Silvia Fumarola per la Repubblica
L’usignolo di Cavriago, la tigre di Cremona, l’aquila di Ligonchio e la pantera di Goro: con la Mina, Iva Zanicchi e Milva eravamo un quartetto perfetto per lo zoo, no?».
ORIETTA BERTI
Orietta Berti ha un tono musicale anche quando parla. Schietta, simpatica, oggi regina su Rai3 a Che fuori tempo che fa con Fabio Fazio («Stefano Accorsi non è bello ma è una bella idea, come diceva mia nonna» spiega con aria sapiente mentre Fazio, che la chiama affettuosamente Oriettona dai tempi di Quelli che il calcio, vorrebbe sparire sotto il tavolo).
Undici volte a Sanremo, nove come finalista, mezzo secolo di carriera festeggiati col cofanetto Dietro un grande amore (50 anni di musica), Berti veleggia tra tournée e concerti.
TENCO 12
Signora Berti, il rapporto con il Festival?
«Non volevo andare a Sanremo per forza, il primo anno — era il 1966 — Gianni Ravera mi mise in coppia con Ornella Vanoni, cantavamo Io ti darò di più ».
L’anno successivo la tragedia di Tenco. Lei cantava “Io tu e le rose”, che il cantautore cita nel suo biglietto d’addio: “Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda ‘Io, tu e le rose’ in finale”. Sono passati 50 anni: quanto ci ha pensato?
ORIETTA BERTI
«Sempre. La vita rovinata l’ho avuta anch’io, sono sempre stata trattata come una ciabatta dalla stampa. Potevano dare una mano a questo ragazzo di talento, ma quando è stato il momento di ritirare fuori la canzone hanno ripescato La rivoluzione.
Io che colpa ho? Tuttora non penso che abbia scritto lui il biglietto, ma una persona legata ai discografici».
Perché dice così?
«Perché Tenco era troppo intelligente, sensibile. Sandro Ciotti me lo disse subito: “Orietta, non crederò mai che Tenco abbia scritto questa cosa”. E la stessa cosa me l’ha detta il fratello di Luigi. Nell’animo ero serena, ma un certo tipo di stampa aveva trovato il capro espiatorio. Oggi e Sorrisi e canzoni fecero un referendum, il pubblico popolare amava Io tu e le rose. Ho sempre avuto la gente dalla mia parte».
Andare a Sanremo significava diventare star?
«Guardi che all’epoca non c’era solo il Festival. Canzonissima dove la mettiamo? Cominciava a settembre finiva a gennaio, aveva 30 milioni di spettatori. Anche lì c’era una giuria mista: mi davano zero, ma si votava con le cartoline. Ne arrivavano sessantamila».
Chi deve ringraziare?
ORIETTA BERTI
«Il pubblico e gli autori delle canzoni. Mi ricordo Non illuderti mai, che aveva un ritornello pieno di “mai”. Panzeri, che aveva scritto anche per Caterina Caselli, mi fulminò: “Senti piccolina, se togliamo un mai vendi centomila copie in meno”».
“Fin che la barca va, lasciala andare” aveva il doppio senso?
«Mah, quando mi diedero il provino, la canzone mi sembrò buffa. “Falla tua”, disse la mia mamma. Certo avere un fidanzato a Cantù e uno in Cina...».
Ha sfoggiato guardaroba vari, dalle paillettes alle trasparenze. Come sceglieva?
il volo concerto natale_001
«Erano abiti di alta classe, andavo nelle sartorie: li provavo e me ne innamoravo. Poi scrivevano: “La Berti con un vestito che si è fatta fare dalla sarta del paese”. Bene, sarà contenta la Mila Schön, visto che è suo».
Che vita faceva?
«Sempre in giro, concerti, tv, si andava all’estero. Sono partita con tutti, da Villa a Tozzi. Tour lunghissimi, una volta giravi tutti gli Stati Uniti, ti inseguivano. Una cosa fuori dal normale, la gente ti baciava il vestito, piangeva e ti raccontava la sua vita».
Eravate un pugno di primedonne: la più brava?
«La Mina. Sono sempre stata una sua grande appassionata. Oggi sono tutte belle, ma nessuna è brava come lei: aveva personalità e gli autori le davano le canzoni più belle».
Le manca Sanremo?
Orietta Berti
«Per niente. Due anni fa avrei potuto partecipare con Grande amore. Il manager Pasquale Mammaro mi disse che Conti mi voleva a Sanremo, ma a me non andava. Quando mi comunicarono che l’avrebbero cantata i ragazzi del Volo dissi subito: “Vinceranno”. E hanno vinto».
Si è pentita?
«Per niente».
È ancora una star formato famiglia?
«Quando ho avuto i miei figli Omar e Otis, vivevo con mia madre e mia suocera che mi aiutavano, non volevo portarli negli studi, nei camerini dei teatri... Non è una bella vita per un bambino. Prima mi seguiva Osvaldo, mio marito, adesso viaggia meno ma c’è Otis che è esperto di computer. Oggi bisogna essere rapidi».
Desideri?
«Vorrei diventare nonna ma i miei figli non hanno voglia di fare i bambini, è un peccato, sono la gioia più grande della vita».
Segue i talent?
«M’innervosiscono un po’. I ragazzi sono bravi, ma vogliono cantare come gli americani, li ascolti e pensi: “Che bel temperamento”, poi li senti in italiano e non c’è personalità. Cantate in italiano».
Colleziona ancora guêpière?
«Le ho sempre portate, sono comode».
Comode con tutte quelle stecche?
«Tengono dritta la schiena, fanno sparire i rotolini. Le compro ovunque. Ma conservo anche le camicie da notte nuove. Ne ho una novantina. Ogni tanto apro le scatole e le riguardo».
FAZIO
Ha sempre la mitica collezione di bambole?
«Certo, un amico del Texas mi ha spedito quelle in porcellana con gli abiti di Rossella O’Hara. E anche i carillon con le canzoni di Sinatra, ho una cotta per lui».
Dove conserva tutto?
«A casa a Montecchio. Al pian terreno c’è l’appartamento per i cani e i gatti, con i loro divani, al primo piano quello dei miei suoceri, poi c’è il nostro dove stavamo con Osvaldo e la mia mamma. Adesso che siamo rimasti in tre è diventata grande. Lo dico sempre: nessun albergo è come la tua casa».
ORIETTA BERTI
È amica delle sue colleghe?
«Non le ho mai frequentate, non c’era tempo, abbiamo sempre lavorato. Ogni tanto mi telefona Arisa, la Pausini mi manda sempre i saluti. Ho fatto i video con i Sugarkane che hanno realizzato i video per Laura e anche per Jovanotti, mi sono adeguata ai tempi e mi diverto».
ORIETTA BERTI orietta berti ORIETTA BERTI 9