Annalisa Cuzzocrea per “La Stampa”
Draghi incazzato
«Il problema sono i tempi». Mario Draghi lo spiega cercando di essere il più chiaro possibile a tutti coloro che lo hanno sentito dopo la sfuriata di giovedì in cabina di regia: «Per prendere la seconda rata del Piano di ripresa e resilienza bisogna completare le riforme su cui il governo si è impegnato secondo le scadenze previste. Gli incidenti parlamentari, le leggi bloccate in commissione, rischiano di farci mancare l'obiettivo. Non possiamo in alcun modo permetterlo».
SERGIO MATTARELLA MARIO DRAGHI MEME
Il presidente del Consiglio non si intesterà una caduta. Non ha accettato il mandato di Sergio Mattarella per dover dire alla Commissione europea: «Scusate, non ce l'ho fatta». Quando Draghi dice: «Abbiamo rimesso la barra dritta», intende esattamente questo. La navigazione deve essere sicura. Serve, è una parola che torna spesso nelle ultime ore, «convinzione» da parte delle forze politiche. E aver mostrato ieri in cabina di regia e in Consiglio dei ministri modi più concilianti non cambia la sostanza. Il premier può forse sopportare che Matteo Salvini non aspetti la fine della conferenza stampa sul decreto bollette per dire: «Servono nuove misure».
Può accettare che Giuseppe Conte ci metta giusto un'oretta in più per unirsi alla Lega nel twittare: «Non basta». Quello che però ritiene intollerabile va al di là delle parole e sono i ritardi nel percorso. Come sul dl Concorrenza, per cui servono i decreti delegati entro fine anno. Come sulla delega fiscale, l'esempio che ha fatto giovedì: «Abbiamo fatto riunioni su riunioni al Mef, con il ministro Franco, abbiamo detto di sì a ogni tipo di approfondimento e il risultato è che è bloccata in commissione!». Non si può parlare di pace fra Draghi e i partiti.
mario draghi in conferenza stampa
Di tregua armata sì, forse, a patto che si consideri come tutto possa precipitare da un momento all'altro. Perché se un anno così delicato per il governo diventasse un ottovolante con continui su e giù, strappi improvvisi e ricuciture parziali giorno dopo giorno, le cose potrebbero andare fuori controllo. Nessuno nella maggioranza dice di volere una crisi di governo. Ed è probabile che nessuno, neanche Matteo Salvini e Giuseppe Conte che pure paiono i più propensi, la voglia davvero. Per dirla con un ministro: «La tarantella delle dichiarazioni, la gara a chi vuole fare il "più uno", lasciano il tempo che trovano.
MATTEO SALVINI MARIO DRAGHI
Draghi è concentrato sulla tempistica dei provvedimenti. E sa quello che tutti sappiamo: se cadesse il governo con l'inflazione che sale, il costo dell'energia alle stelle, le tensioni geopolitiche, sarebbe un disastro. Una catastrofe». Fin qui, il principio di razionalità che muove parte del governo. C'è poi però un'inerzia della politica - e di un Parlamento definito spesso dagli stessi capigruppo come «una polveriera» - che rischia di far precipitare la situazione al di là delle volontà dei singoli dirigenti, ministri o degli stessi parlamentari. A Palazzo Chigi sono convinti che Salvini abbia ricevuto un messaggio molto chiaro e che adesso stia a lui capire se intende aprire una crisi oppure no. Assumendosene in quel caso tutta la responsabilità.
giancarlo giorgetti
Le parole di Giancarlo Giorgetti, la distanza tra i «desideri» del segretario leghista e la realtà dei fatti, la necessità che le Camere migliorino le norme e non le peggiorino, sono state viste con favore dal premier. Che le ha lette come un esercizio di consapevolezza e di sincerità, visto che il ministro dello Sviluppo non ha negato la differenza di vedute all'interno della stessa Lega. Ma non è detto che bastino a rassicurarlo, se ci saranno nuovi incidenti in commissione o in aula.
MARIO DRAGHI
Draghi «quando ha un obiettivo lo persegue, non è da lui mollare e non lo farà neanche questa volta», dice chi lo conosce bene. Aggiungendo però la frase che più di tutte sta destando la preoccupazione di leader di partito come Enrico Letta: «Finché ci saranno le condizioni». Il segretario Pd è stato l'ultimo dei segretari della maggioranza a parlare faccia a faccia con il premier e ha detto ai suoi che «la copertura dell'azione di governo deve essere totale. Mai più incidenti come quello sull'Ilva in commissione, mai più voti contrari alle indicazioni dell'esecutivo.
LETTA DRAGHI
Le parole d'ordine devono essere unità di intenti e pragmatismo». Il leader dem continua a sostenere che «il governo Draghi è il governo del Pd. Che sta guadagnando consensi, quindi non ha da temere alcun effetto Monti». Se i parlamentari pensano che essere leali con il premier faccia perdere voti in vista delle elezioni, «sbagliano» perché «a subire un effetto del genere è solo la Lega a favore di Fratelli d'Italia». Quello che i dem devono intercettare è invece, secondo Letta, «il tempo della serietà». Senza cedere a un innato autolesionismo che li porti a fare proprio il gioco di Salvini e di chi vuole rompere tutto.
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