Camilla Conti per “La Verità”
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Amazon scommette sul social housing e si impegna a investire più di 2 miliardi di dollari per la creazione di case popolari (per un totale di 20.00 unità abitative) nelle tre città americane dove è maggiormente presente e dove è dislocata una buona fetta dei suoi dipendenti.
Le tre aree in cui Jeff Bezos intende investire nei prossimi cinque anni sono Seattle, Arlington in Virginia e Nashville in Tennessee. L'obiettivo è alleviare la carenza di alloggi negli Stati Uniti offrendo anche sovvenzioni ad agenzie pubbliche e organizzazioni per l'edilizia abitativa guidate da minoranze.
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In sostanza, è stato creato un Housing equity fund i cui soldi andranno alle no profit; saranno poi loro a investire occupandosi anche della gestione. Il gigante online ha più di 75.000 lavoratori nell'area di Seattle, la sua sede principale, e prevede di avere almeno 5.000 dipendenti in ciascuna regione entro cinque anni.
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Ad Arlington e a Nashville verrà ridotto l'impatto dei nuovi impiegati sul mercato locale. Gli «amazoniani» prenderanno casa pagandola quel che vale, facendo salire il mercato ma ammortizzando il problema della gentrificazione.
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Anche altre big tech americane stanno lanciando programmi simili: Google ha impegnato 1 miliardo per l'edilizia abitativa nella Bay Area, Apple ha promesso 2,5 miliari per l'edilizia in tutta la California e la Microsoft di Redmond, Washington, ha impegnato 750 milioni di dollari per alloggi a prezzi accessibili nell'area di Seattle.
Quanto a Facebook, ha annunciato un investimento di 1 miliardo per case accessibili nella Silicon Valley e 150 milioni di dollari per i residenti a basso reddito di cinque contee intorno a San Francisco per almeno 2.000 unità abitative.
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La differenza tra queste iniziative e quella di Amazon sta però nel ruolo delle cosiddette no profit. La logica è che non si aiutano le famiglie solo con la casa ma anche con la formazione. Su Seattle va, inoltre, ricordato che Amazon ha combattuto (e vinto) la tassa per i senzatetto. Nel maggio 2018, infatti, il Consiglio comunale aveva dato il via libera all'imposta sulle grandi aziende - ribattezzata proprio Amazon tax - per aiutare gli homeless.
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Il colosso di Bezos in una nota si era definito «preoccupato dal futuro creato dall'approccio ostile e dalla retorica del Consiglio comunale, che ci costringe a porci domande sulla nostra futura crescita» in una città dove l'aumento delle entrate aveva superato quello della popolazione. Il problema, insomma, era l'efficienza della spesa. La tassa da 275 dollari a dipendente per le aziende che realizzano ricavi per almeno 20 milioni di dollari era stata poi ritirata.
«Amazon ha un impegno di lunga data nell'aiutare le persone bisognose, compreso il rifugio della famiglia Mary's place che abbiamo costruito all'interno della nostra sede di Puget Sound. Il rifugio ora supporta oltre 200 donne e bambini», ha ricordato ieri Bezos. L'approccio adesso è spendere le risorse per lo stesso scopo senza farle andare perse nei rigagnoli della burocrazia.