- TANGENTI: A GIUDIZIO FRATELLI PAOLO E GIANFELICE ROCCA
PAOLO ROCCA TENARIS
(ANSA) - I fratelli Paolo e Gianfelice Rocca sono stati rinviati a giudizio per corruzione internazionale dal gup di Milano Valerio Natale nell'ambito dell'inchiesto sul caso Petrobras. Il giudice ha rinviato a giudizio anche San Faustin, la holding del gruppo Techint, e anche Roberto Bonatti, considerato insieme ai due fratelli Rocca amministratori e soci di riferimento della stessa holding. Il processo è stato fissato per il 14 maggio davanti alla settima sezione penale del Tribunale.
L'indagine per corruzione internazionale dei pm Donata Costa e Isidoro Palma, come si evince dal capo di imputazione, riguarda tangenti per circa 6.6 milioni di euro dal 2009 al 2014 a Renato Duque, direttore dei servizi della società pubblica brasiliana Petrobras "affinchè lo stesso compisse atti contrari ai suoi doveri d'ufficio per favorire Confab", società all'epoca dei fatti controllata da San Faustin - che risponde in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti - attraverso Tenaris, "non bandendo gare pubbliche internazionali" per 22 contratti per la fornitura di tubi industriali per un fatturato di 1 miliardo e 400 mila euro.
Secondo la ricostruzione dei pm il denaro proveniva da "conti correnti, gestiti dagli indagati attraverso la struttura di San Faustin Lugano e alimentati attraverso utili prodotti" dalla holding del gruppo Techint e da alcune società controllate.
- TANGENTI: SAN FAUSTIN (TECHINT), ESTRANEI A FATTI CONTESTATI
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(ANSA) - "Siamo certi che il giudizio dinanzi al Tribunale chiarirà l'assoluta correttezza dei comportamenti della Società e l'estraneità ai fatti contestati dei membri del board". E' quanto si legge in una nota di San Faustin, la holding del gruppo Techint in merito al rinvio a giudizio di Gianfelice e Paolo Rocca, di Roberto Bonatti e della stessa società San Faustin. "Questa decisione - si legge nella nota - si riferisce alla presunta corruzione, negli anni 2009-2013, di alcuni funzionari della Petrobrás, in ipotesi per avvantaggiare Confab Industrial SA (società allora partecipata dal gruppo Tenaris al 24%) nelle sue attività in Brasile.
È importante ricordare - prosegue la nota - che la holding San Faustin comprende più di 450 società che operano in 45 Paesi impiegando circa 80.000 persone, ed ha avuto un fatturato consolidato ed accumulato nel periodo investigato (2009-2012) superiore a 90 miliardi di dollari". "Dalla minuziosa analisi di tutti i documenti d'indagine depositati presso la Procura della Repubblica di Milano, - sottolinea il comunicato stampa - non vi è traccia di alcun coinvolgimento dei tre dirigenti né di San Faustin nella presunta azione corruttiva in Brasile. Dalle stesse carte, risulta che nessuna società italiana del Gruppo è mai stata coinvolta in queste vicende".
- TENARIS, LA BENEDIZIONE DEL CASH: LO SHOPPING NON FERMA I DIVIDENDI
Andrea Giacobino e Luca Piana per "Affari & Finanza - la Repubblica'' del 13 gennaio 2020
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Un miliardo di dollari cash, senza nemmeno far ricorso al debito. È questa la cifra che Tenaris, colosso mondiale dei tubi d’acciaio per l’industria del petrolio controllato dalla famiglia Rocca, ha potuto mettere sul piatto a inizio gennaio per rilevare dalla rivale Tmk del miliardario russo Dmitry Pumpyanskiy l’azienda americana Ipsco Tubulars.
L’operazione era stata annunciata in marzo e, una volta ottenuto il via libera del Dipartimento di Giustizia di Washington, è stata finalizzata il 2 gennaio. Nei dieci mesi trascorsi dalla prima firma il prezzo d’acquisto è sceso un po’, da 1,2 a 1,06 miliardi di dollari, in virtù di non precisati «aggiustamenti contrattuali». Ma la sostanza cambia poco: il gruppo guidato da Paolo Rocca, 67 anni, ha completato la manovra di espansione che nel giro di dodici mesi l’ha portato prima a investire 141 milioni di dollari per acquistare il 47,7 per cento del produttore di tubi saudita Saudi Steel Pipe, in seguito a stringere un’alleanza con il gruppo russo Severstal per realizzare un impianto in Siberia, infine a rafforzarsi in Nord America con Ipsco.
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Tenaris, che ha sede legale in Lussemburgo, sta dunque facendo leva sulla propria solidità finanziaria per reagire a un contesto di mercato non facile. Nel terzo trimestre 2019 i ricavi si sono ridotti del 7 per cento su base annua (a 1,76 miliardi di dollari), azzerando i progressi registrati nel primo semestre e portando il dato dei primi nove mesi allo stesso livello del 2018 (5,55 miliardi). L’arretramento è stato spiegato soprattutto con la riduzione delle attività di perforazione da parte dei produttori di shale oil negli Stati Uniti e in Canada, mercati che con il Messico valgono il 47 per cento del fatturato. L’andamento non brillante del titolo a Milano e New York (vi sono quotati gli Adr, che rappresentano ciascuno due azioni), dove resta molto sotto i massimi del 2018, riflette proprio queste difficoltà, nonché l’affermazione della società di non prevedere nemmeno nel 2020 una ripresa dell’attività di perforazione sui due mercati nordamericani.
I timori dei dipendenti italiani
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Fatto sta che, nel momento in cui Pumpyanskiy ha deciso di vendere Ipsco, i Rocca hanno colto l’occasione per rafforzarsi in quella che continuano a considerare come una delle aree più promettenti e dove sono stati fra i primi a cavalcare la rivoluzione dello shale oil che ha portato gli Stati Uniti all’indipendenza energetica. Le guerre dei dazi di Donald Trump hanno probabilmente contribuito alla scelta di effettuare un’acquisizione così impegnativa: i laminatoi e la struttura distributiva di Ipsco si integrano bene con quelli di Tenaris e, inoltre, l’azienda americana porta ai Rocca la prima acciaieria negli Stati Uniti, a Koppel in Pennsylvania, permettendo loro di qualificarsi come produttori domestici anche delle barre d’acciaio che servono per forgiare i tubi. In più, se nel breve l’acquisizione avrà un impatto negativo sui margini, Tenaris non farà nuovi debiti: a fine settembre dichiarava di avere in cassa liquidità per 1,53 miliardi di dollari e poteva vantare una posizione finanziaria netta positiva pari a 964 milioni.
Con queste mosse la famiglia guidata da Paolo e dal fratello Gianfelice, 71 anni, sta dunque perseguendo la strategia di porsi come leader di mercato, in particolare nei tubi senza saldatura, più leggeri e adatti a lavorare con pressioni elevate. Tenaris resta lontana dai livelli raggiunti nel 2008, quando il boom del fracking negli Stati Uniti e in Canada aveva fatto volare il fatturato complessivo a 12,1 miliardi di dollari. Dopo il 2008, l’anno in cui il petrolio aveva raggiunto i 140 dollari al barile, la discesa dei prezzi ha frenato gli investimenti degli estrattori e, di conseguenza, azzoppato i fornitori. Il fatturato di Tenaris era arrivato a ridursi nel 2016 fino a 4,2 miliardi, quasi un terzo del del 2008. Le ristrutturazione che ne era seguita aveva colpito anche le attività in Italia – dove i Rocca avevano iniziato la loro ascesa nel settore acquistando la storica Dalmine – oggetto prima nel 2009 e poi nel 2015 di drastici piani di riduzione del personale.
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Ancora adesso, nonostante Dalmine abbia visto nel 2018 una netta ripresa del fatturato, chiuso l’esercizio in utile e aumentato persino un po’ i dipendenti, i sindacati osservano che gli stabilimenti che lavorano per il settore automotive – a Arcore e a Costa Volpino – viaggiano con il contratto di solidarietà e temono che anche in quello principale, a pochi chilometri da Bergamo, la produzione possa rallentare nuovamente.
Non sono state queste, negli ultimi anni, le uniche difficoltà che i vertici dell’azienda hanno dovuto fronteggiare. Nel dicembre 2018 i magistrati argentini che indagavano sui casi di corruzione durante la presidenza di Cristina Fernández de Kirchner avevano chiesto l’arresto di alcuni dirigenti di Tenaris, compreso Paolo Rocca; in aprile, però, la richiesta era stata respinta dal Tribunale.
Anche a Milano i vertici del gruppo sono finiti al centro di una lunga indagine della Procura che, nell’autunno scorso, ha portato a una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Paolo, Gianfelice e di altri amministratori della holding lussemburghese San Faustin per presunti pagamenti illeciti effettuati per ottenere commesse dalla compagnia brasiliana Petrobras. L’udienza preliminare si è tenuta l’11 dicembre: «La difesa di San Faustin ha analizzato minuziosamente tutti i documenti depositati in cancelleria del Tribunale alla chiusura delle indagini. Non vi è traccia di alcun coinvolgimento fra le persone oggetto dell’indagine e presunte azioni corruttive», sostiene l’azienda.
Tornando al livello industriale, se nei due anni successivi al tonfo del 2016 l’attività di Tenaris era tornata a progredire, riportando il fatturato 2018 a quota 7,6 miliardi di dollari, la battuta d’arresto della seconda parte del 2019 è stata affrontata dalla famiglia andando a investire in aree cruciali, per l’appunto Arabia Saudita, Russia e Stati Uniti. Una strategia possibile, come detto, grazie alla solidità finanziaria di Tenaris, che negli anni passati, anche nei momenti più duri, ha quasi sempre generato un flusso di cassa positivo e distribuito ai soci ingenti dividendi, quasi 500 milioni in media l’anno in tutto l’ultimo quinquennio.
petrobras corruzione
Tra Lussemburgo e Olanda
Anche lo scorso novembre, nonostante il previsto esborso per Ipsco, è stato pagato un pre-dividendo di 153 milioni di dollari, esattamente come nel 2018; una scelta che, salvo sorprese, dovrebbe preludere alla conferma di un dividendo cumulato di 484 milioni per l’intero esercizio. Non stupiscono, dunque, i numeri altrettanto solidi dell’intero gruppo San Faustin: nel 2018 ha registrato ricavi consolidati per 23,5 miliardi di dollari (dai 18,4 del 2017) e un utile netto di 2,8 miliardi.
Anche San Faustin è stata generosa con i soci, ovvero i Rocca – i cui titoli sono custoditi nella fondazione olandese RP Stak – più altre famiglie (celate dietro un reticolo di società estere) che li hanno accompagnati fin dall’inizio dell’avventura, quando il capostipite Agostino Rocca, manager della siderurgia di Stato durante il fascismo, finita la seconda guerra mondiale si trasferì in Argentina per fondare il suo primo tubificio e diede vita al gruppo che poi si affermò con il nome di Techint.
Negli ultimi cinque anni, infatti, San Faustin ha distribuito ai soci un dividendo complessivo di un miliardo di dollari. Ma il vero tesoro della holding restano le attività industriali: il 60,4 per cento di Tenaris è infatti in carico nel bilancio San Faustin per 802 milioni di dollari, mentre il 62 per cento di Ternium, attiva in America Latina nei laminati piani e quotata a Wall Street (attraverso gli Ads, che rappresentano 10 azioni l’uno), è in carico a 792 milioni di dollari. In base alle quotazioni di mercato, però, le due partecipazioni valgono molto di più, rispettivamente 7,4 e 2,6 miliardi di dollari: vuol dire che la plusvalenza potenziale per San Faustin supera complessivamente gli 8,4 miliardi di dollari.