analfabeti). Un netto e indolore colpo di tronchese. Vi vedete piagnucolare e supplicare perdono? Sì? Siete voi quelli. Patetici. Ma, senza arrivare alla tronchese, la pena esemplare. Scrivere una lettera d’amore. A chi? A chiunque, tranne che a voi.
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