1 - LE SANZIONI ORBAN NON CEDE ANCORA RINVIATO L'EMBARGO AL PETROLIO
Marco Bresolin per “la Stampa”
vladimir putin viktor orban 4
La garanzia di forniture alternative e, soprattutto, un sostegno economico attraverso i fondi che verranno annunciati la prossima settimana con il piano RePowerEU. È questa l'offerta che Ursula von der Leyen ha portato a Budapest per cercare di convincere Viktor Orban a sostenere il sesto pacchetto di sanzioni che prevede un embargo graduale sul petrolio russo.
Le trattative sono in corso e ieri mattina è intervenuto anche Emmanuel Macron con una telefonata al premier ungherese. Fonti francesi si dicono certe che l'accordo «è questione di giorni». Certo non di ore, visto che mancano ancora alcuni passaggi fondamentali.
URSULA VON DER LEYEN VOLODYMYR ZELENSKY
Oggi, come ogni mercoledì, è prevista la riunione degli ambasciatori dei Paesi Ue, ma la questione delle sanzioni non figura nell'agenda ufficiale. E dunque è da escludersi un accordo. In giornata potrebbe tenersi una videoconferenza tra Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron e i leader dei Paesi dell'Est che hanno maggiori difficoltà a sganciarsi dal petrolio russo.
emmanuel macron olaf scholz
Oltre all'Ungheria si tratta della Repubblica Ceca e della Slovacchia: non avendo sbocchi sul mare, hanno bisogno dell'aiuto dei partner per le forniture. All'incontro dovrebbero prendere parte anche la Croazia e la Bulgaria che hanno problemi legati agli oleodotti russi e alle raffinerie, tarate sul greggio di Mosca. Possibile anche una partecipazione di Olaf Scholz, visto che la Germania potrebbe aiutare i vicini a ricevere il petrolio.
PAPA FRANCESCO VIKTOR ORBAN
Nel frattempo è stata congelata la parte del pacchetto che prevede il divieto di trasportare il greggio russo per le navi europee: se ne riparlerà più avanti quando ci sarà un accordo in sede di G7. La misura era stata contestata da Grecia, Malta e Cipro.
Intanto la Commissione sta lavorando al "Recovery" per l'Ucraina e in particolare a un nuovo piano di debito comune che servirà per raccogliere fondi da girare a Kiev, verosimilmente sotto forma di prestiti.
fornitura gas russo
Sarà basato sullo schema di "Sure", il piano anti-disoccupazione approvato durante la pandemia, e dunque prevederà l'emissione di bond attraverso garanzie fornite dai singoli Stati (e non dal bilancio Ue come il Next Generation Eu). All'Ucraina servono circa 15 miliardi di euro per pagare pensioni, stipendi pubblici e per garantire i servizi essenziali, per questo sarà necessario anche il contributo degli Stati Uniti e di altri partner occidentali.
I GASDOTTI VERSO L EUROPA
Non decolla invece la proposta italiana di lanciare un nuovo programma "Sure" per finanziare il caro-bollette. Il premier Mario Draghi ne aveva parlato la scorsa settimana a Strasburgo e l'idea era piaciuta a Bruxelles, ma tra i governi ci sono ancora molte resistenze e dunque difficilmente il piano sarà attuato nell'immediato.
«Sure è stato senza dubbio una storia di successo - spiega Johannes Hahn, commissario Ue responsabile al Bilancio -, ma per il momento non vedo un'intesa consolidata tra gli Stati per ripetere una misura simile». L'austriaco è inoltre scettico sul fatto che i Paesi come l'Italia possano chiedere aiuto a Bruxelles per questo genere di interventi: «L'Ue può affrontare la questione dei prezzi energetici sul piano regolatorio, ma non sul piano finanziario, del quale devono occuparsene i singoli Paesi».
draghi biden
All'interno della Commissione si discute anche di cosa fare con i fondi del Recovery che non sono stati ancora richiesti dagli Stati che ne avrebbero diritto. Si tratta di circa 200 miliardi di prestiti e il commissario Paolo Gentiloni, insieme ad altri, sta spingendo per favorire un loro riorientamento verso altri capitoli di spesa e soprattutto una loro redistribuzione.
L'Italia, del resto, ha già esaurito tutta la quota a sua disposizione. Ma i margini sono strettissimi. «Credo che un discorso simile sia prematuro - aggiunge Hahn - e sono convinto che saranno pienamente usati dagli altri Paesi che ne hanno diritto perché le condizioni di finanziamento sono nettamente più favorevoli».
2 - KIEV BLOCCA IL GAS VERSO L'UE E ORBAN FRENA SUL PETROLIO
Estratto dell’articolo di Gabriele Rosana per “il Messaggero”
putin orban
A rischio un terzo del gas russo diretto in Europa. Uno dei due punti di ingresso in territorio ucraino, quello di Sokhranivka, nel Donbass, chiude infatti a partire dalle 7 di questa mattina, come riferito dal gestore nazionale della rete di distribuzione e riportato da Bloomberg.
[…] La mossa rappresenta un nuovo fattore di rischio per i flussi verso l'Europa in un momento critico per il riempimento degli stock sotterranei in vista dell'inverno, per cui l'Ue prevede un ambizioso target dell'80% a novembre: la scelta di Kiev - ha chiarito l'operatore ucraino - non impedisce tuttavia al gas di essere reindirizzato verso la seconda porta di ingresso nel Paese, cioè la stazione di compressione di Sudzha, garantendo così il rispetto degli impegni di fornitura pattuiti da Gazprom con i vari Paesi europei.
viktor orban
Un primo impatto si è però registrato ieri sui mercati, con il prezzo del gas che sulla piazza di riferimento di Amsterdam ha chiuso in rialzo a 98,8 euro al megawattora.
[…] Al lavoro per appianare le divergenze, sul tavolo ci sono le due condizioni poste da Budapest per rimuovere il veto: da una parte più tempo per dire addio alle forniture russe (secondo l'attuale bozza, a Ungheria e Slovacchia sono riconosciuti due anni supplementari, alla Repubblica Ceca uno e mezzo), dall'altra sostegni economici Ue per la riconversione industriale degli impianti di raffinazione che sono tarati sul petrolio russo.
embargo petrolio russo
Mancando uno sbocco sul mare, l'Europa centro-orientale non può ricevere carichi via nave e teme di non riuscire a garantirsi forniture alternative: da qui il confronto allargato agli altri leader della regione. E a dimostrazione che il clima è ancora teso, si è consumato pure uno scontro diplomatico con la Croazia, dopo che Orbán si è spinto a dire che «anche l'Ungheria avrebbe un porto, se non le fosse stato tolto l'accesso al mare», un'allusione a Rijeka (in italiano Fiume) persa in seguito alla Prima guerra mondiale. Intanto, in Russia la morsa delle sanzioni occidentali si fa sentire su alcune regioni attese dal voto amministrativo a settembre: i governatori di Tomsk, Saratov, Kirov e Mari El, in crisi di popolarità a causa dell'economia in difficoltà, ieri hanno presentato le loro dimissioni al Cremlino.
draghi biden
petrolio