Marco Bonarrigo per il "Corriere della Sera"
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Stacco (quasi) perfetto a tre centimetri dalla linea di battuta e poi un secondo e nove centesimi in volo libero: distanza raggiunta 8 metri e 62.
Ieri a Bydgoszcz, in Polonia, il tedesco Markus Rehm ha stabilito la miglior prestazione mondiale assoluta dell'anno nel salto in lungo migliorando di 14 centimetri il suo primato per atleti amputati monolaterali. Solo il secondo, però, è valido perché a Markus, atleta disabile, non è concesso competere con i normodotati nell'atletica leggera.
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Rehm, alias Blade Jumper, classe 1988, che ha perso la gamba sinistra a 14 anni dopo un incidente di wakeboard, è il solo paralimpico sul pianeta in grado di vincere una gara di campionato tra i normodotati e, sostengono i tecnici, di avvicinare il mitico 8,95 con cui Mike Powell stabilì il record nel 1991.
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Come Oscar Pistorius, anche Rehm ha chiesto di poter gareggiare con i normodotati. Richiesta respinta dalla federazione internazionale dopo una sfida a colpi di perizie tra ricercatori e fisiologi per decidere se la lama di carbonio che sostituisce gamba, caviglia e piede sinistro dell'atleta sia più performante di un arto naturale.
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La protesi, battezzata «Chetah Xpanse» e sviluppata anche da Rehm che è tecnico ortopedico, regge il peso dell'atleta al decollo, stimato in 400 chili. La federazione sancì, con un minimo scarto di probabilità a favore della sua tesi, che l'aiuto meccanico ricevuto dall'atleta doveva considerarsi un vantaggio iniquo costringendo Markus a gareggiare solo tra i paralimpici.
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Lui, al contrario di Pistorius e altri, evitò polemiche e ricorsi concentrandosi sulle gare: dal 2012 ha vinto quattro medaglie olimpiche (anche nella 4x100), sette mondiali e dieci europee.
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Nuovi studi hanno dimostrato che il vantaggio al momento del balzo (l'atleta stacca con il piede protesico, super elastico) è totalmente compensato dalla minor velocità raggiunta nella rincorsa: 8,5 contro 10 metri al secondo. Insomma, la sfida di Rhem contro il greco Tentouglou (capolista stagionale con 8,60) sarebbe alla pari.
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Ma World Athletics lascia l'onere di dimostrare l'iniquità della decisione all'atleta e ha il potere di adottare provvedimenti discriminanti (come nel caso di Caster Semenya) per riequilibrare l'etica nelle competizioni.
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Lui, Markus, non si fa problemi: «Mi piacerebbe solo - spiega - che le nostre gare e quelle dei normodotati fossero unite. A chi parla di vantaggi, racconterei quanto dolore e quali infortuni provoca un arto artificiale. Per questo, oltre lo sport, mi occupo di progettare e realizzare protesi che rendano la vita più facile a persone a cui un incidente l'ha resa molto difficile».
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