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    E ANCHE IL PD SCOPRÌ LA FAMOSA “GIUSTIZIA A OROLOGERIA” – NEL PARTITO NESSUNO LO AMMETTE PUBBLICAMENTE, MA SI RESPIRA UN CLIMA DI ACCERCHIAMENTO E SI TEMONO “RITORSIONI” PER LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA


     
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    Goffredo De Marchis per “La Repubblica

     

    MAGISTRATI MAGISTRATI

    La coincidenza è «inquietante». Il metodo pure: «Si viene a sapere che Richetti è indagato insieme ad altri 7 che rimangono sconosciuti fino a sera. Era chiaro che il messaggio doveva arrivare a Bonaccini ». L’obiettivo finale era quello di «azzerare una classe dirigente, di abbattere un partito alla vigilia del voto». Sono questi i commenti che si ascoltano a Largo del Nazareno, la sede del Pd. C’è una vecchia partita tra i democratici emiliani e la procura di Bologna. Ma sia al governo sia nelle stanze del Pd risuona anche una formula che apparteneva al centrodestra, a Berlusconi: «Giustizia a orologeria». Collegata alle riforme presentate il 29 agosto, alla svolta garantista del Pd, all’ultima polemica sulle ferie dei magistrati.

     

    C’è un clima di accerchiamento che nessuno vuole ammettere pubblicamente. Ma si respira il timore che l’opposizione alle riforme possa trasformarsi in guai giudiziari per il Pd. Palazzo Chigi non ha dubbi, non farà dietrofront: «Noi andiamo avanti con la riforma. Massimo rispetto per le indagini, ma non è che ci fermiamo per quello che succede a Bologna». È un paletto chiaro. Semmai la magistratura avrebbe dovuto apprezzare i tempi più lunghi concessi dal Guardasigilli Andrea Orlando sul fronte del penale. «Non erano legati solo alle resistenze dell’Ncd e di Forza Italia Berlusconi. Volevamo anche lasciare all’Anm lo spazio di una riflessione », si sente ripetere a Palazzo Chigi.

     

    matteo richetti matteo richetti

    Giuditta Pini, deputata emiliana, scrive su Twitter: «Doveva finire così, come con i dieci piccoli indiani». Che cadono uno dopo l’altro: prima Vasco Errani, poi Richetti, poi Bonaccini... Spiega che ce l’aveva con la gestione delle primarie, con la rinuncia a un accordo preventivo sul nome da candidare alle regionali di novembre. «Non con i magistrati», precisa. «La mia era una riflessione sulla politica - chiarisce -, non sul rapporto tra politica e magistratura. Però se i magistrati riuscissero a tenere a bada gli spifferi, sarebbe un passo avanti. Anche perché se tutto avviene il giorno della presentazione delle firme, non si devono lamentare delle dietrologie ».

     

    Brucia ancora, in Emilia, la condanna a Errani per falso ideologico. Dicono anche che la procura ha tenuto aperta l’inchiesta sulle spese dei consiglieri per due anni facendo uscire pezzo a pezzo avvisi e notizie. L’assessore uscente alla Cultura dell’Emilia- Romagna mette nero su bianco i sospetti della giustizia a orologeria: «Facciamo così, per risparmiare tempo chiediamo alla Procura di Bologna chi vuole alla presidenza della Regione...», scrive su Facebook. L’assessore si chiama Massimo Mezzetti, è di Sel, ma fa parte della coalizione di centrosinistra che si sarebbe ripresentata per governare la regione.

    stefano bonaccini stefano bonaccini

     

    Il Pd non sa se si trova di fronte a una battaglia locale o una partita che si può estendere a livello nazionale fino a colpire l’esecutivo o i dirigenti del partito. Per “difendersi” dal cortocircuito giudiziario il Partito democratico e Renzi in prima persona hanno cercato di darsi un profilo garantista. È successo per esempio con il membro della segreteria Davide Faraone, sotto indagine per gli stessi motivi di Bonaccini e Richetti: spese ingiustificate da consigliere regionale. Faraone è rimasto al suo posto, anzi sarà confermato nella nuova segreteria che verrà votata domani.

     

    Andrea Orlando Andrea Orlando

    A Errani il premier chiese di rimanere alla guida dell’Emilia dopo la condanna. Un apprezzamento pubblicato reiterato domenica dal palco della festa dell’Unità di Bologna. Una difesa piena e convinta, malgrado il giudizio dei magistrati. «Rispettiamo le sentenze, ma non vogliamo farci condizionare nelle nostre scelte politiche», è la linea del premier di fronte ad alcune inchieste. Poi ci sono le valutazioni sull’opportunità, sull’etica, sul senso di responsabilità. Ma uscendo dal periodo giustizialista che ha segnato la storia recente della sinistra, all’ombra del conflitto Berlusconi- giudici. Vent’anni persi, è sempre stata l’opinione di Renzi. Per quello la riforma della giustizia non poteva aspettare. Il governo vuole farla dialogando con tutti. Non per niente oggi il ministro della Giustizia incontrerà il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli, dopo il durissimo comunicato di ieri.

    Matteo Renzi Matteo Renzi

     

    Rimane la sensazione di essere nel mirino. Se lo scontro non troverà una pacificazione, il Pd si aspetta altre vicende simili al temporale che ieri si è abbattuto sull’Emilia. «Ma tornare indietro, no - ripetono al governo -. Confrontarsi, discutere, va tutto bene. Ma la riforma della giustizia è necessaria, la storia delle ferie è ridicola. Noi andiamo avanti».

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