Maria Vittoria Giannotti per "la Stampa"
luana d'orazio
Perché l'orditoio non si è fermato quando Luana D'Orazio è stata inghiottita dal rullo? Perché il sistema di sicurezza non ha funzionato? Sono queste le domande a cui dovranno rispondere gli inquirenti che indagano sulla morte della mamma operaia di 22 anni, uccisa lunedì mattina da un macchinario in un'azienda tessile di Oste di Montemurlo, nel Pratese. Per tutta la giornata di ieri, i carabinieri e gli ispettori del Dipartimento di prevenzione della Asl sono rimasti chiusi all'interno del capannone dove si è consumata la tragedia per effettuare i rilievi. Una prima relazione è già stata depositata sui tavoli della Procura che ha aperto un'inchiesta.
Al momento sono due gli indagati: la titolare dell'azienda, Luana Coppini, e Mario Cusimano, addetto alla manutenzione del macchinario. Nei loro confronti si ipotizza l'omicidio colposo: avrebbero «rimosso dall'orditoio la saracinesca protettiva, un meccanismo destinato a prevenire infortuni sul lavoro», si legge nell'avviso di accertamento tecnico della procura. La dinamica dell'incidente deve essere ancora ricostruita e per fare chiarezza sono stati sentiti tutti i dipendenti che erano di turno quella mattina in fabbrica. Il primo a dare l'allarme è stato proprio un collega.
luana d'orazio leonardo pieraccioni
Al momento dell'incidente, era girato di spalle e non ha visto né ha sentito niente. Quando si è voltato, lei non c'era più: il suo corpo esile era già intrappolato negli ingranaggi e quando i vigili del fuoco, dopo un lungo intervento, sono riusciti a tirarla fuori, non c'era più niente da fare. È ancora presto per trarre conclusioni, ma gli inquirenti si concentrato sulla saracinesca, una sorta di barriera che dovrebbe separare in modo netto il lavoratore dalla macchina. «Siamo al lavoro per capire se e che cosa non abbia funzionato - spiega il procuratore capo di Prato, Giuseppe Nicolosi - compresa la fotocellula di sicurezza». In passato, l'orditoio - una macchina che ordina i fili, tesse e cuce - era considerata una delle più rischiose, ma negli anni sono state adottate procedure più rigorose per garantire più sicurezza.
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Gli investigatori, coordinati dal pm Vincenzo Nitti, hanno anche posto sotto sequestro un macchinario identico a quello in cui si è verificato l'incidente: dalla comparazione tra le due apparecchiature potrebbero emergere particolari importanti per capire cosa sia accaduto. Altri elementi potrebbero emergere dall'autopsia, disposta per venerdì prossimo, che sarà effettuata dal medico legale Luciana Sonnellino. Certo è che nella fabbrica di Montemurlo l'atmosfera è incandescente. La giovane lavorava lì da due anni con un contratto quinquennale e, a giudicare dalle foto che pubblicava sul suo profilo Facebook, il clima sul posto di lavoro era ottimo.
Lunedì mattina, quando le hanno detto che la dipendente aveva perso la vita, la titolare, Luana Coppini, è stata colta da malore. «Proprio nei giorni scorsi - ha raccontato Emma Marrazzo, la madre di Luana, una donna forte e lucida anche nella tragedia - in ditta avevano assunto un altro ragazzo perché dare una mano a mia figlia. Ho sentito la titolare, poverina, ed era distrutta, non si capacita di come sia potuto accadere». A Luana, racconta la mamma, piaceva lavorare. «Ma non si può morire di lavoro né a venti, né a trenta, né a settanta. Sono tutte vite umane. Ora chiedo giustizia». Un appello raccolto con forza dal vescovo di Pistoia che invoca che «qualcuno si assuma la responsabilità» e dai sindacati che chiedono azioni concrete per fermare le tragedie sul lavoro: venerdì scenderanno insieme in piazza per uno sciopero di quattro ore.
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