Giorgio Bernardini per "www.corriere.it"
DON FRANCESCO SPAGNESI
Quando il 27 agosto gli agenti della squadra mobile entrano per la prima volta nell’appartamento dei festini, quello in cui don Francesco Spagnesi convive da anni con Alessio Regina, rilevano la presenza di «due bottiglie d’acqua modificate». Si tratta delle «boccette» per fumare il crack, segno inequivocabile di un consumo assiduo di cocaina.
Nell’ordinanza di arresto firmata dal gip Francesca Scarlatti paiono chiari due aspetti: il prete 40enne non solo consumava e finanziava l’acquisto di droga, ma era direttamente lui — spesso — «a recarsi materialmente a reperire lo stupefacente», secondo tre canali di rifornimento; il consumo di droga era sconfinato totalmente nell’abuso e i due compagni cercavano sulle applicazioni di incontri per adulti «ogni sette dieci giorni» una persona, «preferibilmente omosessuale e propensa all’uso di droga», per farla partecipare a questi festini.
DON FRANCESCO SPAGNESI
Don Francesco pareva volersi liberare, in qualche modo, del peso della doppia vita. È lui che rende spontaneamente la sua confessione dopo che la polizia coglie il suo compagno nell’intento di ritirare la droga dello stupro importata dall’Olanda. «Minimizza», rileva il gip. Ma racconta che le cose, in quella casa al quinto piano di uno stabile di Figline, le facevano insieme.
Le descrizioni dei frequentatori degli appuntamenti in questa prima fase dell’indagine fanno emergere il profilo di un tossicodipendente più che quello di uno spacciatore, reato di cui peraltro l’ex parroco della Castellina è accusato assieme al suo compagno. È vero che Don Spagnesi «chiedeva agli ospiti un piccolo rimborso per la benzina» che faceva sottintendere una partecipazione alla spesa per l’acquisto della droga, ma è altrettanto palese la mancanza di una volontà di guadagnare dalla cessione degli stupefacenti.
DON FRANCESCO SPAGNESI
Il profilo della «tossicodipendenza» si manifesta anche nei comportamenti: il contabile della diocesi lo rimprovera su WhatsApp «di aver notato ingenti ammanchi dal conto corrente della Curia e spese non giustificate», fra cui «prelievi da 40 mila euro in soli due mesi» e «pagamenti presso Pos per 75 mila euro», cifre a cui si somma un ammanco di 20 mila euro su cui sta indagando la Misericordia pratese, di cui il prete era Correttore. Ad aprile il vescovo Nerbini gli revoca il potere di firma per l’operatività bancaria e don Francesco comincia a rivolgersi ai parrocchiani con messaggi personali. Dopo poco tempo, non riuscendo a reperire il denaro che gli serviva, scrive alla maggior parte dei suoi conoscenti con lo stesso intento.
DON FRANCESCO SPAGNESI