1. IL DECRETO ENTRO APRILE. AUMENTANO LE SIGARETTE
Roberto Petrini per la Repubblica
padoan moscovici
Pier Carlo Padoan scende in campo in Senato, poche ore dopo l’invio della lettera a Bruxelles, per precisare che l’«aggiustamento della dinamica del saldo di finanza pubblica strutturale», ovvero una manovra- bis si farà. Dopo i mugugni giunti dalla Commissione Ue il ministro dell’Economia ha sgombrato il campo da ambiguità e zone d’ombra rimaste tra le righe della comunicazione di mercoledì notte definendo «indispensabile» e «necessario » l’intervento.
Con precisione ha fornito i numeri delle «misure bilanciate di aggiustamento che andranno prese»: lo 0,2 di Pil richiesto che farà scendere il rapporto deficit-Pil dal 2,3 al 2,1 nel 2017. Poi è stato esplicito sui tempi: «Queste misure verranno adottate al più tardi entro fine aprile cioè con tempi coerenti per l’approvazione del Def» e ha comunque aggiunto: «È molto probabile — lo stiamo valutando — che le misure saranno prese anche prima di quella scadenza».
PADOAN
In sostanza la manovra-bis potrà essere spezzata in due o più tronconi perché Padoan si preoccupa anche di annunciare un intervento «bilanciato» di sostegno alla crescita in sintonia con quanto detto dal premier Gentiloni che, ieri mattina, aveva parlato di «rispetto delle regole ma senza effetti depressivi sulla crescita».
Parole, quelle di Padoan, condite da un vero e proprio scenario drammatico per il paese in caso di procedura d’infrazione. «L’ipotesi è estremamente allarmante », ha avvertito, perché comporterebbe «una riduzione di sovranità sulle scelte di politica economica» e soprattutto comporterebbe «costi ben superiori alla finanza pubblica in termini di tassi d’interesse ».
Il ministro dell’Economia è tornato ad illustrare il mix delle misure che comporranno la manovra in corso d’anno: un quarto di «tagli di spese selettivi », e tre quarti di «misure sulle entrate». In particolare 1 miliardo verrà dalla lotta all’evasione mentre sono esclusi aumenti dell’Iva, tagli alle agevolazioni fiscali e nuovi round di voluntary disclosure (rientro capitali dall’estero). Restano, come elencato nella lettera, le accise (benzina e sigarette) e i tagli ai consumi della pubblica amministrazione.
PADOAN GENTILONI1
Naturalmente tutto ciò tenendo il punto sul terremoto, sul quale Bruxelles, una volta avuta la manovra-bis, non obietterebbe: la spesa di 1 miliardo per far fronte all’emergenza- sisma. Sulle spese per il terremoto è stato assai esplicito anche il presidente del Consiglio: «Abbiamo già anticipato che sono necessarie ulteriori risorse - ha detto Gentiloni - e nella lettera di Padoan si parla di almeno 1 miliardo. Intanto però — ha aggiunto — non è che possiamo aspettare chissà quali superiori determinazioni. Noi decidiamo, ci prendiamo le nostre responsabilità».
RENZI PADOAN ORECCHIE
Ora, tornando alla manovra, ricomincia il lavorio per la caccia ai 3,4 miliardi i cui binari sono tuttavia ormai fissati. Escluso sembra, al momento, un intervento sulle politiche messe in atto dalla legge di Bilancio 2017 varata dal governo Renzi, a partire da bonus e pacchetto pensioni. Padoan ha infatti rivendicato i provvedimenti: «Rifiuto la descrizione della politica di governo di questi anni come politica dei bonus» e ha ricordato «tagli e riforme».
2. E Moscovici: “Se è così non vi commissariamo”
Alberto D’Argenio per la Repubblica
juncker gentiloni draghi
Si riapre il filo delle trattative tra Roma e Bruxelles per evitare che l’Italia sprofondi in una procedura europea sui conti pubblici. Mentre i vertici comunitari e i leader dei Ventotto volano a Malta per il summit dedicato all’immigrazione, tanto il governo italiano quanto la Commissione ieri si sono riposizionati. In mattinata fonti di Bruxelles hanno confermato che la lettera giunta dall’Italia mercoledì sera in risposta alla richiesta di manovra correttiva da 3,4 miliardi non era convincente: «Ci saremmo aspettati una risposta più dettagliata», tanto sui tempi quanto sui contenuti dell’intervento.
Una delusione arrivata forte e chiara anche al Tesoro, con il ministro Padoan che per evitare che la situazione precipitasse al question time in Senato è stato più esplicito sulle intenzioni del governo. Mossa che ha favorito l’intervento in serata del commissario Pierre Moscovici, che ha riaperto i canali del negoziato con frasi concilianti: «L’obiettivo è evitare procedure », ha rassicurato il responsabile francese, storicamente annoverato tra le colombe.
Juncker1
A questo punto gli occhi sono puntati sul vertice de La Valletta. Ieri da Palazzo Chigi tenevano il punto, facevano sapere che oggi non è prevista alcuna bilaterale formale tra il premier Paolo Gentiloni e il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. Se il premier tiene fede alla linea renziana di contrapposizione all’Europa, dalla Commissione con un sorriso ricordavano che a margine dei summit ci sono tante occasioni per scambiare quattro chiacchiere, anche in una cornice meno formale rispetto a un incontro organizzato in anticipo dalle delegazioni.
Pierre Moscovici and Marie Charline Pacquot article A CAFA DC x
L’ex primo ministro lussemburghese infatti è intenzionato ad aiutare ancora una volta l’Italia, che ha già ricevuto 26 miliardi di flessibilità sul risanamento nel 2016-2017 e ora deve rientrare almeno dello 0,2% del Pil per evitare di trovarsi in una posizione di clamoroso fuorigioco sul debito pubblico, volato intorno al 133% del Prodotto interno lordo. Ma per mettere al riparo Roma dall’ala dura della Commissione, guidata dai vicepresidenti Dombrovskis e Katainen, e dalle cancellerie rigoriste ormai convinte che l’Italia non meriti più fiducia, Juncker deve essere aiutato. Per questo si aspetta che dietro le quinte arrivino garanzie politiche sul fatto che la correzione — anche se dissimulata rispetto a una vera e propria manovra — alla fine ci sarà a prescindere da un eventuale voto anticipato.
Insomma, Bruxelles chiede una minima garanzia politica dal premier per tenere aperta la trattativa fino al 20 febbraio, giorno nel quale con ogni probabilità la Commissione pubblicherà il rapporto sull’Italia all’interno del quale grazierà o manderà in procedura il Paese, limitandone la sovranità economica per anni ed esponendola sui mercati.
Dombrovskis
Ad aiutare Gentiloni e Padoan rispetto ai toni battaglieri di Renzi — ragionano a Bruxelles, dove la situazione politica italiana è seguita da vicino — anche il fronte anti voto che si sta compattando contro il segretario del Pd. Il timore degli europei è infatti che con elezioni a giugno alla fine il governo non mantenga gli impegni, non corregga i conti facendo perdere la faccia alla Commissione che a quel punto dovrebbe decidere se aprire la procedura contro un Paese in campagna elettorale, trasformandola in una cacofonia contro l’Europa, o aspettare l’autunno, quanto qualsiasi intervento sarebbe comunque tardivo per correggere i conti nel 2017 con il risultato di mandare in pezzi la credibilità delle regole dell’eurozona.
il palazzo della commissione europea a bruxelles
Se invece si votasse in autunno, la promessa di correzione dei conti sarebbe più credibile. Per questo Bruxelles aspetta, mette alle strette il governo e attende ancora qualche settimana prima di decidere se affondare il colpo o meno. E intanto un ministro italiano vicino alla trattativa scherza compiaciuto: «Stiamo buttando la palla in tribuna, poi vedremo ».