Giacomo Amadori per "Libero quotidiano"
L AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROIl cielo sopra a Firenze è nero. In via Uguccione della Faggiola pioviggina. Il presunto 007 dei misteri viveva qui, in un palazzone giallo scrostato. Su un cortile interno si affacciano diversi numeri civici, con portoncini senza fronzoli e finestre strette. Prima di morire era questa l'umile abitazione di Antonio Fissore, originario di Bra (Cuneo) fotografo di matrimoni e videoperatore di una tv locale.
Un omone grande e grosso che se n'è andato a 67 anni, nell'agosto del 2012, a causa di un infarto. Secondo una lettera anonima inviata alla Stampa nel 2009 questo signore sarebbe stato il custode di uno dei più inconfessabili segreti d'Italia. Testimone e complice dell'incestuosa alleanza tra 007 deviati e Brigate rosse per uccidere il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, fautore del compromesso storico.
Un patto che avrebbe saldato l'odio del proletariato armato con gli oscuri interessi di uomini del Sismi, i servizi segreti militari nati nel 1977. Un'ipotesi che da tempo affascina Enrico Rossi, l'ex poliziotto che ha denunciato nei giorni scorsi un presunto insabbiamento delle indagini. Un'accusa che ha eccitato i professionisti del complotto e ha riempito i giornali, sino a quando un sentore di patacca, ha convinto i principali quotidiani a far sparire la notizia dalle proprie pagine.
MOROSenza, però, dare spiegazioni ai lettori. Intanto il Copasir, il Comitato di controllo sui servizi segreti del Parlamento, valuterà oggi l'eventuale audizione di Rossi. Ma torniamo a Firenze. Sul citofono della casa dove viveva Fissore c'è il nome dell'ultima compagna. Che risponde con stanchezza: «Lasci stare. Da me perde il suo tempo, io non ne so niente. Antonio non ha mai parlato di queste cose.
Probabilmente l'anonimo è un mitomane che ha tirato fuori una cosa senza fondamento. Io non conosco nemmeno i particolari della vicenda». Cinque anni fa, quando giunse al quotidiano torinese, la lettera venne subito spedita in Questura per i necessari approfondimenti. Nel testo si leggeva: «La mattina del 16 marzo ero su di una moto e operavo alle dipendenze del colonnello Guglielmi, con me alla guida della moto un altro uomo proveniente come me da Torino, il nostro compito era quello di proteggere le br nella loro azione da disturbi di qualsiasi genere».
Di una moto Honda blu con a bordo due persone armate di mitraglietta aveva parlato uno dei testimoni dell'agguato. Anche il nome di Camillo Guglielmi, ufficiale del Sismi, era già emerso durante le indagini sul rapimento. Dunque l'anonimo riferiva informazioni facilmente reperibili da fonti aperte e neppure dettagliate. Il misterioso mittente giustificava la lettera con il «rimorso» e spiegava di essere in punto di morte, ma non svelava la propria identità.
Diceva anche di non conoscere il nome dell'uomo che viaggiava con lui sulla moto, ma che questo era il «marito della signora Tiziana, dipendente» di un negozio di musica di Torino, dove lo aveva incrociato molti anni dopo. Una versione difficile da credere, ma che la Digos di Torino, guidata dallo stimato e puntiglioso Giuseppe Petronzi, non ha sottovalutato.
ALDO MORO E GIULIO ANDREOTTILe indagini vennero affidato proprio all'ispettore Rossi e ad altri due poliziotti. I quali appurarono che Tiziana era in realtà l'amante di Fissore. Le successive investigazioni portarono a una scoperta senza dubbio suggestiva. Infatti nella casa piemontese del fotografo vennero trovate due pistole (una Beretta e una Drulov cecoslovacca) oltre a una copia incellofanata di Repubblica del 16 marzo 1978 con il titolo «Moro rapito dalle Brigate Rosse».
Un ritrovamento che poteva certamente colpire la fantasia. Bisogna, però, precisare che oltre all'edizione straordinaria di Repubblica (una ristampa dell'88), c'erano anche altre tre prime pagine di eventi altrettanto clamorosi, come l'attacco all'Iraq e la vittoria degli alleati contro Saddam Hussein. In pratica pezzi da collezione.
Quanto alla Drulov, è una pistola mono colpo, poco adatta a coprire le spalle di un intero commando brigatista. Rossi ai giornalisti ha dichiarato di aver inutilmente chiesto la perizia delle armi (una decisione di competenza dell'autorità giudiziaria) e che una «voce amica» gli avrebbe fatto sapere che l'uomo della moto era morto e che le pistole erano state distrutte. Sul primo punto la fonte aveva ragione: Fissore è deceduto non appena Rossi ha lasciato la Digos. Sul secondo si sbagliava clamorosamente: le pistole sono ancora in mano agli inquirenti. Senza contare che, dopo il sequestro, Rossi le lasciò a Cuneo anziché portarle a Torino.
BRIGATE ROSSE BRIGATE ROSSENel frattempo le indagini sono andate avanti, forse all'insaputa dell'ispettore in pensione, e i presunti «insabbiatori » hanno informato ben tre procure: quella di Torino (dove è arrivata la lettera anonima), quella di Roma (competente territorialmente per il rapimento) e quella di Cuneo (dove Fissore ha vissuto). Nella provincia Granda il defunto fotografo è stato iscritto sul registro degli indagati per detenzione abusiva di armi, visto che le pistole erano state denunciate ai carabinieri, ma non in Questura.
GIANCARLO ELIA VALORI BERNARDINO CAPALDO Giancarlo CapaldoIl fascicolo nella Capitale è in mano al pool antiterrorismo, coordinato dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, magistrato di grande esperienza. Il fascicolo è un modello 45, quello dei cosiddetti atti relativi, senza ipotesi di reato né indagati. I magistrati hanno già verificato con i nostri servizi se Fissore sia mai stato in forza al Sismi, ricevendo risposta negativa. Ora convocheranno in procura l'ispettore Rossi, nella speranza che le sue accuse siano suffragate da elementi concreti. Infatti l'anonimo piemontese ha già fatto perdere troppo tempo agli inquirenti. Magari per banali dissapori legati alla vita privata di Fissore.