daniele franco mario draghi conferenza stampa sulla manovra
Alessandro Barbera per “la Stampa”
Ai leader che uno ad uno sfilano da Palazzo Chigi per chiedergli nuove spese - l'ultimo ieri Giuseppe Conte - Mario Draghi risponde a tutti con la stessa formula: «Il contesto è cambiato». Quest' anno l'Italia non può permettersi di aumentare la spesa oltre i limiti già fissati con l'Europa. I fatti accumulati nell'ultima settimana non lasciano spazio alla fantasia. Il primo: l'inflazione a gennaio è volata al 4,8 per cento. E fin qui, nessuna sorpresa: i prezzi dell'energia sono quattro volte quelli di due anni fa, e secondo le previsioni resteranno tali per tutto l'anno.
christine lagarde con mario draghi
Il secondo, meno scontato: giovedì scorso la numero uno della Banca centrale europea Christine Lagarde ha fatto capire che Francoforte non solo ridurrà drasticamente gli acquisti di titoli pubblici, ma potrebbe decidere un aumento dei tassi prima di dicembre. La sola ipotesi ha fatto balzare il differenziale fra titoli italiani e tedeschi sopra i 150 punti base. Da ieri, per vendere un Buono del tesoro decennale il Tesoro deve pagare l'1,72 per cento di interessi: non accadeva da due anni.
daniele franco mario draghi andrea orlando conferenza stampa sulla manovra
E infine c'è una terza ragione che costringe Draghi alla prudenza: la trattativa sulla riforma del Patto di stabilità. Draghi ed Emmanuel Macron hanno un accordo: presentarsi al Consiglio europeo straordinario di marzo con una proposta comune. L'ambizione del premier sarebbe quella di trovare un'intesa a tre con Berlino, ma la faccenda è piuttosto complicata. Ieri il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner era a Roma per incontrare il collega Daniele Franco.
I due si sono chiusi in una stanza per più di due ore a discutere le ipotesi messe sul tavolo dai consiglieri economici di Palazzo Chigi ed Eliseo. Il confronto si può sintetizzare così: la Germania è disponibile a discutere di maggiore flessibilità di bilancio sulle spese per investimenti e nella transizione ecologica e digitale, molto meno dell'ipotesi di istituire un'agenzia alla quale affidare il debito accumulato negli anni del Covid. Secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche, al momento le probabilità che Roma, Berlino e Parigi si presentino al Consiglio straordinario di marzo già con una proposta condivisa sono molto basse.
emmanuel macron mario draghi trattato del quirinale 3
Per tutte queste ragioni Draghi, dopo aver avallato una costosissima manovra finanziaria da trenta miliardi, ora deve stringere la cinghia della spesa. L'ultima nota di aggiornamento dei conti pubblici dice che l'Italia quest' anno può ancora finanziare spese in deficit per il 5,6 per cento. Nella conversazione di ieri con Franco, Lindner ha fatto velatamente notare che l'Italia di qui al 2026 può contare anche sui fondi del Recovery Plan. Per comprendere come la vedono a Berlino, basti dire che il piano vale per l'Italia sei volte quello tedesco. Altra spesa non se ne potrà fare, persino se il debito dovesse scendere più di quanto stimato.
MATTEO SALVINI MARIO DRAGHI
Poiché la crescita del 2021 è stata superiore al previsto, è probabile che ciò accada: l'anno scorso l'iceberg aveva raggiunto il 153,5 per cento della ricchezza prodotta, nel 2022 è fissato al 148,8. Pochi giorni fa, in un incontro con Matteo Salvini, Franco ha preso l'impegno ad un nuovo decreto per calmierare il prezzo dell'energia, ma non ha detto come. Salvini aveva chiesto altri trenta miliardi, il ministro sarà in grado di metterne insieme fra i tre e i cinque. Franco ha già chiesto ai tecnici di pescare fra i fondi non spesi, di studiare nuove cartolarizzazioni degli oneri in bolletta, ma conta soprattutto sulla tassa per gli extraprofitti delle aziende energetiche.
SALVINI DRAGHI
I partiti, messi sotto pressione dalla lobby del settore, non insistono perché la tassa venga introdotta. Finora hanno sperato che Draghi cedesse alla richiesta di nuova spesa, evitando il peggio ai giganti dell'energia. Ora per ottenere misure a favore delle famiglie, Pd, Lega, Forza Italia e Cinque Stelle dovranno accettare il compromesso. Per il governo delle larghe intese, abituato fin qui a risolvere le differenze spendendo di più, restare senza margini di spesa è un cambiamento che potrebbe provocare tensioni. Soprattutto nell'ultimo anno di legislatura, e nel mezzo di un turno di elezioni locali.